Fonte: Corriere della Sera
di Danilo Taino
L’incertezza è notevole, a maggior ragione se si confrontano i dati di diversi Paesi, disomogenei perché le informazioni sono raccolte in modi diversi.
C’è un caos statistico, nel mondo, attorno al coronavirus. Come si spiega che in Corea del Sud i morti siano poco più di 80 e in Italia viaggino verso i tremila? E quanti sono davvero i soggetti colpiti? Di quanto crescono? L’incertezza è notevole, a maggior ragione se si confrontano i dati di diversi Paesi, disomogenei perché le informazioni sono raccolte in modi diversi. E l’incertezza è problema sostanziale che impedisce di leggere decentemente le tendenze, con la conseguenza che risulta difficile programmare gli interventi sanitari, si crea ansia da confusione nei cittadini e nelle imprese, è difficile anche solo immaginare il decorso della pandemia e la possibile durata. Senza dati solidi, tutto è più buio e ogni intervento è più difficile da disegnare. Si rischia di fare di meno o di fare troppo o di fare la cosa sbagliata. In più questa situazione comporta che per un Paese sia difficile imparare dall’esperienza di un altro. Ieri, dunque, l’Institut für Weltwirtschaft (Ifw) di Kiel ha avanzato una proposta motivata dal fatto che, in tempi di pandemia, sia le politiche sanitarie sia le politiche economiche «possono essere riconciliate solo su basi fondate sulle evidenze».
Per questo, l’Istituto per l’economia mondiale della città tedesca invita a sostituire il modello di raccolta informativo oggi usato quasi ovunque – che si fonda su dati raccolti solo su parti specifiche della popolazione (chi si autodenuncia) – con un sistema di test a campione che rappresenti l’intero universo della popolazione. Da effettuare ad alta frequenza, ogni cinque giorni. Un approccio del genere, condotto almeno su scala europea, renderebbe molto più facile immaginare l’evoluzione della pandemia, fare confronti tra diverse situazioni e individuare con minore incertezza la luce alla fine del tunnel. Oltre ad abbassare il livello di ansia, ciò comporterebbe la possibilità di distribuire al meglio le energie per curare le persone, darebbe indicazioni più affidabili su dove e come intervenire e permetterebbe di programmare gli interventi. Dal punto di vista dell’economia – l’altra vittima del virus – il capo delle previsioni dell’Ifw, Stefan Kooths, mette la questione in questi termini: «Un’incertezza rampante è velenosa per la stabilità macroeconomica. Appena il fantasma minaccioso si trasforma in un fenomeno prevedibile, il processo di ripresa della produzione può iniziare».