Non bisogna andare tanto lontano, né scervellarsi troppo nel compulsare le circa 300 pagine del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), per capire che tutto dipende dalla volontà e dalla capacità di farle le cose. Non dai soldi. Volontà, capacità e soprattutto buon senso. Nei giorni scorsi, intervenendo a Serenissima Tv, Andrea Cereser, sindaco di San Donà di Piave (Venezia), ha riassunto bene quale dovrebbe essere lo spirito artigianale — sì, artigianale — del più grande programma di ripresa che l’Italia abbia mai potuto mettere in campo. «Buoni progetti, non tirati fuori dai cassetti, fattibili, utili». Cereser raccomanda poi di «togliersi gli occhiali» perché la transizione energetica e digitale non sarà priva di costi. Non sarà una passeggiata nel verde. Qualcuno ne pagherà i costi. E non si potrà pensare che magicamente il governo Draghi — privo di poteri soprannaturali nonostante troppi slanci fideistici — possa porre rimedio, di colpo, a inefficienze e ritardi pluriennali. «Non siamo riusciti a spendere finora nemmeno i fondi normali — ha ammesso Cereser — un solo esempio: il Piave è dal 1966 che dobbiamo metterlo in sicurezza…».
La linea del Piave
Oggi la nuova linea del Piave, oltre la quale si schiude, ancora una volta, il destino del Paese (ma San Donà sta da una parte e dall’altra) è nel vincere quel nemico invisibile fatto di troppa burocrazia, accidia, fatalismo, impreparazione quando non di corruzione e interessi di parte. Finora è sembrato un esercito a tratti imbattibile. Si vince se si semplifica veramente e si sconfigge quell’«inerzia istituzionale» denunciata dal premier.
Il mantra è ancora una volta racchiuso nel verbo semplificare. Ma non è poi così facile. Il decreto legge detto appunto Semplificazione è del luglio 2020 poi convertito nella legge 120. Prevedeva l’avvio immediato delle opere più urgenti. I commissari straordinari sono stati nominati solo qualche giorno fa dal ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, Enrico Giovannini. Sono occorsi molti mesi per superare i passaggi procedurali, trovare i tecnici qualificati. Oggi c’è un cronoprogramma sull’apertura dei cantieri. Lo rispetteremo? Almeno le date questa volta ci sono.
Effetti negativi
Secondo l’Oice, l’Associazione delle organizzazioni di ingegneria, architettura e consulenza tecnico-economica, nei primi sei mesi di applicazione della legge 120 del 2020, gli effetti sono stati modesti, se non negativi. L’innalzamento da 40 mila a 75 mila euro per gli affidamenti diretti non ha impresso alcuna accelerazione. Il 44 per cento degli avvisi pubblicati è ancora con richiesta di preventivi quando la stazione appaltante potrebbe scegliere direttamente il progettista tagliando i tempi. Sono raddoppiati, invece, i bandi di gara in deroga al codice per gli affidamenti sopra la soglia Ue, ovvero con il criterio del prezzo più basso e non valutando la qualità.
Per gli appalti integrati — quelli su cui punta il Pnrr — si è invece registrato un forte rallentamento, indice del fatto che il committente preferisce fare gare di lavori sul progetto esecutivo non affidandolo direttamente alle aziende. Dal bando alla stipula di un contratto ci vogliono sempre 7/8 mesi. Le gare di Aspi (Autostrade), moltiplicatesi in tutta Italia dopo il crollo del Ponte Morandi, al 90 per cento non sono ancora concluse. «La digitalizzazione delle procedure prevista dal Pnrr — commenta Andrea Mascolini, direttore generale Oice — con le banche dati per la verifica istantanea dei requisiti è un grande passo avanti. Il contenzioso oggi è tutto lì. Positivo poi l’impegno su tempi certi per aggiudicare i contratti e sburocratizzare le procedure approvative con una vera corsia preferenziale, il vero grande ostacolo. Le opere, ricordiamocelo, vanno portate a termine entro il 2026 e dunque alla fine conterà la qualità degli staff di gestione».
Un nuovo decreto Semplificazione — cui stanno lavorando i ministri Giovannini e Brunetta, responsabile della Pubblica amministrazione — è annunciato per il mese prossimo. Prorogherà alcune misure di quello precedente, come l’alleggerimento del danno erariale o l’anticipazione al 30 per cento dei versamenti per gli appaltatori, e prevederà diverse norme di snellimento, per esempio una cabina di regia unica a Palazzo Chigi, un più veloce coinvolgimento di Anac e Conferenza delle regioni.
Il Codice degli Appalti
Oltre naturalmente a un’ipotesi di riforma del Codice degli appalti. Giusta l’idea di creare una sorta di «corsia preferenziale» per tutti i progetti del Pnrr e ridurre assolutamente al minimo i passaggi autorizzativi, senza i quali — spiega il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani — è del tutto illusorio pensare di accelerare la riduzione di emissioni nocive. «Già oggi programmiamo — ha detto a La Repubblica il ministro — di installare 6 gigawatt di rinnovabili all’anno e arriviamo, a causa del lungo iter approvativo, a 0,8. Di questo passo per raggiungere i 70 gigawatt necessari per ridurre del 55 per cento le emissioni ci impieghiamo cento anni».
Anche Cingolani sta lavorando — come ha anticipato Celestina Dominelli su Il Sole 24 Ore — a un suo provvedimento di semplificazioni che su molte misure si sovrappone a quello in elaborazione degli altri ministeri. In entrambe le bozze o indiscrezioni che circolano — che probabilmente e sperabilmente troveranno una sintesi in un unico testo della nuova più ampia fase di semplificazione — si prevede una corsia preferenziale per i progetti per il nulla osta della Commissione Via-Vas (Valutazione impatto ambientale e strategico). Uno degli snodi di maggiore criticità nel percorso di approvazione delle grandi opere pubbliche.
I dubbi
Draghi ha giudicato come inaccettabile che si impieghi mediamente un biennio (ma in realtà qualche volta anche di più) per avere un sì o un no. L’obiettivo è quello di scendere al di sotto dei dodici mesi. Quanto tempo ci vorrebbe per formare una commissione, come quella per il Pniec (Piano nazionale per l’energia e il clima) e per il Pnrr ipotizzata dal ministero per la Transizione ecologica? Bene che vada un anno per selezionare quaranta membri in carica per cinque anni. «La questione è ovviamente politica — spiega Massimiliano Atelli, presidente della Commissione Via-Vas — ma sotto il profilo tecnico si può pensare a una nostra sezione che si occupi soltanto dei progetti del Pnrr, anche per non correre il rischio, essendo inevitabili le sovrapposizioni tra noi e un altro eventuale organismo, di troppi ricorsi al Tar e quindi di ulteriori ritardi. La selezione dei membri sarebbe già fatta perché si potrebbe ricorrere a profili già proposti per la costituzione della nostra Commissione. Ma poi per ridurre veramente i tempi, e ce la si può fare, bisognerebbe presentare piani precisi. Troppe volte i progetti sono incompleti, per non dire peggio».
Dunque, come si diceva all’inizio, volontà, capacità e buon senso. Anche e soprattutto nel non duplicare le funzioni, con lo sguardo troppo fisso all’ombelico formale, mentre si tenta di semplificare e accelerare.