22 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

di Francesca Paci

L’imbarcazione della ong aveva tratto in salvo 42 persone al largo della Libia il 12 giugno. Attracco previsto intorno alle 20,30. Salvini: «Potremmo non identificare i migranti». Meloni: «Affondate la nave»


«So cosa rischio, ma le loro vite sono più importanti». Comincia così, con la prua della Sea Watch 3 che rompe il blocco navale e punta dritto verso il porto di Lampedusa, la sfida di Carola Rackete a Matteo Salvini, da capitana a capitano. Quando la sera inizia a imbrunire il giorno più lungo dell’ultima delle Ong del Mediterraneo rimasta in mare è ancora sospesa: dal molo si vedono gli uomini della Guardia di Finanza che dalla navetta affiancata all’imbarcazione salgono a bordo per controllare i documenti. La Guardia Costiera pattuglia girando intorno.
«Hanno verificato tutto, adesso aspettano istruzioni dai loro superiori» spiega la Rackete in un video spedito dal nuovo limbo, a 3 miglia dalla riva. Alle sue spalle i 42 ostaggi del braccio di ferro che il Viminale ha ingaggiato con la Sea Watch 3 il 12 giugno scorso ascoltano, parlano poco, guardano la terraferma. Dopo il no ricevuto martedì dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, l’approdo sembrava molto più lontano delle carceri libiche. Poi ieri la capitana ha deciso di accollarsi il rischio di essere multata 50 mila euro, perdere la nave, magari finire sotto processo e alle 15,30, mentre 55 migranti arrivavano in Calabria portando a quasi 400 il numero degli sbarchi delle ultime due settimane, ha detto «entriamo» e non si è fermata neppure quando i finanzieri le hanno intimato l’alt. Allora per loro si è materializzata la fine del tunnel: la paura alle spalle, le acque italiane, prima o poi terra.

La posizione in diretta della Sea Watch 3
Il vicepremier Salvini fa muro, lo fa subito, lo scontro sembra rinvigorirlo, quasi lo aspettasse. «Schiero la forza pubblica» annuncia su Facebook rivolgendosi direttamente agli italiani. Definisce la capitana «sbruffoncella» e «fuorilegge» auspicandone l’arresto per la disobbedienza all’alt intimato, chiama il premier Conte e il ministro degli esteri Moavero chiedendo loro di attivarsi con Olanda e Germania, il Paese di bandiera della nave e quello della Ong: giura che stavolta i migranti non scenderanno.
In realtà, sebbene l’ambasciatore italiano all’Aja si sia mosso con il governo olandese, la situazione è più complessa di come la si voglia far passare e di quanto racconti l’invettiva politica, dai «pirati» denunciati da Gasparri all’augurio di Giorgia Meloni di farla finita una volta per tutte con la Sea Watch, che, tra la Siracusa e Lampedusa, si scontra coi «porti chiusi» di Salvini da 12 mesi, la durata del governo.
«Siamo di fronte alla prima applicazione del decreto sicurezza bis e non è tutto lineare, si vorrebbe applicare una scorciatoia amministrativa a quanto sul piano penale non è mai stato punito finora da nessun tribunale» nota il segretario nazionale dei radicali italiani Riccardo Magi, sul molo di Lampedusa insieme a una delegazione del Pd, don La Magra in veglia da giorni per i naufraghi e tanti turisti radunati ad osservare la vita in diretta.
La penultima volta, a gennaio, mentre nel Mediterraneo si contavano le 170 vittime di due naufragi, la Sea Watch fu tenuta 11 giorni davanti a Siracusa prima che i migranti sbarcassero a Catania con la promessa di accoglienza da parte di 8 Paesi europei. L’ultima volta risale a maggio, sempre Lampedusa, anche allora prevalse lo stato di necessità, i profughi scesero, la nave fu sequestrata ma tornò in acqua all’inizio di giugno con Salvini furioso contro i giudici «buonisti».
Tace colpevolmente l’Ue sebbene il suo commissario ai diritti umani Mijatovic chieda all’Italia di accogliere «le persone senza conseguenze per il capitano e l’equipaggio». Tace la componente grillina del governo ad eccezione del vicepremier Di Maio che accusa la Sea Watch 3 di puntare all’Italia per «farsi pubblicità» ma anche in qualche modo Salvini, perché «se dobbiamo passare l’estate a litigare con le Ong abbiamo già perso». Tace meno il sindaco di Lampedusa Totò Martello, denunciando questa «sceneggiata di pessimo gusto» perché, dice, i porti sono chiusi per le Ong ma non per «le tante piccole imbarcazioni che continuano a arrivare sull’isola».Tacciono e molto i migranti, col buio ancora a bordo: la terra è a poche miglia.

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