Fonte: Corriere della Sera
di Valentina Santarpia
La riforma del terzo settore, che prevede il cosiddetto servizio civile universale, è stata approvata mercoledì sera in via definitiva alla Camera: dopo quasi due anni di consultazioni e approfondimenti, sta per entrare in vigore
Sì definitivo dell’Aula della Camera alla riforma del terzo settore. I voti a favore sono stati 239, 78 i contrari. Presentato il 22 agosto del 2014, dopo i diversi passaggi tra Camera e Senato, è stato approvato mercoledì sera in via definitiva. Anche se poi bisognerà aspettare i decreti attuativi per la definizione di alcuni passaggi cruciali, la riforma per la prima volta dopo venti anni definisce il terzo settore, diverso dallo Stato e dal privato, specificando regole e caratteristiche del complesso di enti privati senza scopo di lucro che hanno finalità civiche e solidaristiche. Con il voto definitivo della Camera alla legge sul terzo settore «l’Italia valorizza e riorganizza il variegato mondo del no profit, un insieme di soggetti che svolgono un ruolo strategico fondamentale per uno sviluppo sostenibile, comunitario e partecipato», sottolinea la vice presidente della Camera, Marina Sereni. «Un lavoro profondo e intenso, che ha visto protagonista non solo il Parlamento ma anche una vasta platea di operatori e associazioni di questo comparto nelle migliaia di incontri che si sono svolti in tutta Italia», aggiunge Marco Di Maio, deputato e componente dell’ufficio di presidenza del Gruppo Pd alla Camera. «Molto soddisfatti» anche i rappresentanti del Forum nazionale del terzo settore, che parlano di un «testo più equilibrato di quello proposto ad inizio percorso, nel quale prevaleva un forte sbilanciamento a favore degli aspetti economici». Una delle parti cruciali della riforma è rappresentata dal servizio civile universale: «universale non perché diventa obbligatorio- chiarisce una delle promotrici, la deputata Pd Francesca Bonomo- ma perché punta finalmente a coprire tutta la richiesta di volontariato che proviene dai ragazzi dai 18 ai 28 anni».
Servizio civile dagli 8 ai 12 mesi, anche per gli stranieri
Parliamo – secondo una stima fatta per difetto – di 100 mila ragazzi che ogni anno potranno scegliere di votare un periodo della propria vita- dagli 8 ai 12 mesi- ad attività di difesa e protezione della patria non armata e pacifica, ovvero per tutelare i beni del nostro Paese nei campi dell’istruzione, della sanità, dell’ambiente, dell’integrazione, dello sviluppo e della valorizzazione del patrimonio culturale. Quest’anno sono state 160 mila le richieste, con 35 mila posti messi a disposizione dal bando ordinario e altri 15 mila su bandi speciali e garanzia giovani, appena 50 mila posti in totale, che saranno aumentati con un bando in arrivo venerdì per altre 40 mila posizioni. «Perché il servizio civile cambia la vita agli altri ma anche a te», racconta emozionata l’on.Bonomo, che ha alle spalle anni e anni di volontariato presso la Comunità di Sant’Egidio. Parliamo di esperienze che danno una svolta spesso alla vita dei ragazzi, aiutandoli a sviluppare competenze e capacità o a orientarli verso settori a cui altrimenti non avrebbero mai guardato: «Un’opzione particolarmente importante per i Neet, i giovani che non studiano né lavorano», spiega Bonomo. Non cambia nella riforma l’indennità che viene corrisposta al volontario- 433,80 euro al mese netti- mentre cambia la platea potenziale: inclusi anche gli stranieri che risiedono in Italia da almeno cinque anni. «Una novità già recepita negli ultimi bandi, che infatti ha dato una grossa spinta alle richieste», aggiunge Bonomo. Un altro aspetto innovativo è la possibilità di trascorrere almeno due mesi in una regione diversa o un altro Stato europeo: una possibilità in più per accrescere il confronto oppure sviluppare competenze linguistiche. Ma anche per porre le basi per un servizio civile europeo, che aiuti a costruire un’Europa più inclusiva e solidale.
La potenza economica del III settore
«Tante volte sia io che il premier abbiamo detto che si chiama terzo, ma dovrebbe chiamarsi primo settore», scherza Bonomo. E a guardare i numeri c’è da crederci: 4,8 milioni di volontari, 681 mila dipendenti, 271 mila lavoratori esterni, 6000 lavoratori temporanei, il no profit conta il 6,4% delle unità economiche attive. Con una grandissima eterogeneità di forme associative- ci sono 68 mila associazioni no profit riconosciute, quasi il triplo non riconosciute, 11 mila cooperative sociali, 6 mila fondazioni – il mondo del no profit rappresenta un motore potente, ma con poche regole. «Ed è qui che interviene la riforma – spiega ancora Bonomo- L’obiettivo è arrivare a un codice unico e a un registro unico del terzo settore, definendo anche con chiarezza chi si può definire senza scopo di lucro, cioè con una prevalenza di impatto sociale, e che quindi potrà beneficiare delle agevolazioni fiscali». Sarà il ministero del Lavoro, in collaborazione con i ministeri interessati e con l’Agenzia delle entrate, a doversi occupare della vigilanza, del monitoraggio e del controllo sugli enti del terzo settore. I tempi? Entro quest’anno la riforma dovrebbe essere pienamente operativa.