Fonte: Corriere della Sera
di Paolo Valentino
Ci sono molte incognite nella partita che si apre, però una cosa è certa: la campagna elettorale dovrà essere una cosa seria. Gli elettori chiedono che i duellanti discutano e si scontrino con civiltà, ma anche senza ambiguità
Con la nomina degli Spitzenkandidaten (i capilista) dei socialisti, dei popolari e dei Verdi è partito il Grande Gioco della campagna per le elezioni europee della prossima primavera. Mai forse, dalla prima volta a suffragio universale nel 1979, il voto per l’Europarlamento è stato così decisivo, autentico bivio per il destino futuro del progetto comunitario. L’Europa vive la più grave crisi d’identità dalla sua fondazione, produttrice di ricchezza ma incapace di affascinare, men che meno rassicurare i suoi popoli. Nemici antichi e nuovi provano ad attaccarla dall’esterno. Mentre all’interno forze irresponsabili, coperte dalle sue garanzie democratiche, tornano ad agitare i demoni nazionalisti e lavorano alla sua rovina. Saranno due convinti europeisti a guidare le grandi famiglie politiche dell’Unione. Proibitivo il compito dell’olandese Frans Timmermans, attuale vice-presidente della Commissione, che i socialdemocratici del Pse hanno scelto nel disperato tentativo di frenare una deriva epocale. Piena di ambizioni invece la candidatura di Manfred Weber, il cristiano-sociale bavarese nominato dal Ppe, deciso a rimanere primo partito europeo con l’obiettivo, come vedremo per nulla scontato, di portare il suo campione alla presidenza della Commissione di Bruxelles. Europeista senza compromessi e concessioni ai populisti si vuole la coppia Ska Keller e Sven Giegold, candidati dei Verdi, in grande crescita e già nuovi arbitri della politica federale. Completano il quadro i liberali di Alde, che a Madrid hanno confermato l’alleanza con il movimento di Emmanuel Macron, La Repubblique En Marche, optando per una soluzione creativa: non uno ma ben nove candidati, fra i quali saranno sicuramente l’attuale commissaria danese alla Concorrenza, Margrethe Vestager e l’ex premier belga, Guy Verhofstadt. Restano invece in sospeso le candidature sovraniste, con corredo di voci insistenti sull’eventuale discesa in campo di Matteo Salvini.
Ci sono molte incognite nella partita che si apre. Nella procedura degli Spitzenkadidaten, non prevista dai trattati, il Consiglio europeo nomina al vertice della Commissione il capolista del partito più forte, che deve poi essere votato dalla maggioranza del Parlamento. Tutti i pronostici puntano a Weber: i cristiano-democratici subiranno probabilmente delle perdite, però saranno ancora il gruppo parlamentare più numeroso. Ma il deputato bavarese dovrà cercarsi una maggioranza prima di convincere i capi di governo a nominarlo successore di Jean-Claude Juncker. E su questo pesano tanti fattori: quale sarà la forza dei partiti sovranisti, dove si fermerà il calo dei socialdemocratici, quanti deputati porteranno a Strasburgo i liberal-macronisti. Una cosa però è certa: la campagna elettorale dovrà essere una cosa seria. Quella che i dirigenti politici europei hanno davanti è forse l’ultima spiaggia della battaglia per riconquistare il cuore e le menti dei cittadini europei. Gli elettori chiedono che i duellanti discutano e si scontrino con civiltà, ma anche senza ambiguità. Ha ragione Timmermans, quando dice che è in gioco «l’anima dell’Europa».
Non basterà aggirare lo spauracchio dei sovranisti, evocare lo spettro, pur immanente, della disintegrazione. Il tempo della grande melina è finito. Ci si dovrà confrontare su posizioni e proposte anche opposte, ma vere. Quale è il posto dell’Europa nel mondo, quali investimenti militari e aiuti allo sviluppo sono necessari per giocare in quel ruolo. In che modo governeremo le migrazioni, senza ignorare le ansie e le preoccupazioni dei cittadini. Dove finisce l’Europa: Weber per esempio dice che la Turchia non dovrà mai entrare nella Ue. Si può essere d’accordo o meno, ma la sua è una chiarezza necessaria. Come rafforzeremo la nostra sicurezza, chi è a favore e chi è contro la condivisione delle informazioni fra i Paesi membri in un’unica banca dati. Come affronteremo finalmente il problema di avvicinare le condizioni di vita nell’Eurozona, di cui però occorre rispettare le regole: «La solidarietà dev’essere al cuore del nostro stare insieme, ma non può essere disgiunta dalla responsabilità», ha ricordato ieri, con velato accento autocritico, la cancelliera Angela Merkel a Strasburgo. Soprattutto bisognerà trovare un racconto capace di appassionare i cittadini e rendere l’Europa vicina e attraente, un’Europa che protegge ed è amica, fuori da stilemi incomprensibili e burocratici, dove le identità locale, nazionale ed europea diventino parti inseparabili del tutto. Se Weber, Timmermans e gli altri si scontreranno sul futuro, avranno reso un grande servizio al più grande progetto politico della Storia.