21 Novembre 2024

Yonatan Shay, colono e direttore del movimento: «La Cisgiordania ci appartiene. Dovremmo avere il coraggio di annettere tutto, non esiste alcuna soluzione con due Stati»

È mattina di fronte alla Tomba dei Patriarchi a Hebron. L’area è deserta. Presidiata dai soldati israeliani a ogni angolo. È la zona H2 della città, quella in cui palestinesi e coloni vivono insieme. Yonatan Shay è lì, a pregare. È il direttore dell’ufficio di pubbliche relazioni di Im Tirtzu, il più grande movimento sionista in Israele. Movimento extraparlamentare fondato nel 2006 da intellettuali, studenti e riservisti, ritiene che l’indipendenza sia stata solo l’inizio del movimento sionista e che da qualche parte lungo la strada Israele abbia perso la fede nella «rettitudine della sua via», per questo lavora per rafforzare e promuovere i valori del sionismo nella società israeliana e formare una nuova generazione di dirigenti statali: costruire un’elite sionista. Im Tirtzu gestisce il più grande programma accademico extracurriculare sionista in Israele, e ha ricevuto ampio sostegno dal governo israeliano. L’incontro con Yonatan Shay è casuale, ma da subito si nota quanto sia abituato a parlare alla stampa. «Siete giornalisti?» – dice, vedendo telecamera e taccuino «Se volete la mia opinione sulla realtà politica delle persone a Hebron, il punto di vista dei coloni ebrei, mi farebbe piacere darvela».

Quindi lei si definisce un colono, giusto?
«Secondo la mia educazione ebraica ogni israeliano è un colono perché essere coloni è un imperativo per rispondere alla volontà di Dio. Quindi tutti sono coloni, anche le persone a Tel Aviv e Haifa e Beer Shiva. Siamo coloni nella Terra Santa. Questa parte della Giudea e della Samaria (i coloni si riferiscono alla Cisgiordania come Giudea e Samaria, due antichi regni israeliti, termini sono utilizzati anche a livello amministrativo dal governo israeliano, ndr), Hebron e anche Gerusalemme, la capitale della Giudea, sono il vero Israele. Il vero Israele è la Giudea e la Samaria. Come lo chiamate voi nei media occidentali? Cisgiordania?»

Cisgiordania, sì.
«Io no, e come me la maggior parte degli israeliani, la chiamiamo Giudea e Samaria, è importante colonizzare questa terra e fare sì che sempre più ebrei occupino questa zona, per la nostra sicurezza e per il futuro, perché fa parte del nostro rapporto con Dio».

Dall’altra parte del check-point, qui a Hebron, ci sono palestinesi che non hanno libertà di movimento, a Sud di Hebron numerose comunità palestinesi sono state costrette a sfollare dalle proprie case. Cosa ne pensa?
«I palestinesi vogliono farci passare per conquistatori, come persone che stanno operando un regime di segregazione. Se demoliscono le case a Sud delle colline di Hebron, forse queste case non avevano le giuste autorizzazioni. Se non li ricevono è un problema loro. Se costruisci senza avere i permessi ti demoliranno la casa sicuramente».

Saprà sicuramente che la quasi totalità delle richieste dei palestinesi vengono rigettate.
«Non vogliono semplicemente accettare la sovranità dello Stato di Israele, vogliono vivere in Palestina. Vogliono costruire l’identità palestinese ma non perché ci credono davvero, stanno solo liberando la terra dalla “cosiddetta” occupazione israeliana solo perché danno loro attenzione, si chiedessero come mai l’Autorità Palestinese non fa niente per loro».

Perché la definisce “cosiddetta”? È un’occupazione di fatto.
«Non lo è. È la narrativa dell’Onu, che ha a sua volta adottato la narrativa dei palestinesi secondo cui occupiamo la Giudea e la Samaria. Ma vede, non si può occupare qualcosa che è già tuo da 3000 anni. Nel 1967 abbiamo cominciato a liberare quello che avremmo dovuto finire meglio nel 1948. Non possiamo proteggere le nostre terre senza le colline della Samaria, non possiamo controllare la Giudea senza controllare tutta l’area di Gerusalemme. Gerusalemme è il centro della Samaria. Non possiamo immaginare Gerusalemme “territorio occupato”. La distinzione tra Est e Ovest della città non significa niente per noi. Questa è la nostra idea dello Stato di Israele ed è maggioritaria mi creda nella nostra società, l’unica corretta. Anche se alcune persone si ostinano a chiamarli “territori palestinesi occupati”».

