20 Settembre 2024

Fonte: La Stampa

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di Francesco Semprini

Il leader Usa cancella le intese commerciali di Obama. Via l’accordo con in Paesi del Pacifico: agiamo da soli

Smarcarsi dagli schemi del multilateralismo per avere mani libere su fronte della lotta al terrorismo. È su questo binomio che si articola l’azione di Trump, da una parte impegnato ad abbattere a colpi di decreti gli ordini precostituiti sul piano commerciale, dall’altra lanciato a triangolazioni pindariche nella lotta allo Stato islamico. «Il presidente è aperto a lavorare con Mosca per combattere l’Isis in Siria», spiega Sean Spicer che non esclude azioni militari congiunte con la Russia. Un’intesa quella anti-califfato che può essere estesa a qualsiasi Paese impegnato su questo fronte e che vede un importante attore anche nell’Iran.
Del resto nella visione trumpiana anche la sponda del Cremlino è parte del progetto «America First», così come gli ordini esecutivi siglati ieri dal neopresidente. In primis quello che decreta il ritiro degli Usa dalla «Trans-Pacific-Partnership», l’accordo di libero scambio tra 12 Paesi dell’Area Asia-Pacifico voluto da Barack Obama. E con esso la rinegoziazione del North America Free Trade Agreement (Nafta) l’accordo costitutivo dell’area di libero commercio tra Usa, Messico e Canada. Trump ha annunciato pesanti dazi anche per le aziende Usa che spostano la produzione fuori dagli Usa e vendono negli Usa. «Nessun braccio di ferro ma anche nessun atteggiamento di sottomissione», replica il presidente messicano Enrique Pena Nieto (alla Casa Bianca il 31 gennaio) dopo una telefonata col premier canadese Justin Trudeau. Annunci che fanno fluttuare le valute: l’euro riprende terreno sul dollaro per i timori della prevedibile ondata protezionistica trumpiana, sfiorando gli 1,075 dollari. «Produrre in Usa e assumere americano», ha ribadito Trump nel corso del suo primo incontro alla Casa Bianca con i leader del business, promettendo di tagliare del 75% il quadro regolatorio e ridurre le tasse per sviluppare l’economia.
Il Presidente ha incaricato i capitani d’impresa, tra cui l’«amico» Mark Fields, ad di Ford, di elaborare in 30 giorni un piano per rilanciare il manifatturiero. E se dalla parte delle imprese si incentiva su quella della spesa pubblica si taglia. Come? Con un memorandum che congela le assunzioni del governo federale – fatta eccezione per le forze armate – per «abbattere il labirinto della burocrazia».
Il primo lunedì da presidente è stato però anche l’occasione di procedere con un’incursione nel terreno dei valori. Sempre a colpi di decreto Trump ha ristabilito il bando sull’erogazione di fondi federali alle Ong internazionali che praticano aborti, introdotto da Ronald Reagan nel 1984 e cancellato da Obama. La dimostrazione di voler mantener fede alle promesse fatte ai conservatori. Insomma un lunedì da leoni per il neo presidente nei confronti del quale prosegue l’arrembaggio nelle aule di tribunali con una nuova azione legale che lo vede accusato di aver violato la Costituzione consentendo ai suoi alberghi e alle altre attività di accettare pagamenti dai governi stranieri. Accusa «totalmente senza merito», replica l’inquilino della Casa Bianca il quale, a scanso di equivoci, fa sapere di «essersi dimesso dalle sua società».

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