L’amministratore del Pd vorrebbe avere la possibilità di candidarsi nuovamente alla presidenza regionale: la norma bocciata glielo avrebbe consentito

Il vincolo del doppio mandato è insuperabile. Anche in Campania. In serata, dopo una camera di consiglio fiume, i giudici della Corte Costituzionale hanno dichiarato incostituzionale la legge regionale della Regione Campania inerente «Disposizioni in materia di ineleggibilità alla carica di presidente della Giunta regionale», nella parte in cui «esclude dal computo dei mandati rilevanti, ai fini dell’applicazione del principio del divieto di terzo mandato consecutivo per i presidenti di Regione eletti a suffragio universale e diretto, quelli precedenti a quello in corso all’entrata in vigore della legge regionale».
Per semplificare: la Consulta ha bocciato la legge che di fatto consentiva al governatore uscente Vincenzo De Luca di ricandidarsi alla guida di Palazzo Santa Lucia, una legge approvata lo scorso novembre a maggioranza. Una decisione che De Luca non ha ben digerito: è stata «accolta una tesi strampalata, progettata in udienza, che ha fatto inorridire autorevoli costituzionalisti – è stato il commento del governatore -. La buona notizia è che ci sarà molto lavoro per gli imbianchini. Si dovrà infatti cancellare in tutte le sedi giudiziarie del Paese la scritta: la legge è uguale per tutti».
A questo giro perde De Luca, l’ha spunta invece la presidenza del Consiglio dei ministri, che – rappresentata dagli avvocati Ruggero Di Martino ed Eugenio de Bonis – aveva impugnato la normativa. In sede di discussione, stamattina, l’avvocato Di Martino aveva evidenziato che nel marzo 2009 la Regione Campania aveva adottato la disposizione nazionale sulle consultazioni elettorali, e quella legge – è il ragionamento – fa scattare automaticamente il divieto del terzo mandato anche se la Regione Campania nella sua legge di recepimento della disposizione nazionale non aveva esplicitato il principio del vincolo del doppio mandato. Non vi era dunque «bisogno», secondo l’avvocato Di Martino, di indugiare sul punto, di regolare l’aspetto con una nuova legge, «perché è il concetto di auto-applicazione dei principi da rispettare, per noi è definito molto chiaramente» e «si applica a prescindere da un riferimento formale». La condizione di operatività del principio che vieta il terzo mandato consecutivo sarebbe quindi, secondo lo Stato, l’entrata in vigore della legge regionale del 2009. «A noi pare francamente difficile ipotizzare qualcosa di diverso dalla sua immediata applicazione», ha aggiunto. Ecco perché per l’Avvocatura, rispetto alla legge regionale 2024, «una cosa è certa: di incostituzionalità bisogna parlare. La stessa giurisprudenza richiamata dalla contro parte ci dice che non c’è la necessità di una legge di ricezione del principio».
Dal canto suo la Regione Campania aveva sostenuto – per il tramite dell’avvocato Giandomenico Falcon – che la disposizione nazionale «richiedeva una attuazione regionale, che non voleva e non doveva essere auto-applicativa». Insomma, non c’era alcun automatismo. «La non auto-applicatività è stata infatti confermata dalle corti di appello di Milano – ha insistito Falcon -. È il normatore regionale a dover porre il limite. Si tratta di stabilire quindi quali mandati sono rilevanti: le tre leggi delle Marche, del Piemonte e del Veneto dicono che sono rilevanti i mandati successivi. Per la Campania vale anche il mandato in corso». Falcon aveva poi chiamato in causa leggi analoghe a quella adottata dalla Regione Campania e non contestate dal Governo. «Non sono riuscito a capire – ha detto l’avvocato Falcon – per quale ragione le leggi del Veneto, delle Marche e del Piemonte, che fanno riferimento al computo dei mandati successivi all’approvazione delle legge, andrebbero bene mentre non andrebbe bene quella della Campania, che ingloba nel computo dei mandati anche quello in corso». A questo punto l’avvocato Di Martino ha voluto replicare, accendendo un botta e risposta: «Mi permetto di dire che sul Piemonte e il Veneto il problema non si pone, non si può dire che il governo abbia recepito – ha osservato -. Nelle Marche invece c’è un caso che risponde alla critica che viene fatta, è vero che il governo non ha impugnato, ma a dire che ci sia uno stabile orientamento ce ne passa. Una mancata impugnazione non preclude che possa esserci. E in questo caso non si è posto il problema perché il presidente che si era candidato per la terza volta non è stato eletto».
Il risultato finale dello scontro è stato quello della vittoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. Nel centrodestra campano è già festa. Vincenzo De Luca, rivale temibile e temuto, è costretto ad uscire di scena. E con la sua assenza dal terreno di gioco, la partita elettorale per il centrodestra potrebbe essere più facilmente affrontabile. Addirittura c’è chi pensa a «pescare» nuove energie, e quindi voti, proprio nel bacino di fedelissimi di De Luca: «Forza Italia è pronta al dialogo con tutti i consiglieri di centro che hanno condiviso un percorso con De Luca e che da oggi possono sentirsi liberi di fare scelte diverse. Siamo pronti a valutare la loro adesione a un progetto di cambiamento offrendo loro una casa in cui non sentirsi ospiti», ha subito dichiarato Fulvio Martusciello, coordinatore regionale di Forza Italia in Campania.
Tirano un sospiro di sollievo anche al Nazareno: Elly Schlein s’era apertamente messa di traverso alla ricandidatura di De Luca, ed era pronta ad aprire uno scontro fratricida con il governatore, ma la Consulta ha levato il Pd dell’imbarazzo. O quasi. Perché il risiko delle candidature e delle alleanze è tutt’altro che definito. La battaglia per le Regionali comincia adesso. Ciascuna coalizione dovrà trovare la sua quadra: il centrodestra dovrà scegliere il suo candidato, mentre il Pd dovrà scegliere se allearsi con il Movimento 5 stelle (che ad oggi è all’opposizione di De Luca) e come compattare gli altri partiti. Azione, ad esempio, è attualmente nella maggioranza di De Luca e dunque alleato al Pd, ma, se i dem dovessero ridisegnare la geografia delle partnership aprendo ai grillini, Calenda – anche alla luce delle posizioni di fuoco contro Conte e il Movimento – potrebbe ordinare ai suoi di sfilarsi.

Martella (Pd Veneto): “Fine del teatrino”
«La Corte Costituzionale mette la parola fine a un teatrino durato mesi e divenuto ormai stucchevole, animato da una maggioranza in crisi di identità e da un presidente che, dopo 15 anni consecutivi al governo del Veneto, ancora non pensa sia abbastanza – commenta il senatore Andrea Martella, segretario regionale del Partito Democratico del Veneto. Come abbiamo detto da tempo, la lunga era di Zaia è finita. Nel bene e nel male, quello che poteva offrire alla nostra Regione lo ha già dato». «È arrivato il momento – prosegue Martella – di guardare avanti, di dare ai veneti certezze e rispetto. Si ponga fine anche al teatrino sulle elezioni, si fissi subito la data e si smetta di perdere tempo. Basta giochetti, basta meline, basta strumentalizzazioni. La democrazia non è un bene personale da piegare alle ambizioni di qualcuno. La legge dice che si vota ogni cinque anni. Punto. Il mandato della giunta Zaia scade in autunno. Non c’è alcuna ragione per rinviare: le urne si aprano entro i termini previsti. Il Veneto ha bisogno di una nuova fase, di nuove energie e nuove idee», conclude Martella.

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A.N.D.E.
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