Slitta al 3 luglio la firma del memorandum che riguarda anche le migrazioni dalla costa. Il motivo ufficiale è una festività, ma le distanze rimangono
Doveva arrivare il 28 giugno, formalizzando l’intesa lanciata con la missione a tre di inizio giugno della premier italiana Giorgia Meloni, del suo omologo olandese Mark Rutte e della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. È slittata al 3 luglio per le «discussioni ancora in corso» fra le parti. La Ue e la Tunisia hanno rinviato la firma del memorandum d’intesa prevista lunedì con una trasferta ad hoc del commissario all’Allargamento Oliver Varhelyi.
L’accordo avrebbe dovuto sbloccare una prima tranche di aiuti per 150 milioni di euro al Paese nordafricano, con la prospettiva di erogarne altri 900 milioni in caso di intesa con il Fondo monetario internazionale per il prestito da quasi 2 miliardi di dollari che vacilla da mesi.
La motivazione formale del rinvio è la concomitanza della «Festa del Sacrificio (una festa nazionale tunisina, ndr) – ha detto una portavoce della Commissione Ue – Quindi potremo continuare le discussioni solo a partire da lunedì. Il nostro obiettivo è riuscire a portare avanti questo protocollo d’intesa subito dopo il Consiglio europeo». Quella sostanziale sembra legata a nodi da definire in un protocollo che tocca anche uno dei dossier più caldi a Roma e Bruxelles, la gestione dei flussi migratori.
Dalla Tunisia la metà delle partenze verso l’Italia
La firma dell’accordo era stata anticipata ai media dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, preannunciando un pacchetto di aiuti e accordi bilaterali di alcuni «pilastri» lungo l’asse Tunisi-Bruxelles. I principali sono il rafforzamento del sostegno economico, la transizione energetica dell’industria tunisina e il nodo più sensibile per il governo italiano: il «sostegno contro il traffico di essere umani», come la ha definito Tajani, riferendosi a misure di controllo delle partenze di migranti dalle coste tunisine. Il Paese nordafricano, una delle prime 20 economie continentali per Pil, è nel vivo di una crisi economica e sociale che si è acuita sotto il governo di Kais Saied, accusato di aver avviluppato Tunisi in una spirale di autocrazia e derive xenofobe.
La sua offensiva verbale contro i migranti subsahariani, denunciati come artefici di un complotto per «africanizzare» la Tunisia, gli sono costati una frattura con l’Unione africana e il congelamento di parte dei programmi della Banca mondiale, oltre a scatenare un’ondata parallela di rimpatri o fuga verso nord. La Tunisia ha fatto da base alla partenza di 30.549 dei poco più di 60.350 migranti approdati in Italia dall’inizio del 2023, secondo i dati rilevati dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati, un blocco che supera i quasi 28mila registrati dalla Libia. Un ulteriore tonfo del Paese, dato più volte sull’orlo del default, potrebbe scatenare una crisi che fa evocare paralleli con quella del 2015.
Cosa prevede il memorandum e il nodo del FMI
L’ambizione del memorandum concepito con la missione a tre di inizio giugno è quella di instaurare una partnership «allargata» sull’asse fra Bruxelles e Tunisi, secondo una schema di convenienza reciproca fra l’erogazione di fondi europei e l’assistenza offerta dal Paese nordafricano nella gestione dei flussi. Il raggiungimento della firma resta però appeso ad alcuni nodi, a partire da quello che incombe di più sull’agenda economica di Tunisi: il prestito da quasi 2 miliardi di dollari Usa che il Fondo monetario internazionale dovrebbe concedere a Tunisi, in cambio di condizioni che lo stesso Saied reputa «diktat» e non sembra disposto ad accettare.
L’Italia si è resa disponibile a mediare in prima persona, con tanto di una visita negli Usa del ministro Tajani per smuovere negoziati finiti in stallo da mesi “grazie” alla reciproca diffidenza fra il Fondo e i vertici tunisini. Saied mantiene la sua ostilità alle condizioni dettate da Washington, a partire dallo stralcio dei sussidi sui prezzi, con l’effetto di tenere in sospeso anche la quota più corposa dell’accordo – forse – in via di firma con la Ue. L’erogazione dei 900 milioni di euro della seconda tranche è, infatti, subordinata proprio alla firma dell’accordo con il Fondo. Senza, Tunisi dovrebbe “accontentarsi” della prima quota da 150 milioni di euro della Ue. Senza garantire le riforme o gli accordi che Bruxelles si sarebbe attesa in cambio.