16 Settembre 2024

«Non hai ancora iniziato i lavori del condominio? Se hai la Cilas già presentata finanziamo noi i lavori» dice V.P. al telefono. Ma come, il termine dei lavori è fine anno… «Tranquillo, la proroga è sicura. Li leggi i giornali?». E quanto costa, scusi? «Noi paghiamo l’impresa l’84,7% del valore del computo metrico. Più il 4% di commissione per noi e il 3% per la finanziaria». Quale finanziaria? «Non posso dirtelo. Poi serve un bonifico dello 0,2% dei lavori per la due diligence». Altro? «Sì, chiediamo un anticipo del 15% per avviare il cantiere. Ma se serve compriamo anche i crediti, sia vecchi che nuovi» risponde il nostro interlocutore.

Un ottimo affare per qualcuno
Uno dei tanti affaristi che in questi giorni si affacciano sul mercato della disperazione, quello dei crediti derivanti dai bonus edilizi, che nessuno più vuole comprare. Sulle piattaforme online per comprare e vendere i crediti, che si sono moltiplicate, oggi si trova di tutto. E chi ha liquidità fa buonissimi affari, comprando i crediti a prezzi stracciati, e magari come il nostro, propongono anche di finanziare nuovi cantieri, sul filo di lana della scadenza. Online, un Bonus facciate da 33 mila euro, decennale, si compra a 19.900, col 40% di sconto. Ma c’è anche chi vende crediti da 10 mila euro, che si potranno scontare dalle tasse nel 2024, tra soli cinque mesi, con lo sconto del 25%.
Chi cerca acquirenti per un bonus di mille euro e chi si vuole liberare di grossi impegni. Come l’impresa di Abano Terme, che forse ha fatto troppi sconti in fattura, e cerca di vendere un milione e 167 mila euro, scontabili dal ‘24 al ‘26, per 891 mila euro, al 15,83% annuo. «I crediti con scadenza 2023 sono andati via quasi tutti», ci spiega un General contractor. «Quelli del ‘24 si comprano a prezzi di saldo, al 73% del valore. Quelli per gli anni successivi — dice — si comprano solo a pacchetto, tutte le rate del credito, ma non c’è mercato. Noi abbiamo 3,6 milioni fermi nel cassetto fiscale. Speriamo che la questione si risolva, sennò saranno problemi seri. Non mi rimetterei mai e poi mai in un business come questo. È un incubo».

Chi resta con i crediti in mano
Basta fare un giro su SiBonus.it la piattaforma di Unioncamere, oppure su Girocredito, Innovacredit, Ecobonusitalia, sempre online, per rendersi conto delle attuali quotazioni di mercato dei crediti legati ai bonus. Cessioni che hanno un tasso di interesse implicito ben oltre il tasso di usura, oggi ufficialmente al 17%.O leggere i messaggi sui gruppi Telegram e Facebook, per capire la disperazione di chi è rimasto con i crediti in mano senza la possibilità di venderli. Gli esodati del Superbonus si sono già dati un altro appuntamento sotto al ministero dell’Economia, per un nuovo sit-in di protesta, a partire dal 18 settembre. Chiedono che il governo si faccia carico del problema. Per loro è l’ultima speranza, alternative non ce ne sono.
La tanto attesa piattaforma di Enel-X per l’acquisto dei crediti, annunciata per l’autunno dal vecchio vertice del gruppo, e nella quale speravano in tanti, non ci sarà, né la società comprerà altri crediti. «Enel-X sta adempiendo agli impegni assunti a suo tempo, senza attivarne di nuovi, e senza ricorso a piattaforme di complessa realizzazione» fanno sapere dalla società, mettendo una pietra tombale sulla questione.

Un problema anche per i grandi
I problemi con la cessione del credito non li hanno solo i piccoli imprenditori edili, i fornitori, i cittadini rimasti con 5 mila euro da vendere, e che rischiano di diventare carta straccia. Anche sui grandi canali, le piattaforme delle grandi società di revisione, come Pwc, Ernst & Young, Deloitte, Kpmg, messe a disposizione di grandi imprese, studi legali e commercialisti, e che hanno come acquirenti le banche, si soffre.
La crescita dei tassi nell’ultimo anno ha creato uno sconquasso anche qui. Prima, i crediti 110% si vendevano a 100-102, il 91% del valore nominale. Oggi le banche comprano quello stesso credito a 93, cioè all’85% del valore. Le banche che oggi acquistano, però, si contano sulle dita di una mano. E i lavori si fermano. Anche nella ricostruzione delle zone terremotate, dove il 110% si usa per coprire la spesa non coperta dal contributo.

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