20 Settembre 2024

Fonte: La Stampa

di Andrea Garucati

Una gaffe chiude l’incontro tra le forze di sinistra e la delegazione Pd guidata da Piero Fassino. «Non abbiamo dato la disponibilità a una trattativa, le differenze di impostazione politica fra noi e il Pd sono su temi di fondo che interessano la vita delle persone e su queste non ci sono dei credibili piani di convergenza», spiega la capogruppo di Mdp al Senato Cecilia Guerra. Poi è il turno di Giulio Marcon, capogruppo di Sinistra italiana alla Camera: «Il 3 dicembre faremo un’assemblea della lista unitaria, Pietro Grasso ci sarà e sarà il nostro leader». Una frase non concordata con gli alleati, e meno che mai con il presidente del Senato. Che fa sapere a stretto giro di non avere ancora «sciolto la riserva» sul suo futuro politico. Marcon si precipita a correggere il tiro e in una nota spiega che «il mio era solo un auspicio». «Non voglio tirare per la giacca il presidente del Senato, che farà le scelte che riterrà più opportune, quando lo deciderà».
Negli ultimi giorni Grasso ha ricevuto numerose telefonate dai big del Pd e dai padri nobili come Romano Prodi. I dirigenti dem gli hanno ribadito la proposta di correre da indipendente nelle liste Pd, come aveva già fatto nel 2013. Il Professore invece ha provato a convincerlo a stringere un patto tra il Pd e la lista di sinistra che lui si appresta a guidare. Il presidente del Senato ha risposto a Prodi di non avere alcun titolo per parlare di alleanze, non essendo ad oggi alla guida di alcuna forza politica.
In realtà, come dimostra la gaffe di Macron, dietro le quinte tutto è pronto per la discesa in campo di Grasso, che avverrà il 3 dicembre all’assemblea che lancerà la lista unitaria tra Mdp, Sinistra italiana e Possibile di Pippo Civati. Ma il galateo istituzionale prevede che Grasso resti in silenzio fino al via libera alla manovra a palazzo Madama. Il presidente intende poi comunicare personalmente le sue scelte, e non delegare a nessuno questo dossier.
Alla fine dell’incontro Fassino ha espresso il suo rammarico: «Non capisco perché ci si debba precludere il confronto, ma i matrimoni per farli bisogna essere in due e prendiamo atto della indisponibilità. Continueremo con le altre forze con cui abbiamo interloquito». L’ex leader dei Ds racconta di aver presentato alle sinistre «una proposta vera e sincera di misure che potessero portare a una convergenza». «Sul lavoro abbiamo proposto misure integrative sul Jobs act per rendere più conveniente il contratto a tempo indeterminato, misure integrative di maggiore
tutela in caso di licenziamento, il raddoppio delle risorse per il reddito di inclusione, aumento delle risorse per il fondo sanitario nazionale e avvio del superamento del superticket. E anche la stabilizzazione e l’allargamento a una base di lavoratori più ampia dell’anticipo della pensione». «Ci hanno risposto con un muro, ma noi insisteremo, non siamo fuori tempo massimo, mancano ancora alcuni mesi», propone Maurizio Martina, vicesegretario del Pd. Roberto Speranza, coordinatore di Mdp, non lascia spazio a ripensamenti: «Il Pd rivendica, come è legittimo che sia, l’agenda politica di questi anni e noi siamo alternativi a questa agenda su scuola, sanità e lavoro. Usciamo da un teatrino fatto dai gruppi dirigenti: i messaggi sono diversi e non sono compatibili».

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