22 Novembre 2024

Dalla sicurezza stradale alle nuove professioni sulla rete, il paradosso di avere contemporaneamente un surplus legislativo e dall’altra mancanze preoccupanti

L’incidente automobilistico di Casal Palocco, a Roma, che ha interrotto drammaticamente la giovanissima esistenza di un incolpevole bambino di cinque anni, ha riproposto con forza la necessità di risolvere problemi che caratterizzano il nostro tempo e, purtroppo, il nostro Paese.
Il primo è certamente rappresentata dal conseguimento di una maggiore sicurezza stradale, circostanza che il 27 giugno scorso è stata affrontata dal Consiglio dei Ministri il quale oltre ad approvare un disegno di legge in merito, ha anche disposto la delega per la riforma del Codice della Strada, risalente all’ormai lontano 1992, al fine di riordinarlo alla luce dell’ormai indifferibile maggiore tutela dell’incolumità.
Si tratta di un provvedimento apprezzabile ed atteso anche se dobbiamo realisticamente supporre che le condivisibili novità introdotte, dai limiti per i neopatentati a più stringenti sanzioni per chi guida in stato di ebrezza, diventeranno operative in tempi non propriamente brevi dovendo passare al vaglio del Parlamento, prima di giungere all’approvazione definitiva.
Al contempo è riemersa l’esigenza di regolamentare l’ innovativo settore della «creator economy» il quale tra influencers, poadcasters e youtubers è in continua crescita anche nel nostro Paese dove, si stima, siano circa 350 mila i «professionisti» con un investimento di circa 300 milioni di euro nel solo anno 2022.
Senza dubbio l’attualità della questione è data dalla ormai accertata considerazione che numerosi sinistri si verificano a causa del tentativo di voler aumentare i visitatori del web per maggiori guadagni dalla pubblicità «a scapito della sicurezza e della responsabilità», come è stato ben posto in evidenza dal Giudice delle indagini preliminari che si è occupato dell’incidente di Casal Palocco.
I«content creator» svolgono un’attività non regolamentata, come per altro avviene in altre analoghe nel settore della pubblicità, della comunicazione, artistico, turistico. E ciò nonostante reiteratamente i giudici, in particolare quelli amministrativi (sent. cons. Stato n. 05213/2020) abbiano evidenziato che non possono essere abilitate nuove professioni senza una specifica legge nazionale.
D’altra parte una richiesta di regolamentazione, invocata anche dagli operatori interessati, consentirebbe di elidere o quantomeno contenere le anomalie più volte evidenziate dalle Istituzioni. Dalla violazione della concorrenza, alla repressione delle frodi, ma anche, forse soprattutto, dal crescente uso distorto dei social da parte degli influencers. In linea con quanto è avvenuto in Francia, che soltanto pochi giorni fa ha definitivamente approvato una legge che disciplina il settore, prevedendo anche sanzioni severe per i trasgressori punibili con la reclusione fino a due anni e 300.000 euro di multa, anche da noi non è ulteriormente procrastinabile l’apposizione di paletti legislativi per vietare la promozione di iniziative evidentemente pericolose, come ad esempio le scommesse, il gioco d’azzardo, la chirurgia estetica.
Oltre a ciò la straordinarietà della questione è data dal fatto che la stessa, debordando dagli argini dell’argomento specifico sin qui trattato, si estende ad una delle più annose e al contempo centrali insidie italiane, vale a dire quella dei vuoti normativi. Una vera aporia se posta in relazione al surplus legislativo che caratterizza il nostro ordinamento.In realtà i primi segnali di allarme sulle omissioni legislative risalgono ai primi anni Settanta, quando la Corte Costituzionale poneva la problematica della incostituzionalità di disposizioni legislative per quanto le stesse non dicevano. In altre parole veniva censurato il silenzio del Legislatore.A distanza di anni è legittimo chiedersi se in uno Stato moderno dal punto di vista sociale, economico e giuridico, come il nostro aspira ad essere, sia possibile tollerare che in numerosi settori strategici, a partire dalle disabilità fino a giungere a quello della piena tutela dei diritti, manchi una regolamentazione legislativa.

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