19 Settembre 2024

Un tema sempre più centrale sarà il possibile impatto della tecnologia degli algoritmi sul mercato del lavoro

Quali tendenze caratterizzeranno il mondo delle risorse umane dei prossimi dodici mesi? Non occorre essere veggenti professionisti per affermare con ponderata certezza che uno dei trend a cui fare riferimento rimanda all’intelligenza artificiale e ai possibili impatti della tecnologia degli algoritmi sul mercato del lavoro. Una domanda intorno alla quale riflettere è quindi la seguente: quanto e come saranno colpiti i lavoratori della conoscenza dalla pervasività in azienda di strumenti come ChatGPT e simili? E ancora: ci sono effettivamente i presupposti per essere preoccupati del fatto che l’AI possa “rubare” il posto di lavoro a migliaia (milioni) di addetti?
Stando alle valutazioni di Indeed Hiring Lab, gli indici che misurano l’andamento degli annunci di lavoro confermano un graduale raffreddamento della domanda dopo il picco raggiunto all’inizio del 2022 ma anche la sostanziale frenata del fenomeno della “great resignation”, con tassi di abbandono tornati ai livelli pre-pandemici (comunque già elevati). Le prospettive per l’immediato futuro, insomma, sono positive e gli esperti parlano non a caso di un mercato delle professioni piuttosto “caldo”, anche se non come un tempo. Di quanto potrebbe succedere nel mondo delle Hr nel 2024 ne abbiamo parlato con Pawel Adrjan, Director Emea & Apac Economic Research di Indeed.
Il mercato del lavoro sta rallentando ma è probabile che il numero di disoccupati rimanga relativamente basso: i posti di lavoro vacanti sono diminuiti rispetto ai picchi del 2022/23 e la creazione di nuova occupazione viaggia a ritmi più lenti a causa della frenata della crescita economica. In generale possiamo dire che le aspettative occupazionali delle imprese sono più forti del difficile momento economico, anche se le assunzioni resteranno difficili in molti settori, soprattutto in quello dei servizi, della sanità e dei mestieri specializzati. In Italia, per esempio, il 38% delle aziende di servizi dichiara che la carenza di manodopera sta limitando la produzione. La crescita dei salari è un’altra tendenza da tenere d’occhio. Il nostro “wage tracker” ci dice che l’incremento delle buste paga è scesa dal picco del 5,2% della fine del 2022 al 3,8% dell’ottobre 2023, ma se si tiene conto dell’inflazione accumulata, i salari reali nella maggior parte dei Paesi non hanno ancora raggiunto i livelli toccati nel 2021. La continua ripresa degli stipendi sarà quindi importante per sostenere la spesa dei consumatori e l’economia generale in Europa.
Il lavoro ibrido e altre forme di flessibilità dovrebbero guadagnare ulteriore terreno per la crescita occupazionale, anche se nel breve periodo potremmo assistere a un calo delle aziende che offrono posti di lavoro orientati alla flessibilità, soprattutto in caso di recessione prolungata. I candidati rimangono comunque molto interessati al lavoro ibrido, per cui l’equilibrio a lungo termine lo renderà uno standard in molti settori.

Il work life balance sarà ancora una delle voci che influenzeranno maggiormente la fidelizzazione e l’attrattività dei talenti? O la componente economica rimarrà prevalente?
La retribuzione rimane il fattore più importante per i candidati e per coloro che stanno pensando di cambiare lavoro. La flessibilità è il secondo fattore ritenuto più importante e fra i suoi vantaggi vi sono per l’appunto un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata e il fatto di affrontare spostamenti più brevi. Chi cerca impiego sulla piattaforma Indeed continua a valutare opportunità di smart working a livelli simili o addirittura superiori rispetto al periodo peggiore della pandemia, sia in Italia che in altri Paesi europei. Se guardiamo ai dati relativi al Canada, per esempio, gli annunci di lavoro ibrido hanno una durata media del 5% inferiore rispetto agli annunci per lo stesso “job title” e la stessa posizione in forma tradizionale. L’interesse costante delle persone per questa modalità di impiego porta a dire che le aziende in grado di offrirla possono assumere con tempistiche più veloci.

