22 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

di Andrea Rossi

La nuova versione del documento richiesta dal premier. Il conto considera solo spese e ricadute sul nostro Paese, escludendo quelle su Francia e Ue


La nuova versione dell’analisi sui costi e benefici della Torino-Lione da mercoledì è sul tavolo del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il ministro delle Infrastrutture Toninelli, su richiesta del capo del governo, ha incaricato due componenti della commissione tecnica – i professori Francesco Ramella e Paolo Beria – di adattare i risultati della precedente versione al solo fronte italiano: calcolare dunque spese e ricadute della Tav solo per quanto riguarda il nostro Paese e non nel complesso, considerando anche Francia e Unione Europea.

La differenza è sostanziale. L’esito anche. «È sempre negativo», annota Ramella, che ieri a Torino ha partecipato insieme con Marco Ponti, a capo della commissione sull’analisi costi-benefici, a un confronto tra esperti. Però i numeri sono diversi, meno sfavorevoli all’opera, ed è lo stesso Ramella ad ammettere che a questo punto diventano determinanti le valutazioni sulle penali e i rimborsi, perché minacciano di sovvertire il verdetto degli esperti e renderlo positivo.
All’Italia terminare la Torino-Lione costerebbe ancora 4,7 miliardi: 3 per la tratta internazionale (gli altri 5,7 sarebbero a carico di Francia ed Europa) e 1,7 miliardi per la parte domestica. Nell’ipotesi suggerita dalla Lega di congelare l’adeguamento della tratta italiana si scenderebbe a 3, con un ulteriore risparmio di 1,7 miliardi.
I nuovi calcoli rispetto all’incremento di passeggeri e merci porterebbero i benefici da 2,5 miliardi a 1,5 e il vantaggio sulle esternalità (inquinamento atmosferico e acustico, cambiamenti climatici, incidentalità) scenderebbe di poco sotto il miliardo, mentre la riduzione della congestione sulle strade garantirebbe all’Italia mezzo miliardo. Tra i costi resterebbero invece i 4,6 miliardi di minori introiti per lo Stato dai mancati pedaggi autostradali e dalle accise sulla benzina. Una scelta che Ponti difende – «è un calcolo sacrosanto»- così come difende l’analisi nel complesso: «Nessuna grande opera pubblica è mai stata fermata perché nessuno l’ha mai analizzata», ha spiegato ieri sera al convegno organizzato dal Collegio Carlo Alberto e dal suo vice presidente Giorgio Barba Navaretti. «È un bene che si cominci ora anche se per un lavoro completo sarebbero serviti due anni».
Il conto finale della nuova relazione passerebbe da un saldo negativo di 7 miliardi a uno aggiornato e sempre sfavorevole, ma “soltanto” per 3,5 miliardi. A questo punto però entrano in gioco altri fattori. Il primo riguarda i costi di messa in sicurezza del cantiere di Chiomonte, dove i 7 chilometri di galleria finora scavati andrebbero sigillati: un’operazione lunga sette anni il cui costo per l’Italia è stimato in 400 milioni. Il secondo aspetto è la messa a norma dell’attuale tunnel del Frejus: secondo i documenti dell’Osservatorio sulla Torino-Lione la spesa per adeguare i 14 chilometri del Frejus agli standard europei oscilla tra 1,4 e 1,7 miliardi. Nell’analisi costi-benefici è scritto 1,5 miliardi, ma «il ministero sostiene che l’investimento necessario sia inferiore», precisa Ramella. Al momento però non è stata fatta un’altra stima e, per di più, sembrerebbe una spesa da mettere a totale carico dell’Italia (o quasi) dal momento che la Francia non è disposta a spendere risorse pubbliche per adeguare un tunnel boicottato dagli stessi operatori ferroviari perché vecchio e poco conveniente (i treni, ad esempio, possono trasportare fino a 700 mila tonnellate di merci contro i 2 milioni delle gallerie moderne).
Infine ci sono le penali. L’avvocatura dello Stato le ha calcolate in 1,7 miliardi: scioglimento dei contratti in corso per servizi d’ingegneria e lavori (tra 130 e 400 milioni), e del trattato internazionale (16-81 milioni), rimborso delle spese sostenute dalla Francia (400 milioni), restituzione dei fondi già versati dall’Unione europea (535 milioni), più fondi Ue che la Francia perderebbe (297 milioni).
Il conto finale è presto fatto: l’opera ha un saldo negativo di 3,5 miliardi, ma comporta penali per 1,7, costi di adeguamento del Frejus per 1,5 e di chiusura dei cantieri per 400 milioni, per un totale di 3,6 miliardi. Se poi si dovesse decidere di realizzare solo il tunnel internazionale, e sfruttare l’attuale linea sul versante italiano, il quadro diventerebbe ancora più vantaggioso.
Ecco il conto che potrebbe fornire al governo l’exit strategy sulla Tav.

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