Fonte: Corriere della Sera
di Giuseppe de Rita
Da mesi si fa un gran parlare della inevitabilità di coalizioni politiche ed elettorali capaci di mettere insieme intenzioni e forze collettive oggi troppo diverse e disperse. L’ipotesi vale sia a livello locale, in vista delle prossime elezioni siciliane; sia a livello nazionale, dove il recupero proporzionalistico impone patti volti a evitare la potenziale scomparsa dei troppo frammentati segmenti politici. E avremo in proposito impegnative prove d’orchestra e qualche stravagante cabaletta. Ma c’è un punto che sfugge per ora ai più: fare coalizione è importante, ma ancora più importante è definirne lo scopo; non già quello banale di superare gli sbarramenti elettorali, ma quello di declinare gli obiettivi per cui si vuole governare insieme. I prossimi anni avremo bisogno di un «governo di scopo», capace di aggregare consenso su una specifica strategia di azione programmatica. Lo intuirono anni fa i grillini, ma al momento di discuterne seriamente preferirono prendersi la soddisfazione di irridere in diretta streaming Pier Luigi Bersani, che proprio con un governo di scopo avrebbe voluto uscire dalle sue difficoltà post-elettorali. Vinse così la propensione, oggi generalizzata, a non declinare in anticipo lo scopo della conquista del potere: bisogna solo conquistarlo; e poi «si comanda». Questa maldestra vocazione maggioritaria ancora oggi in vigore, se anche le coalizioni prossime venture sembrano ricalcare la stessa implicita proposta («dateci il potere, poi pensiamo noi a governare») evitando di anticipare alcuna proposta programmatica.
Non è comunque solo colpa delle furbizie politiche, quasi confinanti con la scaramanzia; in fondo, tutta la cultura collettiva del Paese si ritrova insicura nel definire scopi di governo per i prossimi anni. Alcuni scopi li abbiamo già bruciati e risulterebbe oggi pericoloso riproporli: una politica delle riforme, l’uscita dalla crisi economica e la conseguente «ripresa»; l’allineamento alle regole europee; la spending review e la lotta all’evasione fiscale; il contrasto all’aumento delle diseguaglianze; e altro ancora. Non molti, è probabile, ci costruirebbero sopra coalizioni di possibile successo. In realtà, la crisi della politica e della rappresentanza democratica è troppo profonda per continuare a proporre scopi ormai consumati e senza una adeguata carica di immaginario collettivo. Ci vuole qualcosa di più motivante, come è avvenuto nei periodi in cui governo e popolo si sono riconosciuti paralleli protagonisti di evoluzione sociale (nella ricostruzione post-bellica, nel miracolo economico, nell’esplosione dei consumi, nella moltiplicazione delle imprese piccole e medie, nella saga del made in Italy, fino addirittura al recupero di comportamenti di sobrietà nella resistenza alla grande crisi fra il 2007 e il 2015).
Occorre allora riproporre e vivere degli scopi che abbiano una certa carica di immaginario collettivo. Non è facile oggi pensarli come target programmatici; ma è un compito non eludibile per una classe dirigente (politica, amministrativa, culturale) che voglia corrispondere ai bisogni profondi di una società paga della lunga crescita e stanca della resistenza alla crisi; e che proprio per questo duplice condizionamento ha bisogno di stimoli e di obiettivi, non di puro esercizio manovrato o coalizzato del potere. Sarebbe a tal fine utile, per un sistema che si è dimostrato solido e che sta recuperando la sua dinamica spontanea, che non ci si facesse tentare da indebite personali fughe in avanti; e che le coalizioni in faticosa costruzione avessero il coraggio di porsi il semplice ma complesso «scopo» di gestire i due grandi processi di lunga durata che caratterizzano l’attuale momento: da un lato, l’integrazione lavorativa e sociale dei milioni di immigrati oggi presenti fra noi; dall’altro, la dinamica delle quattro filiere che ci fanno potenza internazionale (made in Italy, enogastronomia, industria dei macchinari, turismo); dedicandosi nel contempo al rinnovamento dei meccanismi e degli apparati decisionali, senza il quale non si governa la quotidianità dei due processi di lunga durata sopra citati. Per alcuni può essere poco, per altri troppo, ma è bene che non si sfugga alla assoluta necessità di elaborare scopi di coalizione e scopi di governo. È la primaria necessità dei prossimi mesi.