ESTERI
Fonte: La Stampa
di Paolo Mastrolilli
Hillary e il miliardario conquistano sette Stati a testa. Sanders solo quattro, Cruz due. Ma i giochi non sono ancora conclusi
Donald Trump e Hillary Clinton hanno vinto il “Super Tuesday” delle primarie americane, ma senza riuscire a chiudere in maniera definitiva la partita. La loro nomination per le presidenziali di novembre come candidati del Partito repubblicano e democratico è sempre più vicina, forse ormai inevitabile, però gli avversari non mollano. Trump ha vinto in Georgia, Alabama, Tennessee, Massachusetts, Virginia, Arkansas e Vermont, facendo anche il pieno dei delegati che deve conquistare per essere scelto alla Convention del Grand Old Party che si svolgerà a luglio a Cleveland. Una prestazione dominante, che lo lancia verso la nomination. «Io – ha detto Donald dopo il successo – sto allargando la base del partito. I voti sono con me, solo io posso battere Hillary Clinton, e l’establishment deve accettare questo fatto».
Il senatore Ted Cruz, però, ha vinto il suo stato del Texas e il vicino Oklahoma, e questo lo ha spinto a chiedere che tutti gli altri candidati si ritirino, per concentrare su di lui i voti di chi non vuole Trump: «Solo io l’ho battuto tre volte. Gli altri ad un certo punto dovranno prendere atto della realtà e consentirci di riunificare il partito». Ma anche il senatore della Florida Marco Rubio ha ottenuto il suo primo successo, in Minnesota, e quindi ha dichiarato che non si ritirerà. Anzi, i suoi consiglieri pensano che possa vincere il proprio stato il 15 marzo, e quindi lanciare la rimonta nel Midwest. Il loro obiettivo è impedire che Trump ottenga abbastanza delegati per rendere inevitabile la sua nomination, e quindi contestarla alla Convention, dove l’establishment farebbe poi convergere il consenso del partito su Rubio. Trump quindi è sempre più lanciato, ma i notabili del suo stesso partito stanno cercando disperatamente di bloccarlo, al punto che hanno sollecitato diversi donatori a finanziare una campagna pubblicitaria contro di lui.
Sul fronte democratico, la Clinton ha vinto in Georgia, Virginia, Alabama, Tennessee, Texas, Arkansas, Massachusetts (più Samoa) tutti stati pesanti che le hanno consentito di aumentare il suo vantaggio su Sanders in termini di delegati. Dal punto di vista matematico, le possibilità di negarle la nomination sono praticamente inesistenti, ma Bernie non molla. Anche lui ha vinto, nel suo stato del Vermont, e poi in Colorado, Minnesota e Oklahoma. Sono stati piccoli, in termini di delegati, ma questi successi gli consentono di dire che la sua campagna ha ancora un senso. Adesso spera di fare delle sorprese nel Midwest, a partire dal Michigan che voterà l’8 marzo, per cercare di fermare Hillary. La Clinton però ha già gli occhi sulla sfida di novembre, probabilmente contro Trump, che infatti ieri ha attaccato: «L’America non ha bisogno di tornare grande: non ha mai smesso di esserla. Però deve diventare più inclusiva, e bisogna abbattere le barriere, invece di costruirle».