Fonte: La Repubblica
di Paolo Galori
E’ arrivata nel pomeriggio la ratifica della misura annunciata mercoledì sera da Erdogan da parte dell’assemblea, dominata dal partito del presidente Akp. Orhan Kemal Cengiz, reporter e avvocato per i diritti umani, è stato arrestato con la moglie e collega Sibel Hurtas, poi rilasciata. Il suo nome era apparso in una lista nera diffusa da un account Twitter a sostegno del presidente
Con 346 voti a favore e 115 contrari, è arrivata nel pomeriggio di giovedì l’approvazione del Parlamento turco allo stato di emergenza per la durata di tre mesi, annunciato la sera precedente da Recep Tayyp Erdogan. Presidente e governo vengono dunque investiti di poteri speciali ed estesi. In base all’articolo 120 della Costituzione turca, lo stato d’emergenza non può essere proclamato per più di sei mesi, il Parlamento ha il potere di interromperlo o di estenderne la durata per periodi di quattro mesi rinnovabili.
Con lo Stato d’emergenza, il Consiglio dei ministri, presieduto dal capo dello Stato, può “emettere decreti aventi forza di legge”, sottoposti lo stesso giorno all’approvazione del Parlamento. Secondo gli osservatori, tra le misure più probabili che il governo turco potrebbe decretare, la limitazione della libertà di manifestare e di circolare, ma soprattutto di espressione, conseguente al controllo sui media. Anche se il vicepremier e portavoce del governo, Numan Kurtulmus, ha dichiarato che l’esecutivo spera di poter revocare lo stato di emergenza già dopo “40-45 giorni” e che in Turchia non vigerà alcun coprifuoco: “Di sicuro non è tra le misure previste, non vi saranno limitazioni a diritti e libertà”. Pochi minuti e a Istanbul sono apparsi posti di blocco nelle strade, polizia all’ingresso e all’uscita delle stazioni, alle fermate dei mezzi pubblici.
L’esito del voto in Parlamento era scontato. Perché l’Akp, il partito di Erdogan, controlla la maggioranza con 317 seggi su 550 e l’approvazione è arrivata a maggioranza semplice, col voto dei 461 deputati presenti. Tra i partiti di opposizione, i nazionalisti del Mhp avevano pubblicamente deciso di appoggiare lo stato d’emergenza perché “nell’interesse nazionale”, come dichiarato dal leader Devlet Bahceli. Profondo allarme, invece, nel principale partito di opposizione, il repubblicano Chp. “Questa è disonestà, ingratitudine, un golpe civile contro il Parlamento”, aveva denunciato a Cnn Turk il deputato e capogruppo Ozgur Ozel, prima dell’inizio della seduta. Per l’Hdp, partito per i diritti delle minoranze in cui trovano ampia rappresentanza i curdi, “il tentativo di golpe del 15 luglio – si legge in una nota – si è trasformato in un’opportunità e uno strumento per liquidare chi contesta il governo e per limitare ulteriormente i diritti democratici e le libertà. La gente è stata costretta a scegliere tra un golpe e un regime. Respingiamo con forza entrambe le opzioni”.
Assieme alla proclamazione dello stato d’emergenza, “la Turchia sospenderà la Convenzione europea sui diritti umani” ha annunciato il vicepremier Kurtulmus, aggiungendo: “Come ha fatto la Francia”. Dando così seguito alla polemica a distanza con Parigi che lo stesso Erdogan ha acceso durante il suo discorso di mercoledì sera. Quando ha paragonato lo stato d’emergenza deciso per la Turchia a seguito del golpe fallito alla stessa misura adottata in Francia dopo gli attentati terroristici. Erdogan ha poi risposto duramente al ministro degli Esteri francese Ayrault, che nei giorni scorsi aveva avvertito il presidente turco, “non può credere di avere carta bianca nel fare ciò che vuole dei golpisti”. “Pensi agli affari suoi – la secca replica in diretta tv -. E se vuole una lezione di democrazia siamo pronti a dargliela”.
La Convenzione europea, istituita a il 4 novembre del 1950 e in vigore dal 3 settembre del 1953, racchiude i diritti e le libertà fondamentali che i Paesi che hanno sottoscritto il trattato “aperto” – 47, oltre agli europei anche Turchia, Russia, Ucraina, Georgia e Azerbaidjan – si impegnano a rispettare e tutelare. Tra questi, diritto alla vita, alla privacy, a un processo equo, e ancora libertà d’espressione, di stampa, di pensiero, di coscienza e di religione, di associarsi e di riunirsi pacificamente. “Diritti fondamentali inalienabili – avverte da Washington l’alto rappresentante per la politica estera Ue Federica Mogherini -. Una sospensione della Convenzione è prevista, ma non è una deroga in bianco”.
Nel suo sesto protocollo, la Convenzione europea abolisce la pena di morte, autorizzando gli Stati a reinserirla nella legislazione solo per punire “atti commessi in tempo di guerra o di pericolo imminente di guerra”. Proprio il ritorno della pena di morte incombe sulla Turchia e nell’immediato sugli ufficiali e i reparti dell’esercito che hanno tentato il golpe. Ritenuti da Erdogan marionette manovrate da Fetullah Gulen, imam e politologo, proprietario di un gruppo che controlla media, scuole e istituzioni culturali, una volta suo alleato e oggi residente negli Usa, con Washington ora alle prese con la richiesta di estradizione di Ankara. Secondo l’agenzia di stampa di Stato, Anadolu, 109 tra generali e ammiragli sono agli arresti, sospesi dal ministero della Difesa 262 giudici e procuratori dell’apparato giudiziario militare.
