Fonte: La Repubblica
di Giuliano Foschini
Il rapporto. A sei mesi dal sisma di agosto i danni rilevati dai controlli su quasi centomila edifici
Sei mesi dopo Amatrice, cento giorni dopo Norcia, un pezzo di Italia continua a essere inagibile. In quel cratere grande quattro regioni, “mille chilometri quadrati” dicono i tecnici, non può essere abitata una casa su due. Non lo può essere ora e non lo potrà essere chissà per quanto. “Fuori da quella zona, nel resto d’Italia, non c’è una percezione di ciò che sta accadendo”, spiega il capo della Protezione civile, Francesco Curcio: “55mila scosse, di cui 9 superiori al grado 5 di magnitudo, compresa quella di 6.5, che è stata la più alta da 37 anni, hanno creato danni superiori a tutti i sismi recenti”.
I numeri, dunque. Fino a oggi, secondo gli ultimi dati della Protezione civile, sono arrivati gli esiti di 92.058 controlli sulle abitazioni private nei più dei 300 comuni del cratere. I centri colpiti direttamente dal sisma sono 131, di cui 52 hanno zone rosse, cioè completamente e parzialmente inaccessibili. Siamo a circa un terzo del valore totale, visto che secondo le stime dell’Anci le case a rischio dopo i due terremoti sono circa 300mila. “Possiamo dire che circa la metà sono lesionate”. 150mila, quindi. A un terzo del lavoro, le case agibili sono 47.105; sono invece 32.150 quelle completamente inagibili e 12.332 quelle che al momento non possono essere abitate perché hanno bisogno di lavori o per “motivi esterni”: per esempio la casa accanto che rischia di crollare o la strada che non è in sicurezza.
“Le case verificate a oggi con sforzi immani – spiega ancora Curcio – sono poco più di centomila. Sono numeri mai visti. A L’Aquila i controlli erano stati 75mila, nel terremoto del Veneto-Emilia Romagna ci eravamo fermati a 42mila”. La severità dei numeri non racconta però a fondo il disastro quotidiano degli almeno centomila terremotati.
C’è chi ha provveduto per sé, sistemandosi nelle case al mare o da amici e parenti. Chi utilizza i fondi statali e ha affittato appartamenti nella zona. E chi invece vive grazie all’assistenza della protezione civile: al momento sono 11.835, novemila dei quali vivono negli alberghi per lo più sulla costa (6mila sulla costa adriatica e al lago Trasimeno). C’è poi chi non è voluto comunque andare e tenta disperatamente di restare. “Ma è una lotta contro i mulini a vento” dice Alessandro Gentilucci, sindaco di Pieve Torina. “Avevo 1501 abitanti, ora sono 300”. I dati della Protezione civile dicono che ha l’89 per cento di case fuori uso, “eppure siamo strozzati dalla burocrazia: per sistemare i nostri commercianti abbiamo dovuto aspettare quattro mesi e due decreti, tutto è rallentato, le istituzioni ci devono chiarire se siamo in emergenza oppure no”.
Un tema molto caldo è quello delle casette, i prefabbricati per gli sfollati. Sono passati sei mesi e ad Amatrice se ne contano sulle dita di una mano, nelle Marche e nell’Umbria praticamente non ce ne sono. “La situazione è tragica e lo Stato è cieco e sordo” attacca il presidente della provincia di Macerata, Antonio Pettinari. “Dove sono le casette?” si chiede. “L’iter non è immediato” spiega Curcio. “Bisogna verificare l’esatto fabbisogno e poi individuare le aree. A quel punto, nel giro di pochissimo le casette arrivano”. È necessario però aspettare l’esito dei sopralluoghi e indire bandi e gare che spesso vanno deserti. “Ci dicono di ripartire, ma come?” si chiede Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, 73 per cento di case inagibili. “Ma sono molte di più, sono certo. Qui ho 80-90 micro imprese che vogliono ripartire ma come fanno se lo Stato chiede loro le tasse? Li aiuteremo. Ma da Roma ci devono aiutare. Ieri mi è arrivata una lettera per la nuova scuola, abbiamo individuato un suolo. Mi hanno chiesto nel giro di 10 giorni una relazione di una ditta di Napoli che ci deve dire che non ci sono sotto ordigni bellici. Gli ho scritto che bombe sicuro non ce ne sono. Però ci stanno i marziani”.