Fonte: Il Sole 24 Ore
di Beda Romano
Rispetto al debutto di Juncker, Ursula prende il timone in un contesto comunitaria che vede superata la crisi debitoria ma aggravata quella politica. Le previsioni del centro-studi Bruegel Maria Demertzis
È fissata per martedì qui a Bruxelles la presentazione della nuova Commissione europea, presieduta dall’ex ministra della Diifesa tedesca Ursula von der Leyen. A tutt’ora la distribuzione delle deleghe ai 26 commissari rimane incerta. È noto che l’Italia punti a un influente portafoglio economico. Più chiari appaiono la strategia del nuovo esecutivo comunitario e gli obiettivi che si darà una volta in carica, dal primo novembre prossimo.
Il presidente Jean-Claude Juncker giunse alla guida della Commissione europea nel 2014, nel pieno della crisi debitoria in Grecia. In questi cinque anni, ha voluto imprimere una dose di federalismo nell’assetto istituzionale europeo per rendere più efficace l’azione comunitaria. Tra le altre cose è nato il Meccanismo europeo di Stabilità (Esm). La signora von der Leyen prende il testimone dall’ex premier lussemburghese in un contesto diverso. La crisi debitoria è stata superata. Rimane quella politica.
Secondo gli economisti del centro-studi Bruegel Maria Demertzis, André Sapir e Guntram Wolff, il nuovo establishment ha dinanzi a sé tre «formidabili sfide: definire il ruolo dell’Europa in un mondo sempre più bipolare tra Stati Uniti e Cina (…); contrastare il riscaldamento globale che deve indurre i politici a guidare una profonda trasformazione delle nostre economie (…); adottare una politica di bilancio pro-attiva che possa portare a una riforma del governo dell’economia nella zona euro».
Recenti discorsi dell’ex ministra tedesca fanno capire che quest’ultima è perfettamente consapevole della necessità di riavvicinare l’Unione europea ai cittadini comunitari pur di contrastare il crescente euroscetticismo in numerosi paesi, così come la presenza di partiti nazionalisti, soprattutto nell’Europa dell’Est: «Nei prossimi cinque anni dovremo lavorare insieme per dissipare le paure e creare opportunità», in un mondo sempre più instabile, ha detto di recente.
Due sono le linee strategiche emerse in queste settimane dall’entourage della signora von der Leyen. La prima si traduce nel cavalcare due temi vicini agli interessi dei più giovani: la digitalizzazione dell’economia e l’allarme ambientale. Non per altro i due portafogli dovrebbero essere attribuiti a due primi vice presidenti: Margrethe Vestager e Frans Timmermans. Non solo questi temi sono particolarmente sentiti, ma richiedono per loro natura risposte comunitarie.
«Nei primi 100 giorni del mio mandato proporrò un Green Deal europeo. Esso includerà la prima normativa europea sul clima volta a sancire nella legge l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050», ha spiegato in luglio la signora von der Leyen. E ancora: «Cercherò modi per migliorare le condizioni di lavoro degli operatori delle piattaforme digitali, con particolare attenzione per le competenze e l’istruzione». Secondo Bruxelles, nell’Unione 25 milioni di persone sono oggi a rischio di povertà.
Nel promuovere questi due temi, la presidente della Commissione europea vuole anche rilanciare la crescita economica per togliere munizioni ai partiti più protestatari. Nel discorso con il quale ha chiesto la fiducia in luglio dinanzi al Parlamento europeo la signora von der Leyen ha annunciato che intende promuovere investimenti per 1000 miliardi di euro in dieci anni.
C’è di più. Vuole anche creare un fondo per finanziare la transizione ambientale pur di evitare scompensi sociali ed economici.
Nel contempo, l’ex ministra della Difesa tedesca è pronta utilizzare i margini di flessibilità contenuti nelle regole di bilancio per sostenere l’economia, non tanto attraverso la spesa corrente quanto via la spesa per investimenti. La signora von der Leyen sa però che deve trovare un delicato equilibrio tra istanze opposte, tra chi preme per maggiore deficit e chi chiede equilibrio di bilancio, tra chi chiede una revisione del Patto di Stabilità e chi si oppone per paura di creare nuovo debito.