Nel vostro piano c’è un forte aumento degli investimenti. Con quali obiettivi?
«L’aumento c’è, ma non così forte come sembra», risponde l’amministratore delegato dell’Enel Francesco Starace, che dal 2008 ha trasformato Enel Green Power in uno dei leader mondiali nel settore delle rinnovabili. «Chi prima e chi dopo, tutti negli ultimi dieci anni hanno capito che le rinnovabili sono competitive, convenienti e sono l’asse portante della generazione di energia elettrica dei prossimi anni. È ormai un fatto condiviso. Per l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) cresceranno di cinque volte nei prossimi anni. E non è un fenomeno circoscritto al mondo dell’energia elettrica, perché quando quest’ultima è prodotta con le rinnovabili sovverte alcuni canoni. Comincia a costare molto poco, stabilmente. Quindi diventa disponibile per usi diversi. Ora si elettrificano i trasporti, poi i consumi per il calore, quelli per cucinare e tanti altri. Questa è la parola del decennio: elettrificazione».
Lei ha detto: «Se avessimo oggi il target del 2030 di rinnovabili del Piano nazionale per l’energia, la volatilità del gas avrebbe un impatto più basso del 40% ». Enel prevede un calo fino al 40% della spesa energetica dei clienti. Può spiegare?
«I prezzi dell’energia sono la diretta conseguenza dei prezzi del gas naturale, la cui impennata è la causa scatenante. Il gas influisce sulla bolletta perché il costo marginale dell’energia elettrica dipende dal prezzo del gas, che in Italia è prevalente».
Il prezzo per tutti lo decidono gli impianti che piazzano le ultime offerte fra le più economiche e di fatto il prezzo dell’energia lo fa il gas. La sua previsione implica un cambio del sistema?
«No, perché il costo marginale dell’energia è in funzione della tecnologia che domina il mix. Se avessimo il mix previsto per il 2030, con prevalenza delle rinnovabili, la dipendenza dal gas sarebbe molto ridotta. Il prezzo marginale lo farebbe il gas, ma per pochissime ore al giorno l’anno. Quindi il prezzo medio dell’energia sarebbe molto più basso. Il prezzo medio dell’energia è vicino a zero. Più rinnovabili abbiamo nel mix, meno il gas pesa sulla spesa degli italiani».
Visto che i consumi elettrici dovrebbero raddoppiare al 2040, come garantire il sistema nelle ore in cui non c’è sole né vento? Servono batterie ad altissima capacità, con costi enormi e difficoltà tecniche…
«Dieci anni fa si diceva che un pannello solare non avrebbe mai generato l’energia che serve per produrlo. Era falso. Noi siamo abituati agli smartphone, il cui peso è dato per circa il 90% dalla batteria. Per questo è stata sviluppata una tecnologia agli ioni di litio, che è un buon compromesso fra prestazioni, peso e costo della batteria. Si applica alle auto elettriche. Non è l’unica tecnologia disponibile ma oggi si sta utilizzando. Anche noi useremo batterie agli ioni di litio, che soddisfano le necessità di stabilizzazione della rete nell’arco fra una e quattro o cinque ore. Ma se serve una batteria che copra la notte e il giorno, quella non è la batteria giusta. Ce ne sono altre».
Un’accelerazione tecnologica risolverà il problema?
«Ci sono già altre tecnologie: le batterie al sodio o altre che coprono già intervalli temporali più lunghi. Quando ci servissero, le metteremmo a terra. Non è un problema».
Ma la capacità di stoccaggio elettrico da rinnovabili necessaria a Milano non supera quasi la produzione mondiale di batterie oggi?
«Forse, se si parla di batterie a ioni di litio. Ma non sono quelle che servono in questo caso. La tecnologia c’è. Non appena noi e altre aziende elettriche ne avremo bisogno, la produzione si adeguerà».
Come pensate di raggiungere emissioni nette a zero al 2040? I tempi sono stretti.
