19 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

Corriere.it

Il tunisino Moez Fezzan nel 2012 era stato assolto in primo grado ed espulso dall’Italia. Nel 2014, la condanna denitiva per associazione per delinquere con finalità di terrorismo

Più di due anni di carcere in Italia per terrorismo, poi l’assoluzione nel 2012 e un provvedimento di espulsione. Dopo due anni, nel 2014, la condanna in appello a 5 anni e 8 mesi diventata definitiva e la latitanza dell’uomo che davanti ai magistrati si descriveva come “pio e religioso”, considerato invece una figura di spicco tra i reclutatori dell’Isis in Italia. Oggi, il tunisino Moez Fezzani, conosciuto come Abu Nassim, fanno sapere fonti dell’antiterrorismo, è stato arrestato in Sudan sulla base di mandato di cattura internazionale. Avrebbe fatto parte, tra il ’97 e il 2001, di una cellula del ‘Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento’ con base a Milano che reclutava uomini da inviare nei Paesi in guerra. Nell’agosto scorso fonti locali avevano dato notizia dell’arresto a Sirte di Moez Ben Abdelkader Fezzani, ma la notizia si era rivelata poi falsa.

“Una figura da manuale” – Era stato lui stesso a parlare di sé durante un interrogatorio davanti al gip Guido Salvini e al pm Elio Ramondini, nel dicembre 2009, dopo la sua consegna all’Italia da parte degli Usa: “Ho vissuto a Milano (in via Paravia nel quartiere San Siro, ndr), Napoli, Bolzano e Valle d’Aosta. A Napoli ho fatto il bracciante, a Milano ho venduto eroina e hashish prima di diventare un uomo pio e religioso”. “La sua è una figura da manuale del terrorismo islamico – aveva spiegato il gip Salvini – nella sua storia fa tutti i passaggi tipici di un immigrato che si radicalizza: arriva dalla Tunisia, anche se è libico, in Italia e inizia a lavorare come ambulante. È la classica figura di immigrato degli anni ‘90 che in poco tempo finisce nel mondo della piccola criminalità. Non è un predicatore, ma un operativo, capace di convincere le persone. Va in giro nei dormitori pubblici, nei giardinetti, nelle stazioni dove ci sono pakistani e tunisini, e li porta in moschea”.

Il ruolo nell’Isis – Nato a Tunisi nel 1969, Fezzani è considerato militante di Al Qaida in Afghanistan, è noto da oltre un ventennio per le sue attività nell’ambito di una delle formazioni satellite di Al Qaida, Ansar Al Sharia Tunisia (Ast). Catturato in Pakistan nel 2002, è stato detenuto nella base statunitense di Bagram e poi estradato in Italia. Nell’aprile 2012, dopo un periodo di detenzione, viene espulso in Tunisia. Successivamente viene localizzato in Libia, dove gestì i campi di addestramento per aspiranti mujaheddin. Nell’estate 2013, raggiunse la Siria, per poi rientrare nuovamente in Libia nel 2014 dove reclutò aspiranti combattenti. Era ricercato dalla Tunisia, per l’organizzazione degli attentati al museo del Bardo, in cui persero la vita anche quattro italiani, e all’Hotel Imperial di Sousse.

La vicenda giudiziaria – Al Fezzani era rimasto in carcere fino all’assoluzione del 2012 da parte del tribunale di Milano, che lo aveva giudicato “un ideologo, non un combattente”. Era allora intervenuto il ministero dell’Interno per decretarne comunque l’espulsione, pur da uomo libero, perché considerato soggetto pericoloso. Soltanto dopo, quando Al Fezzani era ormai lontano dall’Italia, la Corte d’appello aveva ribaltato il primo verdetto. La vicenda dell’espulsione di Al Fezzani ha poi del rocambolesco. Mentre veniva trasferito all’aeroporto della Malpensa per essere imbarcato, l’estremista tunisino si era lanciato fuori dall’auto della polizia in corsa riuscendo a far perdere le sue tracce. Coperta dal massimo riserbo, la caccia all’uomo era durata solo pochi giorni, finché il fuggiasco non era stato individuato a casa di un amico a Varese e finalmente messo su un aereo per la Tunisia. Al momento di salutare l’Italia, Al Fezzani aveva fatto una promessa ai capi della Digos: “Sentirete di nuovo parlare di me”.

L’estradizione in Italia – Abu Nassim, era stato consegnato alla magistratura milanese dopo un accordo tra l’allora premier Silvio Berlusconi e Barack Obama (anche altri due presunti terroristi detenuti a Guantanamo erano stati consegnati all’Italia). Sin dal 2007, infatti, i magistrati di Milano avevano chiesto più volte e senza successo agli Usa di poter eseguire l’ordinanza cautelare emessa a carico di Fezzani che, invece, catturato in Pakistan nel 2003, rimase per quasi 7 anni detenuto nella base militare americana di Bagram, in Afghanistan. E là, stando ai suoi verbali, sarebbe stato anche torturato.

La rete internazionale – Secondo il capo d’imputazione dell’epoca formulato dai magistrati milanesi, Fezzani, assieme ad altri, avrebbe fatto parte di una “articolazione” in Italia del ‘Gruppo salafita per la predicazione ed il combattimento”, appunto, che operava “in diretto collegamento con una rete di analoghi ed affini gruppi” attivi in Germania, Inghilterra, Spagna, Belgio, Francia, Algeria, Pakistan, Afghanistan e Tunisia. In particolare, Abu Nassim, tra il ’97 e il 2001, dopo aver lasciato Milano, dal Pakistan avrebbe avuto il compito di “organizzare la logistica dei mujaheddin provenienti dall’Italia” che “venivano addestrati all’uso delle armi” e “alle azioni suicide”. Non solo. Avrebbe anche organizzato e finanziato “il rientro dei mujaheddin” a Milano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *