Fonte: Corriere della Sera
di Franco Venturini
Il segretario alla difesa Esper ha annunciato al vertice Nato di Bruxelles che americani e talebani afghani sono pronti a una intesa. Ma sono fondati i dubbi sulle reali intenzioni dei talebani e sulla capacità dei loro rappresentanti di controllare un movimento tutt’altro che unito o prevedibile
La prudenza è d’obbligo, dopo che Donald Trump ha mandato all’aria nel settembre scorso un accordo con i talebani che sembrava fatto. Ma stavolta c’è anche il crisma dell’ufficialità, perché il segretario alla difesa Mark Esper ne ha parlato ieri con gli alleati al vertice Nato di Bruxelles: americani e talebani afghani sono pronti alla firma di una intesa, in verità non troppo diversa da quella negoziata lo scorso anno. È previsto un seguito di colloqui inter-afghani per cancellare l’impressione che l’amico governo di Kabul sia stato in qualche modo tradito, i talebani si impegnano a non permettere attività terroristiche come quelle che prepararono l’attacco alla Torri Gemelle, e soprattutto, perché è questo che interessa a Trump in piena campagna elettorale per la conferma alla Casa Bianca, i 13.000 soldati Usa presenti oggi in Afghanistan saranno ridotti a scaglioni successivi in modo da poter fare del ritiro un solido argomento elettorale prima del voto di novembre.
Secondo quanto ha riferito Esper, l’elemento più innovativo (e singolare) è però un altro: gli Usa avevano chiesto 10 giorni senza violenza da parte dei talebani dopo l’annuncio dell’accordo, altrimenti Trump avrebbe rischiato un diluvio di critiche. I talebani hanno detto no e alla fine è stata trovata una intesa su 7 giorni di tregua. Il che non può che confermare i dubbi sulle reali intenzioni dei talebani, e anche sulla capacità dei loro rappresentanti di controllare un movimento tutt’altro che unito o prevedibile. Del resto i dubbi sull’operazione sono molteplici, riguardano il futuro della società afghana e delle donne in particolare, coinvolgono i contingenti di altri Paesi che stanno addestrando le forze afghane (gli italiani sono 850) che con la Nato dovranno decidere come comportarsi, e si riassumono nel pronostico che dopo 18 anni di guerra non vinta l’Afghanistan sia avviato a diventare un nuovo Vietnam. Ma in America si vota.