Il governo ha predisposto linee guida per pub, lidi e fabbriche, ma non ha approntato protocolli per permettere agli studenti universitari di partecipare, in presenza, a sessioni di esami e di laurea e di frequentare i corsi dopo l‘estate
L’Italia è ripartita. Riaprono tutte le attività commerciali (ristoranti, bar, palestre, etc.), le chiese e, finalmente, anche i cinema, i teatri e i musei. L’istruzione però continua a restare avvolta nella fitta nebbia dell’incertezza. Rischio e coraggio sembrano giustificati per le occupazioni economiche, mentre l’assunzione di responsabilità per scuole e università è affidata al dubbio e all’esitazione. Si ripete da decenni uno stesso schema in cui le necessità della produzione e del mercato occupano posizioni prioritarie. Eppure tutti, a parole, considerano l’istruzione e la ricerca come un investimento fondamentale. Ma nelle rare volte in cui si è parlato di scuola e università nei dibattiti fiume sul virus, l’impellenza della riapertura sembrava legata più alle esigenze lavorative dei genitori che al legittimo interesse dei figli di ritornare a studiare per imparare.
Se il governo ha predisposto linee guida per pub, lidi e fabbriche perché non può farlo anche per permettere agli studenti universitari di partecipare, in presenza, a sessioni di esami e di laurea e frequentare in ottobre i corsi? Il contatto umano tra docenti e discenti è fondamentale nell’insegnamento e anche nei colloqui per la valutazione. Un’interrogazione è un’occasione per verificare, guardandosi negli occhi, la preparazione dello studente e l’efficacia stessa delle lezioni. Perché la Conferenza dei rettori, anziché chiedere protocolli dettagliati per il ritorno in aula (qualche ipotesi circola da ieri per le scuole!), si rassegna all’ambiguità normativa del governo accettando di prolungare la modalità online fino a gennaio 2021? Le università, come le scuole, esistono solo all’interno di una vita comunitaria. Svuotarle, con un ulteriore semestre di didattica a distanza, significa rendere ancora più difficile il ritorno alla normalità. Così si corre il rischio di trasformare la pandemia in un cavallo di Troia del telematico.