Fonte: La Stampa
Tra i cinquanta e i sessant’anni un’impennata del 20%, gli under 35 in calo. La fotografia scattata dal Ministero del Tesoro sui numeri dei lavoratori autonomi
Da una parte i dipendenti licenziati negli anni della crisi e costretti a reinventarsi, dall’altra i pensionati che cercano di arrotondare l’assegno mettendosi in proprio. L’arena degli autonomi è sempre più affollata e il mondo delle partite Iva rischia una guerra generazionale: i trentenni contro i cinquanta-sessantenni che possono tentare la carta dell’autoimpiego con il «paracadute» della buonuscita dell’azienda o la sicurezza di una pensione.
I NUMERI
La fotografia più nitida l’ha appena scattata il Ministero del Tesoro. Da gennaio a novembre del 2015 gli under 35 che hanno iniziato una nuova attività sono stati 153.902, il 15,6 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2014. Gli over 50, invece, sono stati oltre 52mila, un balzo superiore al 6 per cento. I numeri che colpiscono riguardano i sessantacinquenni: i 15mila nuovi autonomi valgono un’impennata del 20 per cento. Un segno di fiducia? Probabile, ma anche una nuova schiera di concorrenti con la possibilità di giocare al ribasso. «Si tratta di professionisti che hanno sempre fatto lavori dipendenti e magari hanno pochi strumenti per affrontare il mercato – ragiona Ugo Testoni, copywriter e vicepresidente dell’associazione Acta, che rappresenta i lavoratori autonomi del terziario avanzato -. Hanno pochi costi e strutture leggere però non hanno le idee chiare su quanto riusciranno a portare a casa». A scatenare la battaglia al ribasso c’è pure l’esercito dei giovani che viaggia sotto i 30mila euro l’anno ed è costretto a tenere molto basse le tariffe per usufruire delle agevolazioni fiscali. Per molti di loro aprire la partita Iva è stata una necessità: da pilastri precari della generazione mille euro a imprenditori di se stessi, il passo è breve.
IL CROLLO DEI REDDITI
I numeri dell’Adepp, l’associazione delle casse di previdenza private, raccontano una situazione sempre più squilibrata. I redditi dei professionisti hanno perso oltre il 18 per cento in sette anni, e viaggiano al di sotto dei 30mila euro l’anno. Le nuove generazioni soffrono ancora di più: gli incassi di chi ha meno di quarant’anni sono inferiori del 48,4 per cento rispetto a quelli dei colleghi over 40. Un premio all’esperienza oppure il sistema s’è incagliato? Neppure l’atteso Jobs Act degli autonomi – arriverà giovedì e prevede nuove tutele su malattia, infortuni e maternità – potrà metterci una pezza. «Il vero problema sono i regimi fiscali agevolati che permettono di accumulare il reddito autonomo e il reddito da pensione», dice la ricercatrice economica Anna Soru. Sia il «vecchio» regime dei minimi sia il nuovo forfait offrono la possibilità di accedere al trattamento fiscale agevolato (aliquota al 5 per cento per i primi tre anni) anche a a dipendenti e pensionati. Unica condizione: il reddito da lavoro non deve superare i 30mila euro.
“NESSUNA ALTERNATIVA”
Troppe volte, per un over 50, mettersi in proprio è l’ultima spiaggia. «Per molti si tratta di una scelta obbligata, perché chi offre un’occupazione chiede di aprire la partita Iva, o propone una consulenza. Altro non si trova», racconta Stefano Giusti, uno dei “motori” dell’associazione Atdal, che aiuta a reinventarsi i cinquantenni che hanno perso il lavoro.Un ricatto? «Spesso, purtroppo, non ci sono alternative».