16 Settembre 2024

Centrosinistra battuto a Madrid, Barcellona, Valencia e Siviglia

Il primo ministro socialista Pedro Sanchez ha annunciato oggi la convocazione a sorpresa di elezioni legislative anticipate il 23 luglio in Spagna. La decisione segue la sconfitta della sinistra (partito di Sanchez) contro i conservatori nel turno elettorale locale che si è tenuto nel fine settimana del 27-28 maggio. Nel corso di un discorso televisivo, Sanchez ha annunciato di aver comunicato al re Felipe VI, capo dello Stato, la sua «decisione di sciogliere il Parlamento e di procedere alla convocazione delle elezioni generali» che si terranno «domenica 23 luglio».

Il voto a ridosso della presidenza spagnola della Ue
«Sarò breve e cercherò anche di essere molto chiaro», ha detto il premier spagnolo all’inizio di una dichiarazione istituzionale annunciata soltanto un’ora prima. «Ho appena avuto una riunione con sua maestà il re, nel corso del quale ho comunicato al capo dello Stato la decisione di convocare un Consiglio dei ministri oggi pomeriggio per sciogliere le Corti e convocare elezioni generali», ha detto. Le elezioni politiche si terranno a ridosso dell’inizio del semestre spagnolo di presidenza dell’Unione Europea.
«Ho preso questa decisione alla luce dei risultati delle elezioni di ieri», ha spiegato Sánchez in riferimento alle dure sconfitte subite dal suo Partito Socialista e altre formazioni di sinistra in diverse regioni e comuni importanti a vantaggio, in diversi casi, del Partito Popolare e di Vox. «Anche se il voto di ieri era regionale e locale, il significato del risultato va oltre – ha aggiunto – e come primo ministro e segretario generale del Partito Socialista, lo assumo in prima persona».

Sanchez perde le amministrative e convoca le politiche. A Madrid sale l’astro di Isabel Dìaz Ayuso
Sulla presidenza europea, Sánchez ha detto che la Spagna «sta per assumere una responsabilità molto importante» e che l’esito di ieri porta a «suggerire un chiarimento» sulla volontà degli spagnoli, sulle «politiche che deve applicare il governo» e «sulle forze politiche che devono guidare questa fase». Sánchez ha poi anche detto che le elezioni di ieri hanno come conseguenza il fatto che «magnifici presidenti regionali e sindaci socialisti si vedranno messi da parte con una gestione impeccabile» e che «diverse istituzioni» passeranno nelle mani di «Pp e Vox».

Il boom della destra alle elezioni locali
La scelta di Sanchez arriva a seguito di una notte di successi per la destra in diverse regioni della Spagna. In almeno 3 delle 12 comunità autonome in cui domenica si è andati al voto per le amministrative, il Partito Popolare (Pp) ha infatti ottenuto i numeri per spodestare dal governo il centrosinistra, in caso di accordo con gli ultraconservatori di Vox. Stando agli scrutini ufficiali, ormai ovunque in fase avanzata, questo scenario è altamente probabile nella Comunità Valenciana, in Aragona e nelle Baleari, tutti territori con governatori uscenti socialisti.
La stessa prospettiva si profila in Estremadura, dove, tuttavia, i socialisti restano primo partito e gli scrutini non sono ancora terminati. I popolari hanno battuto il centrosinistra anche a La Rioja, regione in cui potranno governare con maggioranza assoluta, e potrebbero amministrare con l’aiuto di Vox anche la Cantabria, finora gestita da un partito locale. Il Pp ha poi trionfato nella Comunità di Madrid, in cui la governatrice uscente Isabel Díaz Ayuso ha superato la maggioranza assoluta e si lancia verso un terzo mandato senza la necessità di sostegni di altre formazioni, come invece avvenuto nei due precedenti. Il partito conservatore mantiene anche il controllo di Murcia, un feudo tradizionale.
Da parte sua, il Partito Socialista (Psoe) del premier Pedro Sánchez manterrà il controllo del governo regionale nelle Asturie e potrebbe riuscirci, in caso di determinate combinazioni post-elettorali, alle Canarie e in Navarra. In Castiglia La Mancia, il risultato resterà in bilico fino alla fine dello scrutinio: con il 96,62% dei voti contati, il Psoe avrebbe i numeri per governare, ma con solo una manciata di voti di vantaggio.

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