22 Novembre 2024

Le stime del fatturato 2022 registrano un aumento del 32,4%, trainato dai mercati esteri ma anche dall’Italia, grazie soprattutto alla produzione di tessuti per l’alta gamma

Se l’intero sistema moda ha archiviato il 2022 con numeri positivi, il monte della filiera ha registrato un vero e proprio boom: il fatturato di settore, secondo le stime preliminari di Confindustria Moda, è salito del 32,4% a circa 8,1 miliardi di euro con il valore della produzione a più di 6 miliardi di euro (+29,5%). Entrambi i dati superano non solo quelli del 2019 ma anche i valori degli anni precedenti: è la migliore performance dal 2016 incluso.
Le stime, elaborate su dati Istat e di indagini interne, sono state diffuse ieri in occasione dell’apertura della 36esima edizione di Milano Unica, fiera dedicata a tessuti e accessori in programma fino al 2 febbraio a Rho Fiera Milano, con 475 espositori tra aziende italiane ed estere. «Stiamo vivendo un momento positivo – spiega Alessandro Barberis Canonico, presidente di Milano Unica – che dovrebbe coinvolgere il settore anche per tutto il 2023. La manifestazione, poi, è tornata alla vitalità delle edizioni passate».
I risultati positivi del 2022 sono trainati sì dalle esportazioni – che assorbono più della metà del fatturato di settore e sono salite del 31,9% oltre i 4,5 miliardi – ma anche dal mercato interno, popolato da imprese che operano nel segmento più alto del mercato e che lo scorso anno hanno lavorato molto trainate soprattutto dai mercati esteri. Il cosiddetto “consumo apparente”, infatti, è cresciuto del 32,9 per cento. Aumenta anche il saldo commerciale che arriva poco sotto i 2,2 miliardi e quindi quasi ai livelli pre Covid.
Scandagliando il commercio con l’estero – e analizzando,in particolare, gli scambi che hanno riguardato i tessuti a maglia e i tessuti ortogonali a prevalenza di fibra naturale – nei primi nove mesi del 2022 l’export ha messo a segno un +36,2% arrivando a quota 2,8 miliardi di euro. Positiva anche la dinamica dell’import che ha archiviato i nove mesi dello scorso anno con un +44,7% in valore con Cina, Turchia e Pakistan sul podio dei fornitori.
I primi clienti del tessile made in Italy, invece, si confermano Francia, Germania e Cina, con crescite sostenute oltre il 30%, seguiti da Romania, Tunisia e Spagna. Proprio la Tunisia (+75,5%) registra la performance di crescita più elevata insieme alla Turchia (+74,6%): nel tentativo di avvicinare le produzioni, i due Paesi hanno rimpiazzato Paesi del Sud Est asiatico come fornitori. Poi ci sono gli Stati Uniti (+40,6%), spinti dal cambio favorevole. Tra i comparti esaminati – che registrano tutti variazioni a doppia cifra – i tessuti lanieri assorbono la quota più alta di ricavi (superiore al 35%) seguiti dalla maglia e dal cotone, entrambi intorno al 20 per cento.
Uno scenario positivo, dunque, in un contesto che comunque mantiene numerose incertezze: «Ci aspettiamo che anche il 2023 vada bene – conferma anche Ercole Botto Poala, imprenditore tessile e presidente di Confindustria Moda –. Dopo due anni difficili la gente ha voglia di tornare a vivere, viaggiare, festeggiare. C’è stato comunque un impatto negativo sulla marginalità, visto l’aumento dei costi di produzione, che ha frenato una ripresa completa. Speriamo nel 2023 di avere una stabilità almeno sul fronte dei costi energetici e riprendere ad aumentare la marginalità per poter investire».
Secondo Botto Poala il settore deve investire in primis nel capitale umano: «Dobbiamo fare un lavoro molto serio sul fronte della formazione: ci manca la manodopera. Sappiamo che nei prossimi anni mancheranno tra i 60 e i 90mila addetti con formazione tecnica e dobbiamo fare capire ai più giovani quanto è bello questo mondo».
Tra gli ambiti in cui investire per crescere e mantenere un elevato livello di competitività c’è senza dubbio quello della sostenibilità, che va a braccetto con la digitalizzazione: il tema della tracciabilità, per esempio, è centrale in questa edizione di Milano Unica e nel futuro delle aziende del tessile made in Italy. «Il passaporto digitale del prodotto sarà obbligatorio nel giro di pochi anni – spiega Sergio Tamborini, presidente di Smi – sotto la spinta del mercato o delle istituzioni europee. Ed è un elemento fondamentale per dare un volto alla manifattura e non solo al prodotto finito».

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