Fonte: Corriere della Sera
di Paolo Valentino
Tra i deputati timori per gli equilibri dopo il voto di maggio
E’ l’ultima volta di Elmar Brok, il decano. Il deputato della Cdu lascia il Parlamento europeo dopo quattro decenni con poche certezze e qualche rammarico: «In momenti di grave crisi — dice della sua ottava legislatura — questa assemblea ha contribuito a rendere l’Europa più forte economicamente e più sicura».
Ma è una verità che passa poco nella percezione degli elettori: «È vero. In parte è colpa nostra e in parte di come l’Europa viene raccontata sui media. Ma soprattutto è colpa dei governi europei, i quali non parlano mai dei progressi della Ue. Per loro se splende il sole è merito di Berlino, Parigi o Roma, ma se piove è sempre colpa di Bruxelles».
Si chiude oggi nell’aula di Strasburgo l’ultima sessione ordinaria dell’Europarlamento prima del voto di maggio. Una cerimonia degli addii densa di sentimenti contrastanti e di grandi incertezze per quello che verrà. È il crepuscolo di una stagione marcata dall’egemonia delle grandi famiglie politiche europee, popolari e socialisti. Il prossimo Parlamento vedrà una nuova geografia, più frastagliata e mobile, probabilmente segnata da un rafforzamento delle cosiddette forze sovraniste, ma anche aperta a nuove e più articolate alleanze maggioritarie europeiste.
È tempo di bilanci, per chi parte e per chi ha buone chance di tornare. Uno di quest’ultimi è Roberto Gualtieri, deputato del Pd, presidente della Commissione economica e monetaria, definito dal quotidiano Politico «il miglior parlamentare della legislatura». «Il Parlamento — spiega — ha impresso un’importante correzione di rotta rispetto alla stagione dell’austerità. Abbiamo imposto la procedura dello Spitzenkandidat, ottenuto la flessibilità, modificato il Patto di Stabilità rendendo meno rigido il vincolo del bilancio. Ma ai risultati significativi sull’attività legislativa ha corrisposto un blocco sulle riforme più ambiziose, causa le resistenze degli Stati e delle forze conservatrici: il bilancio dell’eurozona, la governance, l’integrazione, lo sviluppo sostenibile».
È un’analisi condivisa con legittimo orgoglio da molti. Così, il presidente Antonio Tajani rivendica il lavoro fatto «per riavvicinare l’Europa ai suoi cittadini». E se Rachida Dati, deputata popolare francese, ex ministro della Giustizia sotto Nicolas Sarkozy, attribuisce al Parlamento di Strasburgo un «ruolo pilota sulla legislazione antiterrorismo», l’ex ministro dell’Agricoltura Paolo De Castro, eletto nel Pd e anche lui inserito da Politico fra i 40 parlamentari più influenti, ricorda la «svolta imposta con la direttiva contro le pratiche commerciali sleali nel settore alimentare», che offre ai piccoli produttori uno scudo protettivo dalla tirannia della grande distribuzione.
Ma nel congedo alsaziano, ad agitare il sonno degli europarlamentari sono gli scenari futuri. L’ombra della Brexit incompiuta si allunga sulla prossima legislatura, con la prospettiva di 73 deputati inglesi eletti a termine nel nuovo Parlamento e in grado quindi di sconvolgerne gli equilibri politici. La partecipazione britannica per esempio potrebbe avvantaggiare i socialisti, riducendo o addirittura annullando il gap con i popolari, che a Londra non eleggono nessuno. Mentre la cosiddetta spallata populista sognata da Matteo Salvini rimane un’ipotesi tutta da verificare nelle urne.
Per Goffredo Bettini, deputato del Pd in uscita, al prossimo Parlamento «toccherà alzare il livello del negoziato con i governi, puntando a completare la riforma dell’eurozona, dare all’Unione una nuova architettura istituzionale, approfondire l’integrazione. L’Europa è un campo di battaglia politica aperto e lo si conquista con alleanze e argomenti».
L’enigma è quali saranno le alleanze possibili. E le nomine, a cominciare dalle presidenze del Parlamento e della Commissione, saranno il primo banco di prova. Nascerà il fronte populista orchestrato da Salvini? Vedrà la luce «la maggioranza europeista da Macron a Tsipras» cui lavorano i socialisti? E cosa faranno i popolari, ammesso che siano ancora il gruppo più forte? Che percorso sceglieranno nel tentativo di portare il loro candidato, Manfred Weber, alla guida della Commissione europea? Cercheranno il dialogo con gli altri europeisti, ovvero saranno tentati da euroscettici e sovranisti?
«Ma il nodo cruciale resta il ruolo dei nazionalisti di estrema destra, che sono contro l’integrazione e le politiche sociali — spiega Stelios Kuloglu, deputato greco di Syriza, vicinissimo al premier Tsipras — se rimarranno fuori da tutto, come in questa legislatura, spareranno contro il sistema e continueranno a lucrare posizioni di rendita. Se invece avranno spazio e responsabilità dentro le istituzioni, allora eserciteranno un’influenza molto negativa sul futuro Parlamento».