22 Novembre 2024

L’esercito chiama alle armi i giovani e «chiunque possa combattere» contro i paramilitari delle Rsf. Crescono le vittime e gli allarmi di un nuovo genocidio nel Darfur

L’esercito regolare del Sudan fa appello ai giovani e a «chiunque sia capace di combattere» per un arruolamento di massa fra le sue file: una chiamata alle armi contro i paramilitari delle Rapid support forces, l’ultimo capitolo di uno scontro che si trascina dal 15 aprile e potrebbe sconfinare ufficialmente nella guerra civile.
L’annuncio è arrivato dalla pagina Facebook dell’esercito, imprimendo una nuova accelerazione al conflitto che vede fronteggiarsi da quasi tre mesi il generale dell’esercito Abdel Fattah Burhan e il leader delle Rsf Mohammed Hamdan Dagalo, detto «Hemetti», salito alla ribalta come capo delle milizie Janjaweed ai tempi del massacro del Darfur. I round negoziali mediati a Gedda da Usa e Arabia Saudita non hanno ancora sortito frutti e le varie «tregue» annunciate si sono sempre concluse con accuse reciproche di violazioni del cessate il fuoco, mentre la portata della crisi umanitaria cresce a ritmi sempre più allarmanti.

Oltre 3mila vittime e 2,15 milioni di sfollati
La lotta di potere fra i due, alleati nel golpe del 2021, sta mietendo un numero sempre maggiore di vittime e alimentando una crisi umanitaria che incalza una regione già piagata dall’instabilità. Il ministero della Salute locale conteggia oltre 3mila decessi dall’inizio delle ostilità, cifra che le Nazioni unite ritengono sottostimata rispetto al bilancio del conflitto. Sul fronte umanitario, l’ultimo aggiornamento dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati stima 613.632 persone in fuga e almeno 2,15 milioni di sfollati entro i confini sudanesi.
L’appello via social dell’esercito ricalca quello che il suo leader, Burhani, ha affidato a un messaggio televisivo, chiedendo ai giovani di aderire alle forze armate o combattere «dalle loro case» contro i paramilitari. L’esercito dichiara che i comandanti delle sue truppe sono stati istruiti per «ricevere ed equipaggiare» chiunque si presenti e dovranno recarsi nelle caserme il prima possibile. Non è chiaro se ci siano gli estremi di una coscrizione coatta, ma l’insistenza dell’appello rivela sia il grado sempre più alto dello scontro sia le difficoltà fronteggiate dalle Sudanese Armed Forces nel conflitto contro i paramilitari.
Testimonianze raccolte dall’Associated press riferiscono che le Rsf si troverebbero in una posizione di vantaggio rispetto all’esercito regolare, grazie a una penetrazione capillare nella capitale Khartoum e un bacino potenziale di 100mila uomini a disposizione delle strategie di «Hemetti». L’esercito ha reagito con artiglieria pesante e bombardamenti sulla capitale, anche a danno di bersagli civili, con l’obiettivo di centrare abitazioni trasformate in basi operative per i paramilitari.

L’allarme su un nuovo genocidio nel Darfur
Il conflitto si è espanso da tempo oltre i confini di Khartoum, aumentando le vittime su scala domestica e una fuga di civili che ha raggiunto i numeri descritti dell’Unhcr. Uno fra i terreni più tumultuosi è il Darfur, la regione occidentale uscita nel 2020 da un conflitto di 16 anni che è costato – almeno – 300mila vittime e accuse di crimini contro l’umanità e genocidio all’ex presidente al-Bashir. Fra i responsabili degli eccidi si erano distinte le stesse milizie Janjaweed già capeggiate da «Hemetti» e confluite, poi, nel gruppo paramilitare che aveva servito come appoggio dell’esercito regolare.
Un déjà-vu inquietante rispetto a quello che si sta consumando nella stessa regione, con tanto di allarme Onu sui rischi di pulizia etnica contro la popolazione nera. I primi dati diffusi dal sindacato dei medici sudanesi parlano di 5mila vittime e oltre 8mila feriti nella sola Genina, la capitale della regione, dato che rischia di essere parziale rispetto a quanto emergerebbe da una mappatura più estesa della regione.
Le esecuzioni non hanno risparmiato medici, attivisti e figure di alto livello nell’amministrazione locale, a partire dall’omicidio del governatore del Darfur occidentale Khamis Abdullah Abbakar. Le Nazioni unite riferiscono che testimonianze «stringenti» attribuiscono la sua uccisione ai paramilitari, forse come regolamento di conti dopo le critiche espresse contro la brutalità delle Rsf in un’area che si trova a essere – anche – al centro delle rotte migratorie. Il solo Darfur ospita più di 713mila sfollati, con quote in ascesa di migranti in fuga verso il Chad. Al 3 luglio 2023 si contavano poco meno di 180mila persone approdate a Bangui dal Sudan. Quasi il doppio rispetto ai 100mila di un mese prima.

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