Fonte: Corriere della Sera
di Andrea Nicastro
Iglesias non sarà ministro. Trattative febbrili per i posti: tempo fino a giovedì
C’è tempo solo fino a giovedì per dare alla Spagna un nuovo governo. Altrimenti si andrà a elezioni anticipate. I sondaggi vedono i socialisti del Psoe, già primo partito, in crescita di quasi 10 punti; il suo possibile alleato di sinistra (Unidas Podemos) calare e frammentarsi; un altro alleato/concorrente al centro (Ciudadanos) in difficoltà; l’avversario di sempre (il Partido Popular) avviato a riconquistare la supremazia del centro-destra. Uno scenario conveniente per il premier, ma sempre ipotetico. In tre giorni Sanchez dovrà decidere: allearsi per governare o tentare l’incasso alle urne?
Per quasi tre mesi, il premier incaricato ha insistito su un monocolore socialista con l’appoggio esterno di forze progressiste. Il suo interlocutore è stato ugualmente immobile: Pablo Iglesias che è leader di Unidas Podemos, erede delle proteste anti austerità, chiedeva una coalizione con lui stesso sulla poltrona di vice.
Stallo assoluto, con i tempi istituzionali che si riducevano: domani (martedì) ci sarà il primo voto di investitura, al massimo giovedì il secondo e ultimo. Sul filo di lana la macchina della negoziazione si è messa in moto. I confidenti mormorano di «cauto ottimismo» e «buone sensazioni». Cos’è successo?
Giovedì in tv, il premier Sanchez ha posto il veto su Iglesias nel governo. Con lui no. Un omaggio a quest’epoca di politica personalista. A breve giro di tweet, però, Iglesias l’ha spiazzato. «Mi faccio da parte». Il passo indietro era inaspettato e ora Sanchez farà più fatica a rifiutare l’alleanza.
Podemos chiede convergenza su programmi e nomi. Sul primo le distanze non sono incolmabili, per i secondi la trattativa appare complessa. La poltrona più simbolica è quella per Irene Montero la numero due di Podemos nonché compagna di Iglesias e madre dei suoi gemellini.
I nazionalisti baschi, i regionalisti della Cantabria e di Valencia sono già pronti ad aggiungere i loro voti ad un esecutivo di tandem Psoe-Podemos. Un buon accordo potrebbe essere win-win per i due leader. Andrebbe a vantaggio di Iglesias che rafforzerebbe col suo «passo indietro» l’immagine anti-casta. Non a caso, commemorando il 18° anniversario dell’uccisione di Carlo Giuliani al G-8 di Genova, Iglesias ha scritto: «Noi veniamo da lì». A Sanchez, invece, un governo “sociale, femminista e verde” permetterebbe quel recupero dell’elettorato di sinistra fuggito nel populismo da quando il Psoe si schiacciò sul rigore finanziario e la riduzione del welfare. Un’operazione non riuscita sinora a nessun leader socialdemocratico europeo. Ci sono tre giorni per capire.
Per quasi tre mesi, il premier incaricato ha insistito su un monocolore socialista con l’appoggio esterno di forze progressiste. Il suo interlocutore è stato ugualmente immobile: Pablo Iglesias che è leader di Unidas Podemos, erede delle proteste anti austerità, chiedeva una coalizione con lui stesso sulla poltrona di vice.
Stallo assoluto, con i tempi istituzionali che si riducevano: domani (martedì) ci sarà il primo voto di investitura, al massimo giovedì il secondo e ultimo. Sul filo di lana la macchina della negoziazione si è messa in moto. I confidenti mormorano di «cauto ottimismo» e «buone sensazioni». Cos’è successo?
Giovedì in tv, il premier Sanchez ha posto il veto su Iglesias nel governo. Con lui no. Un omaggio a quest’epoca di politica personalista. A breve giro di tweet, però, Iglesias l’ha spiazzato. «Mi faccio da parte». Il passo indietro era inaspettato e ora Sanchez farà più fatica a rifiutare l’alleanza.
Podemos chiede convergenza su programmi e nomi. Sul primo le distanze non sono incolmabili, per i secondi la trattativa appare complessa. La poltrona più simbolica è quella per Irene Montero la numero due di Podemos nonché compagna di Iglesias e madre dei suoi gemellini.
I nazionalisti baschi, i regionalisti della Cantabria e di Valencia sono già pronti ad aggiungere i loro voti ad un esecutivo di tandem Psoe-Podemos. Un buon accordo potrebbe essere win-win per i due leader. Andrebbe a vantaggio di Iglesias che rafforzerebbe col suo «passo indietro» l’immagine anti-casta. Non a caso, commemorando il 18° anniversario dell’uccisione di Carlo Giuliani al G-8 di Genova, Iglesias ha scritto: «Noi veniamo da lì». A Sanchez, invece, un governo “sociale, femminista e verde” permetterebbe quel recupero dell’elettorato di sinistra fuggito nel populismo da quando il Psoe si schiacciò sul rigore finanziario e la riduzione del welfare. Un’operazione non riuscita sinora a nessun leader socialdemocratico europeo. Ci sono tre giorni per capire.