«Abbiamo già cominciato. Dobbiamo progressivamente sostituire capacità termica con quella rinnovabile e pensiamo che in Italia e Spagna sia possibile. Ma i nostri clienti e i nostri fornitori che impronta di carbonio hanno? Ecco che serve l’elettrificazione. Dato che abbiamo 4 milioni di clienti che bruciano gas, diciamo loro che non conviene e che l’energia elettrica costa meno. Possiamo smettere di dar loro gas, fornendo energia elettrica. Al 2040 ce la faremo. Non è un problema e conviene ai clienti. Lo stesso vale per i nostri fornitori. Prima elettrificano e abbandonano il gas, prima attraggono investimenti Esg (con criteri di sostenibilità, ndr)».
Cosa spiega l’aumento dei costi dell’energia? Alcuni dicono che i vincoli degli investitori Esg impediscono ai gruppi dell’oil&gas di allargare la capacità produttiva e la domanda cresce strutturalmente più dell’offerta.
«È un argomento debole. Quand’è che il prezzo del gas è stato stabile? Qualcuno lo sa? Queste commodity vivono di instabilità. Che viene spiegata sempre ex post, mai ex ante. L’instabilità dei prezzi è intrinseca alla natura di questo business, non ha niente a che vedere con gli investimenti Esg. Altrimenti non si spiegano tutte le volatilità del passato. Per caso il prezzo del gas era stabile quando non c’erano gli investimenti ESG? Accanirsi sul perché i prezzi sono come sono è risibile. Il prezzo è salito e sceso sempre: basta dire cose non vere…»
Lei ha anche dichiarato: «È una follia dipendere dal gas. Prima usciamo meglio è». Qual è la logica?
«Siamo abituati a vivere attaccati a una variabile da cui dipende gran parte della nostra energia, che ha un andamento totalmente imperscrutabile. Ma è giusto? È sano? È utile al nostro benessere? E soprattutto, perché dev’essere così? Nel momento in cui non c’è alternativa, capisco. Ma adesso che c’è, perché dobbiamo dipendere da questa strana follia?».
Mario Draghi ha detto che «nel lungo periodo le rinnovabili possono avere dei limiti, quindi occorre investire in tecnologie in grado di catturare il carbonio». Dobbiamo puntare tutto sulle rinnovabili o aprire anche a cattura e sequestro della CO2 (Ccs)?
«Quante volte dobbiamo riprovare una cosa che non ha funzionato? L’industria elettrica ha speso 15 miliardi di dollari in 15 anni tentando di trovare la via della Ccs».
Per lei la Ccs, su cui puntano le major dell’oil&gas, non funziona?
«È economicamente fuori dal mercato. Oltre a non funzionare dal punto di vista tecnologico. Funziona solo laddove si usa la CO2 per spingere fuori il petrolio dai pozzi. Non voglio impedire ad altri di provare. Ma per quanto ci riguarda, non funziona».
Quando Draghi cita i possibili limiti delle rinnovabili, di cosa parla?
«Ogni cosa ha i suoi limiti. È normale che ci siano dei limiti e anche le rinnovabili ne hanno. Ma sono molto lontani dall’essere raggiunti. Dunque è bene interrogarsi, senza limitarne l’utilizzo attuale».
Parlare di neutralità tecnologica è sbagliato?
«C’è una trappola semantica. La parola neutrale è positiva, perché è il contrario di ostile. MSRa nel campo della tecnologia questo ragionamento è sbagliato. Non si parteggia per l’una o l’altra, una tecnologia si afferma da sola. È solo questione di quanto uno vuole perdere nel non capire. Il mondo va verso l’elettrificazione con rinnovabili per la loro convenienza».
Le rinnovabili sono una minaccia per il paesaggio?
«Ci sono strategie per mitigare. Per le pale eoliche, non vedo molti altri posti in Italia dove si possano mettere. L’Italia è più forte sul solare, perché si presta a taglie piccole, a essere cucito sul territorio in modo meno invasivo, con meno impatto. Sui tetti delle case, dei capannoni, delle serre. Ci sono milioni e milioni di ettari sui tetti. Anche limitandosi a quello, comunque ce la faremmo».