16 Settembre 2024

Entro fine luglio sarà completata la strategia nazionale sull’idrogeno, con l’obiettivo di valorizzare le potenzialità nazionali e sviluppare la filiera

La data da cerchiare in rosso è fine luglio. Quando, a meno di ulteriori slittamenti, dovrebbe essere finalizzata la strategia nazionale sull’idrogeno messa a punto dal tavolo tecnico interministeriale voluto dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin , con l’obiettivo di valorizzare le potenzialità nazionali in termini di produzione di idrogeno e di sviluppare la filiera collegata. Si tratta di un passaggio molto atteso dal settore poiché gli ultimi tentativi di indicare una rotta su questo fronte risalgono al governo Conte II quando, con l’allora ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli , furono elaborate delle linee guida ad hoc a fine 2020.

Vuoto da colmare

Ora, dunque, Pichetto Fratin punta a colmare il vuoto, portando a compimento anche l’altro tassello, su cui l’aspettativa del comparto è altissima, vale a dire quello dello schema di decreto che servirà a fissare i nuovi incentivi per l’idrogeno rinnovabile e il bioidrogeno e la cui finalizzazione dovrebbe arrivare entro fine anno. Si tratta di uno snodo cruciale per la competitività futura del vettore energetico, i cui costi nella declinazione rinnovabile non risultano al momento vantaggiosi rispetto alle altre fonti. Da qui la necessità di calibrare attentamente gli incentivi in modo da consentire il pieno decollo dell’idrogeno, il cui contributo è considerato cruciale per la decarbonizzazione.

Non a caso, in attesa di fissare i pilastri fondamentali del suo sviluppo all’interno della strategia nazionale, il ministero ha anticipato nel Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) trasmesso a Bruxelles a fine giugno alcune previsioni, sulla base degli specifici obiettivi sull’idrogeno rinnovabile e sui combustibili rinnovabili di origine non biologica delineati dalla direttiva Red III, che punta ad aumentare la quota di rinnovabili nel mix energetico europeo, nonché dalle proposte di regolamento RefuelEU Aviation e FuelEU Maritime, che puntano invece ad aumentare il ricorso a carburanti sostenibili per aerei e navi. Le proiezioni di impiego dell’idrogeno nell’industria, riportate nel Pniec, dicono quindi che saranno necessari circa 330 ktep (migliaia di tonnellate equivalenti di petrolio) di idrogeno rinnovabile, bio e non bio, per raggiungere il target settoriale al 2030. In merito ai trasporti, si stima, invece, un consumo complessivo di circa 390 ktep di idrogeno rinnovabile.

Vettore per decarbonizzare navigazione e aviazione

Secondo il Pniec, è poi importante valutare la necessità di promuovere l’impiego dell’idrogeno a basse emissioni di carbonio come vettore per decarbonizzare i settori hard to abate ed i trasporti, in particolare la navigazione e l’aviazione, in combinazione con l’utilizzo di Ccs (cattura e stoccaggio del carbonio). Complessivamente gli obblighi di uso di idrogeno rinnovabile al 2030 si attesterebbero a 0,25 milioni di tonnellate l’anno di consumi, a fronte dei quali «si stima che almeno l’80% della citata domanda sarà prodotta sul territorio nazionale, mentre la restante quota sarà importata». E, per coprire questo fabbisogno, il piano del governo considera necessaria una capacità (elettrica) di circa 3 gigawatt di elettrolizzatori, i dispositivi elettrochimici che utilizzano l’elettrolisi dell’acqua, vale a dire la decomposizione della stessa nei suoi componenti di base, per produrre idrogeno.

Un capitolo importante per l’idrogeno, dunque, che è anche al centro di uno degli interventi messi in campo dal Piano nazionale di ripresa e resilienza su questo versante. Va detto che il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica gestisce complessivamente 2,3 miliardi di euro di risorse distribuite su diverse linee d’azione per sostenere la creazione e il potenziamento di infrastrutture per la distribuzione dell’idrogeno, vista la posizione strategica dell’Italia, e per incrementare la produzione di idrogeno verde.

Un miliardo per decarbonizzare i settori hard to abate

La fetta principale dei finanziamenti (un miliardo) è destinata all’utilizzo dell’idrogeno per decarbonizzare i settori hard to abate, cioè i comparti con maggiori impatti a livello emissivo e più difficili da riconvertire: di queste risorse, almeno 400 milioni dovranno essere utilizzati per la realizzazione di progetti e interventi finalizzati alla sostituzione di più del 90% del metano e nei combustibili fossili nei processi produttivi.

Ammonta, invece, a 450 milioni lo stanziamento previsto dal Recovery per spingere la costruzione di nuovi elettrolizzatori, snodo cruciale, come detto, per il pieno decollo dell’idrogeno. I finanziamenti sono organizzati su tre binari: 250 milioni per sostenere la realizzazione di impianti a valere sul Fondo Ipcei per l’idrogeno, lo strumento agevolativo che supporta le imprese italiane coinvolte in Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo; 100 milioni per la produzione di elettrolizzatori ulteriori rispetto a quelli collegati alla precedente linea; e, infine, altri 100 milioni per supportare programmi di investimento finalizzati allo sviluppo della filiera produttiva degli elettrolizzatori e/o delle relative componenti.

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