L’imprenditrice Stephanie Shirley ha quai 90 anni: nata a Dortmund da padre ebreo, a 5 anni con sua sorella lasciò la Germania su un treno per bambini rifugiati diretto in Inghilterra, dove da sola ha costruito il suo destino
Per fare «un’ingegnere con l’apostrofo», come ama definirsi Amalia Ercoli Finzi, prima donna a essersi laureata in ingegneria aerospaziale in Italia, serve un’adolescente appassionata alle materie Stem (dall’inglese, Science, Technology, Engineering and Mathematics). Per fare un’ingegnere mamma, invece, «servono nervi d’acciaio, salute di ferro e un marito d’oro», ha spiegato al Messaggero Silvia Gioja, parafrasando a sua volta Ercoli Finzi. Gioja, appena premiata come miglior donna in Europa nella progettazione di tunnel, ha raccontato come pensasse di non poter riuscire a diventare madre, quando ancora viveva in Italia. Mentre in Belgio, dove si è trasferita con il famoso «marito d’oro», ha trovato le condizioni per conciliare la famiglia con il lavoro. E ha citato, tra le sue fonti di ispirazione, l’imprenditrice Stephanie Shirley.
Non sapevo niente di lei. Nell’aspetto ricorda un po’ l’attrice Kathy Bates. Ha quasi 90 anni e la sua pagina web descrive una storia meravigliosa: nata a Dortmund da padre ebreo, a 5 anni con sua sorella lasciò la Germania su un treno per bambini rifugiati diretto in Inghilterra, dove da sola ha costruito il suo destino. Si laureò in matematica alle serali mentre già lavorava come programmatrice in un ufficio postale, sposò un fisico, ebbe un figlio autistico (che è morto a 35 anni dopo una crisi epilettica). Soprattutto, con un capitale di 6 sterline fondò la compagnia Freelance Programmers, dando lavoro a donne che avevano dovuto rinunciare a esercitare un mestiere dopo il matrimonio o dopo essere diventate madri: lei le pagava per obiettivo e loro erano liberissime di gestire il proprio tempo, poiché lavoravano da casa (poi nel 1975 il «Sex Discrimination Act» giudicò illegale le assunzioni solo al femminile, ma lo spirito dell’impresa rimase uguale).
All’inizio della carriera, nelle lettere ai potenziali acquirenti dei suoi software, per farsi prendere sul serio Shirley si firmava Steve, anziché Stehanie. Lo stratagemma funzionò: la sua azienda ha progettato, tra le altre cose, la scatola nera del Concorde, e nel 2000 fu valutata 3 miliardi di dollari. Lei oggi si dedica perlopiù alla filantropia. Un podcast di Elena Canovi racconta la sua storia. Se qualcuno dell’entourage della (del) premier Giorgia Meloni volesse ascoltarlo, troverebbe molti spunti pratici per «vincere l’inverno demografico».