La prima si chiama Rosa D’Ascenzo. Aveva 71 anni ed era di Sant’Oreste, in provincia di Roma. Ad ucciderla ci ha pensato il marito. L’ha portata al pronto soccorso di Civita Castellana, a Viterbo, e ha detto: «Rosa è caduta dalle scale». Ci hanno messo poco i medici a capire che no, Rosa non è caduta dalle scale ma è stata presa a colpi in testa con un oggetto. Pare una padella. Era il primo gennaio 2024. Dopo di lei ci sono state Sara, Marina, Laura, Eleonora, Letizia, Mia, Elisa, Daniela, Giuseppina, e ancora Maria, e ancora Elisa e così via Novantanove nomi che sono quelli delle donne uccise — come evidenzia anche il ministero dell’Interno (ma c’è chi fa rientrare nel novero anche altri delitti, alzando così il conto totale) — dall’inizio dell’anno a oggi e che confermano un dato allarmante che sembra non allarmare mai abbastanza: ogni tre giorni in Italia una donna viene ammazzata. Ogni anno ci domandiamo come invertire questo dato, come ridurlo: ma chi si ricordava la storia di Rosa D’Ascenzo?
Si dice che i numeri rischiano di deumanizzare, ma danno un quadro chiaro della situazione. Nell’XI Rapporto Eures, pubblicato per la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, si legge che nel 2024 cresce il numero delle vittime che hanno più di 65 anni (37) e che per la maggior parte dei casi sono state uccise dal marito-compagno o dai figli. Nove femminicidi su dieci avvengono in famiglia, un dato che conferma come la casa sia il luogo più pericoloso. Si registra anche una forte crescita delle figlie uccise, passate da cinque a nove. Un altro numero che cresce è quello degli under 25 autori di femminicidi (da 4 a 12), anche se sono gli uomini di oltre 64 anni ad aggiudicarsi il macabro record: 27. Il rapporto di Eures racconta che c’è un aumento delle vittime straniere (da 17 a 24) e una forte diminuzione di uomini che uccidono di nazionalità non italiana. Siamo passati da 23 a 16. Il numero degli autori italiani rimane stabile (83). Quindi, mentre il 45,8% dei femminicidi di vittime straniere sono commessi da autori italiani, le vittime di femminicidio italiane uccise da uno straniero sono il 4% dei casi.
Ieri, un ragazzo di 25 anni ha minacciato l’ex fidanzata incinta con una siringa, dopo 194 telefonate. «Ti ammazzo», le ha detto. «Ma si troverà mai una soluzione?», abbiamo chiesto a Marina Contino, della sezione Anticrimine della Polizia: «Prevenzione declinata nelle sue migliori forme: informazione, formazione e sensibilizzazione. Formiamo gli agenti a riconoscere e intervenire davanti a un caso di violenza e troviamo nuovi strumenti di aiuto. Parliamo nelle scuole, e continuiamo a informare le donne che un’altra vita è possibile».
Si muove anche il settore privato. Ci provano Coop, per esempio, con la campagna «Il silenzio parla», e Pomellato con un forum organizzato in collaborazione con Cadmi. Alla politica tocca trovare nuove soluzioni. Mentre Montecitorio si tinge simbolicamente di arancione, il colore della campagna dell’Onu, e il presidente del tribunale di Milano Fabio Roia commenta che «il problema non sono i migranti ma il patriarcato», la ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Marina Calderone ricorda l’importanza di puntare sulla parità e la giustizia che passano anche dal lavoro: «Promuovere l’occupazione delle donne significa riconoscere pienamente il loro valore, la loro autonomia, la loro dignità».
Intanto, oggi a Milano è prevista la sentenza per Alessandro Impagnatiello. Nel 2023 ha ucciso la ex compagna Giulia Tramontano, incinta