EDITORIALE
di Federico Geremicca Fonte: La Stampa Quattro ore di discussione pubblica, tesa e senza rete: eppure il senso della Direzione Pd in diretta streaming, è tutto – in fondo – in un duro scambio di battute.Renzi: «In 10 mesi sulle riforme è un elenco di fallimenti. Se pensiamo di andare avanti come se niente fosse, saremo spazzati via». Letta (da Palazzo Chigi): «Sono d’accordo su un nuovo inizio. Ovviamente ho un giudizio diverso sui nostri nove mesi di lavoro».
Eccola qui, dunque, la questione delle questioni, che viene prima della legge elettorale, dello ius soli e di tutto il resto: il destino, il futuro del governo in carica.
Che sia questa la posta in palio – nel Pd ma non solo nel Pd – ieri è finalmente apparso con crudissima chiarezza, perché il neo-segretario dei democratici (sorprendendo perfino i renziani più renziani) non ha annacquato nessuna delle critiche che muove da settimane all’esecutivo e anzi – se possibile – le ha perfino accentuate. «Il governo è al minimo storico di popolarità – ha detto in Direzione – e il nostro problema è invertire la china… oppure rischiamo che al voto europeo il fallimento ricadrà su di noi».
Perfino sprezzante in alcuni passaggi («Ho visto ministri dimettersi per un “chi”, ma non per la condanna di Berlusconi») Matteo Renzi non ha fatto né sconti né concesso attenuanti al lavoro (al «fallimento») dell’esecutivo guidato da Enrico Letta. E se il giudizio del leader democratico sul governo in carica già costituiva un problema da settimane, da ieri si è trasformato nel problema dei problemi: i toni, infatti, si sono ulteriormente appesantiti e le intenzioni del sindaco-segretario, di conseguenza, continuano ad essere circondate da sospetti crescenti. «Se ogni volta che apro bocca – ha lamentato ieri – voi cominciate a dire che voglio le elezioni anticipate, allora non andremo da nessuna parte…».
Eppure il sospetto, a questo punto, è giustificato e reso lecito – in fondo – dalla stessa direzione di marcia del segretario. Renzi, infatti, non perde occasione per definire fallimentare il bilancio del governo eppure non intende occuparsi – e quindi favorire – l’invocato rimpasto che potrebbe rafforzare e rilanciare l’esecutivo; chiede che nella nuova agenda di governo alla quale lavora Letta vengano inseriti provvedimenti indigeribili per il Nuovo Centrodestra di Alfano; ripete di voler incontrare Berlusconi per discutere anche con lui di riforma elettorale e ogni sua uscita – insomma – sembra fatta apposta per appesantire e rendere meno gestibile una situazione già di per sé assai complicata.
E’ possibile, in realtà, che il leader democratico intenda tener aperte – finché possibile – entrambe le strade: scivolare verso le elezioni anticipate, se riuscisse davvero ad arrivare ad una nuova legge elettorale, oppure sostenere «criticamente» l’esecutivo, se la riforma del sistema di voto non dovesse andare in porto. I tempi della scelta, però, si vanno intanto inesorabilmente accorciando: e non è questo il suo unico problema. Colloquio dopo colloquio, infatti, Renzi va convincendosi che – al di là di questo o quel roboante proclama – la voglia di tornare alle urne non è poi così diffusa… Ed è un impedimento non da poco.
Per dirla con più chiarezza: al momento, il segretario Pd è probabilmente l’unico leader a volere davvero un voto che – vedendolo probabilmente facile vincitore, stando ai sondaggi – dividerebbe il mondo politico in sconfitti (gli avversari del centrodestra) e succubi (gli alleati di governo e la parte di Pd che gli si oppone). Chi e perché, insomma, dovrebbe regalare a Matteo Renzi elezioni anticipate in un quadro così? Ed è per questo che i suoi toni si alzano, le critiche al governo si fanno sempre più affilate e lo stile politico (quello di sempre) non raccoglie né inviti alla prudenza né al senso di responsabilità, considerata la crisi ancora galoppante.
La sfida tra i due «giovani leoni» democratici si fa dunque incandescente, come era largamente prevedibile. Ma col mondo politico che sta col fiato sospeso e le cancellerie europee che si interrogano su cosa diavolo stia risuccedendo in Italia, restano davvero pochi giorni a Letta e a Renzi per raggiungere quell’intesa a lungo e invano ricercata. Un’intesa, un patto, nel quale – ad onor del vero – quasi nessuno crede più…