Fonte: Corriere della sera
di Maria Serena Natale
Il leader di Atene richiama agli impegni condivisi. E propone un dialogo tra i progressisti
È la più grave crisi migratoria in Occidente dalla Seconda guerra mondiale. Oggi la Commissione europea presenta un piano d’emergenza per le operazioni di soccorso con una proposta di finanziamenti per 700 milioni di euro da destinare ai Paesi più esposti su un arco di tre anni. La prima linea è la Grecia di Alexis Tsipras.
Primo ministro Tsipras, dopo l’inasprimento dei controlli e la chiusura dei confini lungo la rotta balcanica ha dichiarato che il suo Paese non può diventare un «deposito d’anime». In Grecia l’Europa si gioca l’anima?
«In una crisi di dimensioni umanitarie la Grecia e il popolo greco rivelano il volto umano dell’Europa. E lo fanno di fronte a un’Unione che chiude le frontiere, dove crescono la xenofobia e la retorica intollerante dell’estrema destra. La Grecia è il territorio nel quale l’Europa confermerà i suoi principi e valori fondanti, come l’umanesimo e la solidarietà, o li tradirà. Sono convinto che non possa esistere un’Europa unita senza il rispetto assoluto per le lotte e i valori comuni, ma anche per le responsabilità e gli impegni condivisi. Dobbiamo affrontare insieme le difficoltà. Tutti insieme riusciremo, o tutti insieme falliremo».
Vienna rimprovera ad Atene «mancanza di volontà politica per ridurre il flusso». Il suo governo chiede che l’onere dell’accoglienza sia equamente ripartito tra le capitali, in un contesto dove si procede in ordine sparso e Paesi come la Grecia, già stremata dalla crisi economica, restano penalizzati dal sistema di Dublino che assegna allo Stato di primo ingresso il compito di curare le domande d’asilo. Cosa impedisce il decollo di una strategia coordinata?
«Noi non pretendiamo nulla più della solidarietà, che è un principio fondamentale dell’Unione Europea. Esigiamo che sia condivisa dagli Stati la gestione di una crisi che è superiore alle nostre forze. Dobbiamo passare a un impegno vincolante di tutti e per tutti, orientato alla ripartizione obbligatoria della responsabilità dei flussi, in proporzione — sottolineo — alle rispettive capacità. Perché l’Unione non può essere costruita su una logica che prevede regole per alcuni e solo benefici per altri, una logica profondamente anti-europea, in netto contrasto con il principio dell’integrazione. È impensabile che Paesi che non hanno accettato di accogliere nemmeno un profugo puntino il dito contro di noi. Riguardo alle accuse di non fare quanto dobbiamo sulle frontiere marittime, le considero un pretesto per giustificare azioni unilaterali che violano decisioni europee assunte collegialmente. Su Dublino, penso che sia ormai chiaro e accettato da tutti gli Stati che la sua riforma è necessaria. Inoltre è stupefacente dover ricordare così di frequente l’obbligo di rispettare il diritto internazionale ed europeo. Quando ci sono persone che rischiano la vita in acque greche, vale a dire europee, la Guardia costiera è obbligata al soccorso».
In concreto, come evitare le morti nell’Egeo?
«Dobbiamo individuare e reprimere il circuito dei trafficanti che agisce sulla costa turca. In questo ambito rafforziamo la collaborazione con Ankara. Sosteniamo con fermezza il piano d’azione Ue-Turchia e abbiamo concordato il supporto delle forze Nato per gestire la situazione. Speriamo che queste misure nonché il cessate il fuoco in Siria contribuiscano alla riduzione degli sbarchi».
In Europa i confini tornano linee di frattura in un generale rimescolamento di alleanze, dall’asse Berlino-Atene al blocco centro-orientale all’intesa Austria-Balcani. Italia e Grecia affrontano crisi incrociate. È immaginabile un compattamento del fronte mediterraneo sul doppio fronte dell’immigrazione e della flessibilità economica?
«Le alleanze non devono servire ad approfondire le contrapposizioni. Ora vedo la possibilità di una stretta vicinanza politica tra Grecia e Italia, perché condividiamo rivendicazioni e inquietudini. Abbiamo una visione comune. Credo che sul tema dell’equa ripartizione dei migranti ci sarà una buona collaborazione. Non intendo però sovrapporre le crisi facendo leva sull’emergenza migranti per ottenere flessibilità, non è il mio obiettivo».
Vede la necessità di un diverso approccio delle forze della sinistra europea?
«Chi deve cambiare approccio è l’Europa. Il linguaggio dell’odio trova terreno fertile perché negli ultimi anni hanno prevalso politiche di austerità che hanno generato povertà ed emarginazione. Ma per cambiare questo, occorre modificare gli equilibri politici. Quello che viviamo oggi è un conflitto di idee, tra progressisti e conservatori, tra la Sinistra e la Destra. A mio avviso, la Sinistra è in prima linea nella difesa dei valori europei di democrazia, giustizia e coesione sociale e costituisce l’unica valida alternativa alla destra estrema e populista. Ma è necessario che tutte le forze progressiste, indipendentemente dalla famiglia politica alla quale appartengono, comincino un vero dialogo per riportare l’Unione a questi principi. Credo che noi, i progressisti europei, possiamo ritrovare un’andatura comune verso un obiettivo comune: erigere un muro contro chi alza muri e divide l’Europa».