19 Settembre 2024
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Calenda: «Il partito unico è naufragato». Renzi: «Clamoroso autogol, noi eravamo pronti». Ma l’ex premier non vuole dare subito i fondi né sciogliere Iv. Il Pd: un favore alla premier

«Il progetto del partito unico è naufragato», alza le mani Carlo Calenda. Il divorzio è compiuto, le strade di Matteo Renzi e del leader di Azione si separano, con un rimpallo di responsabilità. «Carlo aveva paura di perdere la leadership con un congresso aperto», è l’accusa dal fronte di Italia Viva. «Renzi voleva tenersi le mani libere e con un partito unico non avrebbe potuto fare il lobbista», è la replica di Calenda.
Scambi a distanza. I due non si parlano, come si è visto ieri in Senato per il voto sul Pnrr. Troppo profondi i nodi politici – sui soldi, sullo scioglimento di Iv, sulla leadership – e quelli personali per poter procedere. Complici settimane di polemiche al vetriolo e ieri anche le battute di Renzi su Calenda pubblicate da la Stampa (smentite diplomaticamente da Italia Viva), l’aria nel terzo polo è diventata irrespirabile. Una rottura grave e «senza possibilità di ripensamenti», sostiene Calenda. Di cui ne farà le spese politicamente anche il Pd, «perché non saremo noi a raccogliere le macerie, ma la Meloni», si sfoga un dirigente molto ascoltato da Schlein: preoccupato come molti tra i dem, che «così rimarremo soli con i 5stelle, senza poter consolidare un blocco a tre punte, con un terzo polo che comunque intercettava un elettorato moderato». Ora le cose si complicano ancor di più nelle opposizioni già indebolite dalla mancanza di unità.
Il leader di Azione non se ne cura, poiché ritiene che vi sia spazio al centro, in equidistanza tra i due poli. Si rammarica di esser stato «ingenuo a credere che Renzi avrebbe fatto passo indietro, visto che guadagna milioni di euro girando il mondo e lavorando per l’Arabia Saudita e per altri. Pensavo non avesse il tempo per fare altro e invece lo ha anche per il Riformista…».
Il rivale riunisce i suoi e gli scarica le responsabilità di aver commesso un errore, in quanto alle europee ci sarebbe stato grande spazio per un Terzo Polo unito. Ma Calenda prova a spiegare così la rottura in un video ai suoi elettori: «Dopo le elezioni si è capito che Renzi non voleva fare il partito unico. Mi è stato chiaro quando ha fatto cinque passi avanti e non uno indietro, riprendendo in mano Italia Viva. Abbiamo proposto un progetto di partito contendibile e un manifesto culturale forte. Renzi non voleva sciogliere Iv e conferire le risorse al nuovo partito».
Ecco il problema non secondario, i soldi, che a detta del leader di Azione servono al suo ex alleato per fare la Leopolda e per far marciare Italia Viva. Una questione, quella del due per mille, che va di pari passo con il no allo scioglimento anticipato dei due partiti. Di cui si è avuta riprova nell’ultimo atto di mercoledì, quando di fronte a una crisi che si è acuita, la delegazione di Italia Viva al summit con Calenda ha ribadito di non voler firmare alcun documento. Calenda ne prende atto e annuncia che Azione procederà lo stesso a unirsi con l’area liberale e popolare. Sostiene che la lite non è personale anche se fa presente di essere «stato coperto da insulti» e che ormai «c’è un problema di fiducia reciproca su cui lavorare perché abbiamo gruppi parlamentari comuni».
Ecco il nodo finale, niente partito unico, ma restano in parlamento uniti i gruppi del terzo polo tra Iv e Azione. Renzi però la spiega al rovescio. «Tutti alibi», dice, perché «Italia Viva è pronta a sciogliersi, come Azione, il 30 ottobre, dopo un congresso libero e democratico. Sulle risorse, IV ha trasferito fino a oggi quasi un milione e mezzo di euro al team pubblicitario di Carlo Calenda ed è pronta a concorrere per la metà delle spese necessarie alla fase congressuale e a trasferire le risorse dal momento della nascita del partito unico». Dunque, «è una scelta unilaterale di Calenda, un clamoroso autogol».
Ma la questione è più profonda. Forse ha ragione Romano Prodi a dire che «non c’è spazio per fare una sintesi di centro in questo momento in cui la gente vota centrosinistra o centrodestra» e che in ogni caso «Calenda e Renzi appaiono all’esterno divisi» per poter far nascere qualcosa. O forse dietro queste scosse di terremoto al centro della scena politica, c’è anche la mancanza di una spinta aggregatrice, per la semplice constatazione che con Schlein nel Pd e con Meloni premier, il bipolarismo si è rivitalizzato.

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