La stessa Anadolu attribuisce al colonnello Levent Turkkan, aiutante del generale Hulusi Akar, capo di Stato Maggiore preso in ostaggio la notte del colpo di Stato, la piena confessione: “Sono un membro della rete ‘gulenista’, ho obbedito a ordini dall’alto”. Turkkan, viene riportato da Anadolu, ha anche ammesso di aver piazzato microspie nell’ufficio del generale Akar e in quello del suo predecessore, Necdet Ozel, capo di Stato Maggiore dal 2011 al 2015.
Il vice premier Mehmet Simsek ha dichiarato che dalla notte di venerdì scorso “più di mille soldati sono disertori” e attualmente in fuga, quelli arrestati sono finora 6.823. A proposito di disertori, gli otto militari turchi fuggiti ad Alexandroupoli, nella Grecia settentrionale, sono stati condannati a due mesi di carcere per essere entrati illegalmente nel Paese. Si tratta di due maggiori, quattro capitani e due sergenti. Per evitare l’estradizione, i militari hanno fatto richiesta di asilo politico. La decisione delle autorità competenti non arriverà prima di agosto.
E’ finita invece la fuga del luogotenente Ali Saribey, accusato di aver fatto parte del commando di circa 25 soldati delle forze speciali che la notte del golpe ha cercato di catturare il presidente Erdogan con un blitz in un hotel di Marmaris, sulla costa egea. Saribey è stato arrestato dalla polizia nella provincia sud occidentale di Mugla. Lo riporta Anadolu, citando fonti di sicurezza. Nell’ambito del regolamento di conti tra Erdogan e le forze armate infedeli, altri 384 soldati sono stati arrestati nella provincia sudorientale a maggioranza curda di Sirnak, una delle aree calde del conflitto con i separatisti curdi del Pkk. Tra i militari finiti in manette due colonnelli, quattro tenenti colonnelli e cinque maggiori.
Il discorso del presidente Erdogan è stato trasmesso mercoledì sera in diretta televisiva e seguito dai suoi sostenitori su maxischermi nelle principali città, con i turchi richiamati in piazza da un nuovo sms firmato dal leader dopo quello inviato nelle ore immediatamente successive all’entrata in scena dei carri armati dei golpisti. “Mia sacra nazione – si legge nell’ultimo messaggio, verificato dall’Ansa – non abbandonare la resistenza eroica che hai mostrato per il Paese, la Patria e la bandiera. Continuiamo la resistenza e il presidio democratico per dare una lezione ai terroristi traditori che tentano l’invasione del Paese. Le piazze non sono dei carri armati ma della nazione”. Firmato: “R.T. Erdogan”.
La notizia della prossima sospensione della Convenzione europea giunge contemporaneamente a quella dell’arresto a Istanbul di Orhan Kemal Cengiz, noto editorialista del quotidiano Ozgur Dusunce e soprattutto avvocato per i diritti umani, e di sua moglie Sibel Hurtas, giornalista del magazine Al Monitor. La coppia è stata fermata dalla polizia all’aeroporto “Ataturk di Istanbul”. Sibel Hurtas è stata successivamente rilasciata. Nei giorni scorsi, il nome di Cengiz era apparso in una presunta lista nera comprendente decine di giornalisti, diffusa da un account Twitter a sostegno di Erdogan. Il profilo social di Cengiz è ancora visibile ed è rimasto attivo nel tempo successivo alla notizia dell’arresto, quando è stato retwittato l’annuncio di Andrew Gardner di Amnesty International.
A Washington per il summit della Coalizione anti-Is, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha definito “inaccettabile” la reazione di Ankara al tentato colpo di Stato. “Ormai – ha dichiarato Gentiloni – la lunga scia delle vendette, delle liste di proscrizione, delle epurazioni e degli arresti di massa è davvero inaccettabile. Lo dice un governo che, come tutti i governi dei Paesi occidentali, ha condannato il tentativo di colpo di Stato. Ma la reazione non può stravolgere le regole dello Stato di diritto e del rispetto della legge”.
Passata dalle accuse turche, nemmeno velate, di complicità con i golpisti alla delicatissima pratica Gulen, la Casa Bianca ora si mantiene cauta. Alla notizia della sospensione della Convenzione europea sui diritti umani, il portavoce Josh Earnest ha invitato la Turchia “a proteggere le tradizioni e le istituzioni democratiche. Anche se la voglia di fare giustizia è comprensibile – ha aggiunto -, il governo deve dimostrare il rispetto del suo impegno verso la democrazia”. Mentre il segretario di Stato John Kerry, in conferenza stampa dopo il vertice sull’Iraq, ha ribadito: “Gli Usa sostengono il governo democratico” turco e “condannano il colpo di Stato”. Kerry si è rifiutato di commentare le “purghe” in corso. “L’unica cosa di cui gli Stati Uniti vogliono essere certi – ha dichiarato – è che la risposta (del governo turco) rispetti completamente la democrazia”.
Sull’odiato nemico Erdogan ha detto la sua anche il presidente siriano Bashar al Assad: “Ha sfruttato il golpe fallito per mettere in pratica l’agenda degli estremisti della Fratellanza musulmana”, pericolosa “per la Turchia e per l’intera regione”.