Le grandi aziende hanno saputo cogliere a fondo le reali opportunità di un modello organizzativo più flessibile? E le piccole e medie?
La pandemia ha dimostrato che il modello ibrido e intelligente è tecnicamente fattibile per un’ampia gamma di professioni. Anche per quelle in cui la maggior parte delle mansioni prevede il lavoro in presenza, come l’ospitality o i trasporti, ci sono alcuni compiti che possono essere svolti su base ibrida, come quelli legati alla pianificazione o al coordinamento. Se il lavoro ibrido è ben organizzato e gestito, può migliorare la produttività: serve però un cambiamento organizzativo importante, a cominciare dalla gestione accurata degli orari all’interno di un’azienda o di un team. Molte aziende di tutte le dimensioni hanno già colto questa opportunità e di conseguenza il lavoro ibrido è destinato a durare e le imprese devono adattarsi. In Italia, per esempio, la percentuale di annunci di lavoro sulla nostra piattaforma che offrono il lavoro ibrido è rimasta stabile per tutto il 2022 e il 2023, al 6-7%, al di sotto della Germania e del Regno Unito ma simile alla Francia.

L’intelligenza artificiale applicata al mondo HR presenta oggi maggiori vantaggi o maggiori criticità? E in futuro?
Come molte nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale è allo stesso tempo eccitante e preoccupante. Nel mondo delle risorse umane, l’AI può aiutare ad associare le persone ai posti di lavoro in modo più rapido ed efficace, prendendo in considerazione non solo le informazioni presenti sui CV di chi sta cercando lavoro ma anche i loro interessi e le loro preferenze, nonché le caratteristiche dei “place to work” offerti dalle aziende. Provo a fare un esempio: in Indeed, ogni giorno, vengono generati più di 300 terabyte di dati, che nascono dalle 30 milioni di offerte di lavoro pubblicate e dalle 350 milioni di persone in cerca di lavoro che visitano il sito a livello globale ogni mese e che alimentano un algoritmo in grado di aiutare sia i candidati sia i datori di lavoro a vagliare le informazioni presenti sul sito stesso. Allo stesso tempo, noi siamo chiamati ad assicurarci che l’uomo abbia il controllo mentre l’uso dell’intelligenza artificiale si espande: sono gli esseri umani a dover prendere le decisioni finali su questioni – come l’assunzione, la valutazione delle prestazioni e il licenziamento – che riguardano il lavoro, la vita e la carriera di altri esseri umani. Dobbiamo diffidare dei pregiudizi che gli algoritmi guidati dall’AI possono indurre, come ad esempio raccomandare le donne per certi lavori e gli uomini per altri, basandosi solo sulla replica di modelli storici.

La Gen AI rischia di compromettere la centralità della persona nelle Hr?
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e di quella generativa in particolare è ancora in corso, e di conseguenza gli effetti dell’adozione diffusa di questi strumenti sul posto di lavoro non saranno noti prima di molti anni. Alcune cose sono però certe: gli algoritmi di AI e gli strumenti di Gen AI avranno un impatto su quasi tutte le professioni in diversa misura ma sappiamo anche che è improbabile che soprattutto questi ultimi possano sostituire completamente molti lavori. Man mano che la tecnologia continua ad apprendere determinate competenze associate a determinati lavori, invece, è molto facile che ne trasformerà alcuni più di altri. In definitiva, la GenAI dovrebbe avere – nella migliore delle ipotesi – un impatto solo discreto nello svolgimento della maggior parte delle funzioni e, come ci dicono le nostre stime, meno del 20% dei lavori attuali è altamente esposto ai cambiamenti che apporterà questa tecnologia, mentre più di un terzo delle professioni ne sarà interessata al livello potenziale più basso.

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