Pensa che i palestinesi abbiano il diritto di vivere in Cisgiordania?
«Non accettiamo l’idea che nel nostro territorio si formi un altro “Stato” dittatoriale come consideriamo gli Stati arabi. Se lo facciamo nelle altre terre arabe, non qui».

Quindi non crede nella soluzione dei due Stati?
«No come non ci crede la maggior parte degli israeliani».

Qual è la soluzione?
«Potrebbero vivere qui, ma non con gli stessi diritti. Siamo una democrazia in cui la demografia è un elemento essenziale. Dovrebbe essere qualcosa di graduale, come a Gerusalemme Est, potrebbero essere cittadini residenti senza diritto di votare per la Knesset».

Gli insediamenti sono considerati illegali dal diritto internazionale.
«Secondo l’interpretazione della legge internazionale fatta dall’Occidente ma non da noi. Posso dirle una cosa? Questo caos in Giudea e Samaria è determinato dal fatto che Israele non ha ancora avuto il coraggio di annetterla».

È questa dunque la soluzione che proponete? Totale annessione dei territori palestinesi occupati.
«Per il bene di palestinesi ed ebrei dovremmo annettere tutto sì, gradualmente. La comunità internazionale dovrebbe riconoscere il fatto che questa è la terra storica del popolo ebraico e che ha il diritto a vivere qui e sarebbe bene anche per i palestinesi. Ora è una catastrofe, ma gli scontri avranno fine da un lato e dall’altro solo quando i territori saranno tutti annessi. Gli alleati, anche i più importanti come gli Stati Uniti, si abitueranno all’idea che faremo il migliore uso possibile di queste terre per la salvaguardia dei diritti e per il futuro del Medio Oriente».

Ha parlato di alleati importanti, ma è proprio dagli Stati Uniti che stanno arrivando dure critiche all’operato dei coloni, nonché l’annuncio di sanzioni.
«Penso che parte della politica americana sia ostaggio di questa ideologia di sinistra. Cercano di usare mezzi come le sanzioni come deterrenti per i nostri obiettivi, ma speriamo che le elezioni del 2024 riporteranno ai vertici statunitensi attori politici più vicini alle nostre istanze, come lo era Trump».

Quando osserva i numeri della guerra a Gaza. Ventimila vittime.
«Ventimila terroristi».

Quando vede le foto di bambini, neonati, donne, anziani, può davvero definirli terroristi?
«Forse molti non sono terroristi ma Hamas ha rapito, ucciso, violentato le nostre donne e i nostri bambini. Ci attaccano dalle scuole e dalle moschee. Quindi tutti i civili che sono stati uccisi, mi spiace per loro, piango per loro, forse sono persone innocenti, ma non potete incolpare gli ebrei per proteggere se stessi da 2000 anni. Stiamo cercando di salvare vite umane come possiamo».

Sa che i civili a Gaza non hanno un posto dove andare, non possono scappare da nessuna parte per mettersi in salvo?
«La nostra aviazione ha lanciato dei volantini per avvertire dei bombardamenti, quale altro esercito al mondo avverte prima di lanciare una bomba?».

Avrà sentito le parole del segretario generale Guterres, le denunce delle organizzazioni umanitarie, il mancato accesso di viveri, la catastrofe umanitaria. Non ha il dubbio che la risposta militare sia sproporzionata?
«Non ho un brandello di dubbio. È la cosa giusta da fare. Le critiche arrivano da chi è ossessionato di ridimensionare Israele non da ora ma da tempo. Stiamo facendo la cosa giusta, non possiamo fare di più per prevenire la morte di persone innocenti a Gaza. 1400 donne, bambini, anziani sono stati uccisi nella maniera più brutale e barbarica, e ora è il momento di rivalersi».

La sua organizzazione crede nel diritto internazionale?
«Credo che vada interpretata secondo la ragione, secondo i fondamenti storici, cioè l’autodefinizione dello Stato degli antenati. Penso che dovremo continuare a combattere, continueremo a stare nella terra dei nostri antenati per sempre».

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