Fonte: Corriere della Sera
di Antonio Polito
Le settimane della manovra finanziaria sono state uno straordinario esercizio di masochismo
C’è una coazione a ripetere nei governi cui partecipa la sinistra da 25 anni a questa parte; una specie di maledizione, come se lassù ci fosse qualcuno che le vuole talmente male da farle commettere sempre lo stesso errore. Il quale consiste nello spaventare fiscalmente i ceti medi ma senza produrre risultati che portino sollievo effettivo ai ceti popolari. Se fosse ancora vivo il grande storico Carlo Cipolla, avrebbe potuto aggiungere al suo aureo libretto una ulteriore legge fondamentale della stupidità, stavolta politica. Le settimane della manovra finanziaria sono state uno straordinario esercizio di masochismo. Terminato nel più classico dei modi, ovverosia con il rinvio delle proposte più controverse, l’abbassamento del limite dei contanti, delle sanzioni per i commercianti che non si dotano del Pos, del carcere per gli evasori. Ma l’impressione provocata da queste misure è rimasta viva nel ricordo di chi le temeva: i lavoratori autonomi hanno capito benissimo che solo la debolezza del governo ne ha fermato la mano. Allo stesso tempo le risorse racimolate per il taglio del cosiddetto «cuneo fiscale» (un altro Santo Graal della sinistra), al massimo 3 miliardi, non sono tali da potersi aspettare che nelle case dei lavoratori a reddito fisso si festeggerà il Natale brindando al governo.
In materia fiscale la politica degli annunci è suicida. Le cose o si fanno o non si fanno. Un tempo si metteva tutta questa parte nel decretone di fine anno proprio per tagliare corto alle discussioni. Oggi invece il governo è così dilaniato tra gli interessi elettorali divergenti dei tre contraenti, quanto se non più del precedente, che ognuno ritiene le proprie sorti distinte e divergenti da quelle degli altri, e dunque combatte all’ultimo sangue anche sulla più insignificante delle accise. Il ritorno di un ministro «politico» al Tesoro (che mancava dai tempi della Prima Repubblica, all’inizio anche Tremonti era un «tecnico») aveva fatto sperare in una guida di questo caotico processo. Così non è stato. E non certo solo per colpa del povero Gualtieri.