22 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Francesco Giavazzi

Il taglio della pressione fiscale sembrava essere un obiettivo comune a tutte le forze politiche prima del 4 marzo. Ma nella manovra approvata di tagli ce ne sono ben pochi: la pressione fiscale — tranne che per pochi — aumenterà. Specie con le tasse locali

Quale è il problema più urgente da risolvere oggi in Italia? Di fronte a questa domanda i cittadini, almeno secondo il sondaggio pubblicato oggi dal Corriere, non hanno dubbi: per tre italiani su quattro la risposta è «il lavoro». Non il welfare o l’assistenza, cioè pensioni e reddito di cittadinanza: questi vengono molto dopo. Solo tre italiani su dieci li considerano la vera priorità.
Una bocciatura clamorosa per la Legge di bilancio approvata la scorsa settimana che invece punta tutto su welfare e assistenza. Sorprendentemente la bocciatura è netta anche nel Mezzogiorno dove il Movimento 5 Stelle ha conquistato la gran parte dei collegi elettorali promettendo il reddito di cittadinanza. Al Sud e nelle Isole l’82 per cento ritiene il lavoro la priorità; solo circa la metà (44 per cento) ritiene che la priorità sia l’assistenza.
È come se, spento l’ardore elettorale e gli entusiasmi di un voto espresso quando l’economia ancora cresceva (il Pil era salito dello 0,3 per cento nel trimestre in cui abbiamo votato, mentre si è contratto dello 0,1 per cento nell’ultimo trimestre dell’anno) gli italiani fossero tornati a fare i conti con la realtà. Una realtà in cui, dopo oltre tre anni di ripresa, l’economia è tornata in recessione e non c’è quasi nulla nella legge di bilancio che ci aiuti ad uscirne.

Più lavoro vuol dire innanzitutto meno tasse sul lavoro.
Il taglio della pressione fiscale sembrava essere un obiettivo e una promessa comune a tutte le forze politiche prima del 4 marzo. Ma nella manovra approvata dalla strana maggioranza che sostiene il governo, di tagli ce ne sono ben pochi. Al contrario, tranne che per un gruppetto di partite Iva, purtroppo pressoché irrilevanti per l’economia nel suo complesso, la pressione fiscale quest’anno aumenterà.
L’Ufficio studi del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti (persone che di tasse ne capiscono) ha fatto un primo esame della Legge di bilancio e stima un saldo netto di 12,9 miliardi di maggiori imposte nel triennio 2019-2021. Un’analisi che è utile riportare: «7,3 miliardi di maggiori entrate arriveranno, secondo i commercialisti, dai contribuenti non in regola con il Fisco che utilizzeranno una delle numerose forme di condono previste; 12,4 miliardi saranno invece le vere e proprie maggiori tasse applicate su banche e assicurazioni (5,6 miliardi), sulle imprese in generale (2,4 miliardi), sul settore del gioco d’azzardo (2,1 miliardi), sui grandi gruppi dell’economia digitale (1,3 miliardi), sui consumatori (0,6 miliardi) e sugli enti del no profit (0,4 miliardi).
Il taglio delle tasse ammonta solo a 6,8 miliardi concentrati appunto sulle partite Iva individuali (- 4,8 miliardi) e sul settore immobiliare (- 1,8 miliardi). Alcune tasse possono piacere più di altre ma il loro effetto non è ovvio. Quelle sul gioco d’azzardo spesso si limitano a provocare uno spostamento del gioco verso l’economia sommersa; le tasse sulle banche sono in genere traslate ai consumatori attraverso un aumento del costo dei servizi bancari. Ma c’é un aspetto ancor più preoccupante. La legge di bilancio ha rimosso il blocco sulle tasse locali che per un triennio aveva impedito a Comuni e Regioni di aumentare le aliquote Irap, Imu, Tasi e le addizionali Irpef; consentirà anche aumenti fino al 50% dell’imposta comunale sulla pubblicità.
Ci aspettano quindi più tasse locali. È la spia più evidente di quanto taglio della pressione fiscale, crescita e lavoro siano priorità sfumate per il governo. Ed è un errore. Che gli italiani, come mostra il sondaggio, stanno cogliendo.

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