8 Novembre 2024

Il ministro degli Esteri a La Stampa: «Lavoriamo con tutte le agenzie dell’Onu per portare aiuti subito ai palestinesi»

«L’Italia promuoverà una nuova iniziativa umanitaria per aiutare la popolazione civile palestinese. Inviterò alla Farnesina tutti gli attori del polo delle Nazioni Unite a Roma». Nelle ore in cui fallisce l’ultimo tentativo diplomatico al Cairo per ottenere il cessate il fuoco, il ministro degli Esteri Antonio Tajani al telefono si concentra su quella che al momento sembra l’unica strada possibile per alleviare la «catastrofe umanitaria»: prepararsi a portare cibo a Gaza, attraverso un tavolo per la pace. Lo slogan potrebbe essere “Food for Gaza”.

Ministro, dal Cairo non arrivano notizie rassicuranti. Israele non si è presentata al tavolo per discutere della tregua.
«La situazione è molto complessa, ma non dobbiamo arrenderci. Hamas non ha dato le informazioni richieste sugli ostaggi. Spero che Qatar, Egitto e Stati Uniti riescano a convincere le parti ad un cessate il fuoco entro l’inizio del Ramadan. Il nostro obiettivo strategico è la formula “due popoli, due Stati”, in cui Israele riesca ad essere riconosciuto in sicurezza dal mondo arabo e i palestinesi possano avere una loro realtà istituzionale. Adesso il cessate il fuoco dovrà essere accompagnato dalla liberazione di tutti gli ostaggi israeliani. E’ essenziale all’obiettivo di far arrivare nei Territori tutti gli aiuti di cui c’è bisogno, molti di più di più di quelli che si possono distribuire con il lancio di pacchi di cibo dagli aerei».

Le immagini sono sempre più drammatiche. Come è possibile che persino gli Stati Uniti siano costretti a questo? Non era possibile aprire un corridoio umanitario?
«In questo momento è il modo più rapido per farli arrivare».

Quali sono i numeri nelle vostre mani della situazione nei Territori? Si parla di trentamila morti.
«Secondo i dati di fonte palestinese accettati dalle Nazioni Unite, i numeri in quasi cinque mesi di conflitto sono questi. Significa l’1,3 per cento della popolazione totale dei Territori. Nessun governo o organismo internazionale è al momento in grado di confermare o smentire tutto ciò. Ma ricordo: questo ciclo di violenza è stato innescato da Hamas, che continua a farsi scudo della popolazione palestinese e tiene in ostaggio più di cento israeliani».

Cosa si può fare di più?
«In queste ore sto organizzando una riunione con tutte le organizzazioni umanitarie presenti in Italia per coordinarci. Il direttore generale della Fao Qu Dongyu in questi giorni è in Medio Oriente. Mi rivolgerò anche alla direttrice del Programma alimentare mondiale Cindy McCain e a molti altri. L’idea è quella di un tavolo per la pace anche per riprendere appena possibile le attività di cooperazione sospese. Rafforzando anche i controlli per contrastare la possibilità che i fondi italiani vengano utilizzati a fini terroristici».

Immagino si riferisca alla polemiche attorno all’attività dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa). Può entrare nel dettaglio?
«La soluzione comunque deve essere agire. L’Italia ha stanziato 10 milioni di euro a dicembre, ce ne saranno altrettanti. Li abbiamo dati a Fao, a Mezzaluna rossa e altri organismi umanitari. Cercheremo anche di accogliere in Italia altri bambini palestinesi oltre ai cento già assistiti, ma anche questo è complicato. Alcuni dei feriti sono stati operati a bordo della nave ospedale Vulcano, attraccata vicino Rafah».

Molti osservatori, anche israeliani, dicono apertamente che quel che accade nei Territori sta facendo venir meno il sostegno della comunità internazionale. Come se Israele stesse facendo di tutto per far venir meno la solidarietà unanime dopo i fatti del 7 ottobre. Lei è d’accordo?
«Nessuno può dimenticare, e anche io non dimentico quel che è accaduto. Una tragedia non cancella l’altra. Non dobbiamo dimenticare l’efferatezza di quel maledetto giorno. Un giorno in cui – è bene sottolinearlo – Israele non è stato vittima di un attacco militare, ma di una caccia all’ebreo. Ci sono state donne stuprate, bambini bruciati. Ho visto immagini inenarrabili».

Che idea si è fatto dell’uccisione di cento palestinesi durante la distribuzione degli aiuti?
«E’ evidente che Israele dovrà fare un’indagine rigorosa su quel che è accaduto».

L’impressione è che anche l’opinione pubblica israeliana non capisca da che parte vada il governo Netanyahu. Il ministro Benny Ganz è partito per gli Stati Uniti per incontri ai massimi livelli, ma senza il supporto del premier. Che accade a Gerusalemme?
«Lei mi vuole far dire se ci debba o meno essere un altro governo in Israele? Io le devo rispondere che non spetta a me dare giudizi di questo tipo. Noi parliamo con lo Stato di Israele».

La situazione è grave anche nel Mar Rosso. L’altro ieri la nave Duilio ha abbattuto un drone delle milizie Houthi. Come risponderete?
«L’Italia difende il diritto internazionale e la libertà dei traffici marittimi dagli attacchi terroristici degli Houthi. Andiamo avanti con quanto deciso. Martedì mattina sarò alla Camera e poi al Senato per avere il via libera del Parlamento alla missione europea Aspides».

Parliamo di Ucraina. All’ultima riunione dei ministri del G7 finanziari è stato trovato l’accordo per utilizzare i beni russi congelati in Europa a sostegno del governo di Kiev. A che punto siete?
«In linea di principio io sono del tutto favorevole, ma stiamo lavorando a livello di Unione Europea per vedere se e come possono essere utilizzati questi fondi. Bisogna accertare se l’obiettivo politico è giuridicamente percorribile. Una delle strade è l’utilizzo degli extraprofitti di quei beni, nel caso in cui quegli stessi fondi non potessero essere confiscati tout court».

Matteo Salvini si congratula con Donald Trump per i successi alle primarie americane. Dice che “ci sono cambiamenti in arrivo”. Che ne pensa?
«L’Italia è amica degli Stati Uniti, non di questo o quel presidente. Credo che l’Italia non debba interferire nella campagna elettorale di un Paese amico. Ognuno la le sue simpatie, noi dobbiamo averle anzitutto per il nostro alleato. Da ministro degli Esteri avrò buone relazioni con chiunque sarà il segretario di Stato. Gli Stati Uniti sono nostro alleato di riferimento e la più grande democrazia dell’Occidente, non cambia se vince l’uno o l’altro».

Le conseguenze sulla politica estera americana potrebbero essere molto rilevanti.
«Io sono il primo ad aver detto e a dire che l’Europa deve costruire la sua difesa comune, e ben venga un commissario europeo alla Difesa. Sarà utile anche a rafforzare la coesione all’interno della Nato».

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