Fonte: Corriere della Sera
di Gian Antonio Stella
Dopo avere via via perso quote mondiali, ci vorrà il coraggio di fare delle scelte
La ricetta del Cunigghiu a’ stimpiratasuggerita ai turisti internazionali nelle pagine in english («Asciugate i pezzi di coniglio in una padella antiaderente…»: tutto in italiano tranne il titolo) non c’è più. Adesso spicca «The pane con la milza, or ‘u pani c’a meusa». Il messaggio ai turisti stranieri, ammesso possano arrivare, è «venite». Ma il nostro Paese non fa tutto il possibile per essere accogliente. A partire da un problema annoso, quello delle lingue.
Certo, il «piano Colao» un cenno al tema lo fa, suggerendo più attenzione a nautica, enogastronomia, shopping e progetti «di comunicazione in lingua rivolti ai Paesi target». Ma è un consiglio un po’ riduttivo per un Paese che, convinto d’essere il sogno di tutti i viaggiatori del pianeta, ha sempre l’aria di dire «de qua dovete passa’». Al punto di trascurare la prima delle regole da usare con gli ospiti: non pretendere che parlino la nostra lingua. I norvegesi cercano di attirare visitatori con un portale turistico in tredici lingue? Il portale turistico siciliano, nonostante la Germania sia «storicamente il principale Paese di provenienza dei turisti stranieri in Italia» e più ancora in Sicilia non ha manco un «Willkommen». Così la Campania. E altre regioni ancora. Come non fosse noto che nove turisti su dieci scelgono dove andare sul Web. Un «dettaglio» (salvo eccezioni) ignorato.
Cosa sia stato l’uragano Covid-19 l’ha spiegato, su dati Istat, Il Sole 24 Ore: senza il coronavirus «ci sarebbero state 81 milioni di presenze (ovvero il 18% del totale annuale), il 23% delle presenze annuali di stranieri, nonché il 20% delle presenze annuali in strutture alberghiere. Sempre nel trimestre i soli turisti stranieri avrebbero speso circa 9,4 miliardi di euro». Una botta durissima. Dopo la quale non basterà tornare «come prima». Col peso supplementare dell’incertezza di un ritorno di contagi, chiusure, quarantene. Né basterà il bonus di 500 euro (non è chiarissimo neanche come sarà distribuito) a ogni famiglia sotto un certo reddito che andrà in vacanza.
A livello mondiale, dice il recentissimo report del World Travel & Tourism Council in collaborazione con Oxford Economics, il business del turismo andava benissimo con una crescita nel 2019 del 3,5% superiore a quella globale dell’economia (2,5) per il nono anno consecutivo. Una sorta di epoca d’oro, segnata da un aumento che pareva promettere lo sfondamento entro una manciata di anni di un numero inimmaginabile di turisti totali: un miliardo e mezzo. Basti un dato: negli ultimi cinque anni un nuovo posto di lavoro su quattro è nato dal Travel & Tourism. Con la crisi Covid-19, spiega Wttc, siamo di colpo «in un territorio inesplorato». Le perdite di posti di lavoro sono previste quest’anno tra i 98,2 milioni e i 197,5 milioni. Le perdite sul Pil viaggi & turismo da 2.686 a 5,543 miliardi di dollari.
Illudersi che all’Italia possa andare meglio è umano ma non ha senso. «Il comparto prevede di perdere 350 mila posti tra i lavoratori stagionali, il 20% delle strutture rischia di chiudere e comunque non aprirà fino a settembre», spiegava l’altro giorno il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca, furente col governo, «Se non prolungano la cassa integrazione fino all’ultimo mese dell’anno sarà il Vietnam».
Ci vorrà il coraggio di fare delle scelte. Che tipo di turismo vogliamo, dopo avere via via perso quote mondiali (nel ’70 eravamo primi al mondo per numero di turisti, oggi quinti col rischio di altri sorpassi) forse irrecuperabili a causa dell’allargamento costante di nuove mete europee ma più ancora americane e asiatiche? Insistiamo con un certo turismo sgangherato che ha devastato migliaia di chilometri di coste o cerchiamo di «rammendare» il più possibile il nostro territorio, unico e bellissimo? Cerchiamo di rastrellare ancor più turisti mordi-fuggi e crocieristi e barbari in canottiera da riempire ogni bugigattolo in città delicate come Venezia per rifarci dei mesi più duri o proviamo a immaginare finalmente qualcosa di diverso? Ci rassegniamo (addio Alitalia…) ai pasticci sui biglietti di varie compagnie low cost straniere o chiediamo un po’ di rispetto per i nostri turisti e i nostri ospiti? Andiamo avanti col dilagare del «nero» che nella stessa capitale (lo dice un’analisi di Sociometrica, diretta da Antonio Preiti) è arrivato illegalmente a coprire il 31% dei posti letto mettendo in difficoltà gli albergatori in regola o vogliamo ripristinare la legge come hanno cercato di fare le sindache di Barcellona o Parigi che hanno dichiarato guerra agli abusivi e ai furbetti dell’intermediazione? L’Europa ci chiede riforme. Prenderci dignitosamente cura, tutti insieme e non solo gli eroi invisibili, di quel tesoro paesaggistico, artistico e monumentale del quale siamo (spesso immeritatamente) eredi sarebbe un passo straordinario.