20 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Monica Guerzoni

Il 25 giugno soltanto sei donne, su 44 candidati, tenteranno di conquistare la fascia tricolore


I numeri, come spesso avviene in politica, sono lo specchio della realtà. E questa volta i numeri raccontano una realtà assai scoraggiante. Il primo turno di elezioni amministrative nei 25 capoluoghi di provincia in cui si è votato ha consegnato ai ballottaggi soltanto sei aspiranti sindache. Il 25 giugno soltanto sei donne, su 44 candidati, tenteranno di conquistare la fascia tricolore. Tre ce l’hanno fatta al primo turno e tutti e tre (sarà un caso?) sono uomini.Queste cifre raccontano la fatica immane delle donne italiane per far sentire la loro voce, anche in politica. A un anno dal trionfo di Virginia Raggi e Chiara Appendino, il fenomeno delle «sindache» è già una storia per la polvere degli archivi. Le statistiche sono da brivido. Su 90 capoluoghi di provincia le donne che siedono sullo scranno più alto del municipio sono sei, il 6,67 per cento del totale. Roma, Capitale dal 1871, ha avuto la sua prima donna sindaco nel 2016: un’attesa lunga 145 anni. Sembrava una rivoluzione, destinata a spennellare di rosa i comuni italiani. Invece la tendenza è negativa e deve far riflettere sul grado di maschilismo degli ambienti politici, che resta elevatissimo. La spinta alla parità di accesso indubbiamente c’è, ma in molti casi arriva da norme che obbligano all’alternanza uomo—donna. Sembrava una conquista acquisita, invece non lo è. Nel 2014 un fronte trasversale di franchi tiratori (maschi) impallinò le quote rosa dell’Italicum, poi reintrodotte. E al Senato il cosiddetto Consultellum non prevede la doppia preferenza di genere. Il che, si spera, costringerà il legislatore a intervenire.
Se il Parlamento italiano negli ultimi anni si è femminilizzato è soprattutto per le regole interne di alcuni partiti. Insomma, in politica si entra ancora, troppo spesso, per gentile concessione delle segreterie, il più delle volte guidate da uomini. E certo non aiuta l’affanno con cui le donne italiane, per carenze legislative, economiche e di servizi, lottano ogni giorno per conciliare il lavoro fuori casa con il lavoro di cura in casa. Un macigno sulle spalle, che pesa anche in politica.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *