22 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Massimo Franco

L’affondo di Guy Verhofstadt contro il premier e i nodi sulla Tav e sul Venezuela


Si assiste a una singolare nemesi, nei rapporti tra Movimento Cinque Stelle e capo dei liberali europei, Guy Verhofstadt. A gennaio del 2017, i seguaci di Beppe Grillo e il gruppo dell’esponente belga cercarono un accordo. E la trattativa andò avanti a lungo, anche se finì male. Martedì, invece, lo stesso Verhofstadt che lo voleva allora fortemente è stato autore di un’aggressione verbale contro Giuseppe Conte, espressione dal M5S. Lo ha definito «un burattino» dei suoi vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini, causando la reazione giustamente risentita del premier.
L’offesa ha lasciato un livido diplomatico nei rapporti col Parlamento Ue. E ha sgualcito il compromesso che Conte aveva raggiunto con le istituzioni di Bruxelles quando, a dicembre, la manovra economica del suo governo rischiava di provocare l’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia. Ma l’episodio, deprecabile e denunciato perfino dalle opposizioni, dice quanto in soli due mesi il nostro Paese abbia consumato parte della credibilità ottenuta anche grazie alla mediazione di Conte; e quanto un isolamento crescente dia frutti avvelenati.
Se un personaggio controverso come Verhofstadt può permettersi di insultare il capo del governo senza provocare una vera reazione degli altri parlamentari, il problema è dell’Ue ma anche dell’Italia. E deve far riflettere. Sebbene dopo il colloquio telefonico tra il capo dello Stato, Sergio Mattarella, e il presidente Emmanuel Macron, l’incidente culminato col richiamo dell’ambasciatore a Roma stia rientrando. Ma l’incontro in Francia tra il vicepremier dei Cinque Stelle, Di Maio, e i «gilet gialli», ha lasciato un segno negativo.
Sarà vero, come sostiene il capo leghista Matteo Salvini con parole liquidatorie, che i critici dell’Italia populista «sono bifolchi e buzzurri che hanno insultato un Paese»; e che presto, dopo le Europee del 26 maggio, «cambieranno mestiere». Resta da capire quale Italia, e in quali condizioni economiche, arriverà alle urne; e se i nuovi equilibri porteranno davvero a un atteggiamento più accomodante verso Roma.
Il ripensamento italiano sulla Tav, l’Alta velocità Torino-Lione, non aiuta. E nemmeno le divisioni sul Venezuela, col M5S di fatto a favore del regime di Maduro; e la Lega contro, in linea con Usa e Ue. E col ministro degli Esteri, Enzo Moavero, costretto a una faticosa ricucitura quotidiana. Tra l’altro, fino a ieri la filiera «pro Maduro» si faceva scudo strumentalmente della posizione del Papa. Ma dopo la lettera di Francesco al «signor Maduro», è più chiaro che il Vaticano sta accentuando le distanze da un regime fallito.

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