22 Novembre 2024

Presa la base della brigata Khan Younis, guidata dal fratello del capo di Hamas. Il fronte interno a Tel Aviv strattona il premier, e gli Usa premono perché accetti la bozza d’intesa

Sinwar sì, ma il minore. Le truppe israeliane sono riuscite a catturare la base della brigata Khan Younis guidata da Mohammed, fratello del capo di Hamas, e hanno perquisito — annunciano i portavoce dell’esercito — la sua stanza di comando dove hanno trovato mappe e documenti per la pianificazione degli assalti al Sud del Paese di quattro mesi fa. Dentro le mura del quartier generale i fondamentalisti avevano anche ricostruito i modelli dei cancelli di ingresso ai kibbutz per addestrare i terroristi agli attacchi.
Mohammed e Yahya restano nascosti nei bunker sotterranei: assieme al «fantasma» Mohammed Deif sono gli obiettivi dell’offensiva contro la cittadina che – a questa intensità – dovrebbe durare ancora una settimana. È in quelle gallerie che i leader dell’organizzazione fuori dalla Striscia dicono di aver recapitato la bozza d’intesa delineata la scorsa settimana a Parigi da americani, egiziani e dal Qatar, in questi anni sponsor finanziario e sostenitore di Hamas. Al vertice aveva partecipato anche David Barnea, il capo del Mossad israeliano, mentre i boss del gruppo hanno ricevuto il documento al Cairo e avrebbero dovuto — secondo alcuni giornali arabi — dare una risposta ieri sera. Per ora sembrano prendere tempo, un portavoce del movimento ripete: «La decisione arriverà presto». Ismail Haniyeh — ospite a Doha nei lussi offerti dal Qatar – pretende che il numero di detenuti palestinesi scarcerati in cambio degli ostaggi tenuti a Gaza sia molto più alto di quello accordato con l’intesa del novembre scorso. Soprattutto chiede che il cessate il fuoco sia da subito permanente e l’esercito si ritiri dai 363 chilometri quadrati, dove in 120 giorni di guerra i palestinesi uccisi sono oltre 27 mila.
Gli americani — rivela il tg del Canale 13 — stanno premendo su Benjamin Netanyahu perché accetti una tregua di quattro mesi a Gaza, anche perché sono sempre più preoccupati che gli scontri quotidiani con l’Hezbollah libanese — ieri molto duri — diventino conflitto totale.

La giacca blu del premier israeliano sembra strattonata anche dai ministri nel suo governo e del suo Likud: reclamano che questa volta qualunque patto per il ritorno dei sequestrati sia valutato e discusso da tutto il consiglio, non solo da quello ristretto. Queste divisioni interne – scrive il quotidiano Haaretz – farebbero però parte del gioco delle parti e sarebbero state orchestrate (per poi lasciarle trapelare) dallo stesso Netanyahu, cerca di dimostrare agli americani di non poter concedere più di tanto: «Non accetteremo qualsiasi accordo a qualsiasi prezzo», dichiara.
La spaccatura vera sarebbe con Benny Gantz, che ha lasciato l’opposizione per entrare nel gabinetto di guerra: l’ex capo di Stato Maggiore e il suo partito ripetono che gli ostaggi sono la priorità e vanno riportati a casa adesso. Gli attacchi veri a Bibi, com’è soprannominato, sono quelli degli oltranzisti messianici Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich: si oppongono alla possibile intesa, proclamano di voler mantenere il controllo sulla Striscia e ricostruire gli insediamenti evacuati da Israele nel 2005. Fino all’ultimo gli americani hanno pensato di inserire anche loro nella lista di coloni estremisti colpiti dalle sanzioni decise da Biden: ieri la banca israeliana Leumi ha congelato il conto di uno dei quattro estremisti indicati dalle misure punitive, una decisione che Smotrich ha già annunciato di voler ribaltare.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *