19 Settembre 2024

Accordo fatto per il salvataggio: sul tavolo anche 100 miliardi di liquidità straordinaria e garanzie pubbliche su cause e minusvalenze

Ubs acquista la rivale Credit Suisse per oltre 3 miliardi di euro, in uno storico accordo per cercare di disinnescare la crisi in atto nel sistema bancario e che fa nascere una delle maggiori banche d’Europa. Ubs otterrà fino a 100 miliardi di liquidità dalla Banca centrale svizzera per far fronte a eventuali perdite di Credit Suisse. È insomma accordo fatto, al termine di un fine settimana di negoziati frenetici, quasi drammatici visto il rischio di un effetto contagio che peraltro vede adesso le principali banche centrali – Bce, Fed, più Giappone, Inghilterra e Canada – intervenire con nuove iniezioni straordinarie di liquidità.
Nel dettaglio Ubs acquista Credit Suisse per 0,76 franchi svizzeri per azione, o 3 miliardi di franchi svizzeri, secondo quanto si legge in una nota. «L’integrazione rafforza la Svizzera come centro finanziario globale», afferma il presidente di Ubs Colm Kelleher, al termine di una trattativa no stop iniziata mercoledì, secondo quanto dichiarato dalle autorità svizzere illustrando le nozze fra i due colossi.
L’elemento di maggiore evidenza per i privati è l’azzeramento deciso dalle autorità di mercato svizzere delle obbligazioni ’Additional tier 1 (At1) per 16 miliardi di franchi. Le At1 sono state lanciate una decina di anni fa, proprio come meccanismo di assorbimento delle perdite: la loro svalutazione rafforza la posizione finanziaria della banca riducendone le passività.

Il pacchetto di incentivi
In cambio dell’operazione, effettuata su pressione di politica e regolatori, Ubs ha ottenuto diverse altre misure a sostegno del salvataggio. In primis, 100 miliardi di liquidità extra da parte della Banca Nazionale Svizzera, poi 9 miliardi di garanzie pubbliche a copertura di esuberi, cause legali e minusvalenze da cessioni. Poi, uno schermo sulle cause legali e la possibilità di derogare alle norme che prevedono sei settimane di tempo ai soci per avallare transazioni di questo genere. Non solo: secondo quando riportato dalle agenzie internazionali Ubs avrebbe posto tra le condizioni eventualmente sospensive il caso in cui i Cds del Credit Suisse raggiungano livelli ritenuti troppo elevati.

Il concambio
Gli azionisti di Credit Suisse – si legge nella nota – riceveranno 1 azione Ubs ogni 22,48 azioni Credit Suisse detenute, pari a 0,76 franchi/azione per un corrispettivo totale di 3 miliardi di franchi svizzeri. Si prevede che la fusione delle due attività genererà un tasso annuo di riduzione dei costi di oltre 8 miliardi di dollari entro il 2027. Colm Kelleher sarà il presidente e Ralph Hamers, l’attuale Ceo di Ubs, sarà il Ceo della nuova entità. La transazione non è soggetta all’approvazione degli azionisti. UBS ha ottenuto il pre-accordo dalla Finma, dalla Banca nazionale svizzera, dal Dipartimento federale delle finanze svizzero e da altre autorità di regolamentazione principali sulla tempestiva approvazione della transazione.

Il piano di Hamers
«La fusione tra Ubs e Credit Suisse rafforzerà i punti diforza di Ubs e migliorerà ulteriormente la nostra capacità di servire i nostri clienti a livello globale e rafforzerà le nostre migliori capacità. L’operazione supporta le nostre ambizioni di crescita nelle Americhe e in Asia, rafforzando alla stesso tempo le nostra attività in Europa, e non vediamo l’ora di accogliere i nostri nuovi clienti e colleghi in tutto il mondo nelle prossime settimane», ha commentato Ralph Hamers.

L’offerta bocciata e il rilancio
In mattinata, secondo il rincorrersi di indiscrezioni, Ubs si era fatto avanti con un’offerta di 0,25 franchi per azione del Credit Suisse: un prezzo decisamente più basso degli 1,86 franchi a cui ha chiuso il titolo venerdì, per un esborso complessivo di circa un miliardo. Troppo poco secondo la banca in difficoltà, che avrebbe respinto al mittente l’offerta. Di qui, qualche ora dopo, la nuova proposta: due miliardi sul tavolo, 0,5 franchi per azione, e una serie di altre clausole.

La nazionalizzazione (con bail in) scampata
In caso di mancato salvataggio, il governo rossocrociato – praticamente in seduta permanente da ieri, e che stasera dovrebbe tenere una conferenza stampa – sarebbe pronto a nazionalizzare la banca. Una soluzione di sistema che inevitabilmente richiederebbe il coinvolgimento di alcune categorie di investitori – non solo gli azionisti – esposti sul Credit Suisse: di qui l’improvviso crollo dei bond in circolazione, soprattutto i subordinati, sulle piattaforme digitali. Il bail in, in qualunque sua forma, spaventa il mercato per definizione, a maggior ragione dopo che da venerdì sera aveva prezzato l’ipotesi delle nozze con Ubs in quella che con tutte le eccezioni del caso sarebbe stata comunque un’operazione di mercato.

Il rischio 10mila esuberi
Intanto, si apre anche un tema occupazionale importante. Secondo il sindacato rossocrociato dei bancari un’eventuale fusione tra le prime due banche domestiche porterebbe a circa 10mila esuberi, cifra-monstre di fronte alla quale l’associazione ha chiesto l’immediata apertura di un tavolo politico.

La liquidità delle banche centrali
A poche ore dal piano Ubs-Credit Suisse, un altro salvagente – di sistema- è stato annunciato dalle banche centrali. Si tratta di un’azione coordinata di Bce, Banca del Canada, Banca d’Inghilterra, Banca del Giappone, Federal Reserve e Banca nazionale svizzera per migliorare l’efficacia delle linee swap in dollari per offrire maggiore liquidità.
Lo ha reso noto la Bce in un comunicato. Per migliorare l’efficacia delle linee di swap nel fornire finanziamenti in dollari Usa, le banche centrali che attualmente offrono operazioni in dollari Usa hanno concordato di aumentare la frequenza delle operazioni con scadenza a 7 giorni da settimanale a giornaliera. Queste operazioni quotidiane inizieranno lunedì 20 marzo 2023 e continueranno almeno fino alla fine di aprile. La rete di linee di swap tra queste banche centrali è un insieme di operazioni attivabili su iniziativa delle controparti disponibili e funge da importante sostegno di liquidità per alleviare le tensioni nei mercati globali dei finanziamenti, contribuendo in tal modo ad attenuare gli effetti di tali tensioni sull’offerta di credito alle famiglie e alle imprese.

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