Ancora scontri. Dagli Usa alla Francia, corsa all’aeroporto. Sul nostro C-130 anche stranieri. L’annuncio di Tajani: oggi rientro a Roma di tutti gli italiani
L’emozione che prova è enorme: «È stato devastante, ma ci siamo». Sono le 18,39 della domenica più lunga della sua vita e di quella degli altri italiani evacuati ieri sera da Khartum. Stefano Rebora con la moglie, il figlio di 8 anni e due operatori della sua associazione no profit genovese Music for peace, ci manda un messaggio vocale quando ormai finalmente ha davanti, sulla pista dell’aeroporto di Khartum, il C-130 dell’Aeronautica militare venuto a prendere i nostri connazionali per portarli lontano dalla guerra. Scalo a Gibuti, poi l’Italia. «Ci hanno detto che non possiamo né scattare foto né fare video, ci vediamo in Italia», il saluto finale di Rebora su WhatsApp. E lunedì mattina il ministro Tajani ha confermato che nel tardo pomeriggio tutti gli italiani rientreranno a Roma con un colo dell’aereonautica militare.
E alle otto di sera, ecco che il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, finalmente può dare in diretta sui telegiornali Rai la bella notizia: «Un C-130 dell’Aeronautica militare è appena decollato da Khartum con 107 persone a bordo, tra cui otto bambini e nove anziani, un medico e un infermiere militare e 12 membri dell’equipaggio. Gli italiani saranno portati ora a Gibuti. Stiamo evacuando tutti quelli che volevano lasciare il Sudan e contiamo che i connazionali siano in Italia domani». Cioè oggi, dopo 9 giorni di puro terrore con l’ambasciatore italiano a Khartum, Michele Tommasi, 57 anni, di Cosenza, a seguire personalmente le operazioni.
Via dall’incubo, via dalla guerra scoppiata il 15 aprile scorso tra l’esercito del generale Abdel Fattah al-Burhan, sovrano de facto del Sudan e il suo vice divenuto rivale, il generale Mohamed Hamdan Dagalo, che comanda le tanto temute forze paramilitari di supporto rapido (Rsf). Gli scontri tra le opposte fazioni hanno già provocato fin qui centinaia di morti (il bilancio è fermo a oltre 400 per l’Oms, mentre supera i 600 per il ministero della Sanità locale). Spari ieri sono stati diretti anche contro un convoglio francese: un ferito.
Sul primo aereo, ieri sera, i civili a bordo erano 105, quasi tutti italiani, alcuni stranieri. Un altro piccolo gruppo di 32 persone, tra cui lo staff dell’ambasciata, è rimasto in aeroporto per imbarcarsi sul secondo volo disponibile, italiano o europeo. Circa 150 in tutto i nostri connazionali che vivevano fino a ieri in Sudan: personale diplomatico, uomini della cooperazione allo sviluppo, Ong, imprenditori.
Sono rimasti ora i 38 tra medici e infermieri di Emergency, con i loro tanti pazienti ancora da salvare negli ospedali di Khartum, Nyala e Port Sudan. Tajani e il ministro della Difesa, Guido Crosetto, hanno lavorato sodo per perfezionare i dettagli e avere dai leader delle fazioni, dopo lunghi colloqui, la garanzia di non trovarsi poi coi convogli italiani in mezzo a un’apocalisse di spari nel viaggio dalla città all’aeroporto.
«Un lavoro portato avanti — ha detto Tajani — in collaborazione col ministero della Difesa e la nostra intelligence. Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è costantemente informato della situazione». E un’indiretta conferma arriverà via Twitter dai paramilitari delle Rsf, che sostengono di aver dato un contributo: «L’operazione è partita dalla residenza dell’ambasciatore a Khartum 2» e «comprendeva, oltre al personale dell’ambasciata», «41 cittadini italiani, a bordo di 6 automezzi e un autobus». Ma l’evacuazione ha visto impegnati sul campo soprattutto gli uomini delle nostre forze speciali: il 9° reggimento paracadutisti Col Moschin dell’Esercito, il Gis dei Carabinieri e il Goi del Comsubin della Marina, che hanno scortato i convogli partiti ieri mattina dai vari punti di raccolta indicati dall’ambasciata italiana. Poi, una volta arrivati in aeroporto, ci hanno pensato i fucilieri dell’aria dell’Aeronautica militare a garantire la sicurezza fino al decollo.
Anche altri Paesi europei (Germania, Belgio, Olanda), oltre agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna, stanno provvedendo ai rimpatri: «Un primo aereo con a bordo nostri compatrioti, cittadini europei e di altri Paesi, è appena atterrato a Gibuti», il tweet ieri sera di Emmanuel Macron. «Sono contento che la delegazione Ue sia stata evacuata in sicurezza dal Sudan», fa sapere l’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri Josep Borrell. «Ma l’ambasciatore dell’Ue continuerà il suo lavoro dal Sudan», conclude Borrell, «restiamo infatti impegnati a far tacere le armi e ad aiutare tutti i civili che sono rimasti indietro».