19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Tommaso Calarco, Andrea Ferrari, Nicola Marzari, Fabio Pammolli e Rino Rappuoli

L’Italia, come la Ue, è stretta tra Usa e Cina. Ma il Recovery Fund può invertire questa tendenza


A settembre, intervenendo all’EuroScience Forum a Trieste, il presidente del Consiglio ha annunciato che il governo impiegherà parte del Recovery Fund per sostenere ricerca e innovazione. È un impegno da onorare, oltre che un’opportunità da non sprecare. Ma il Recovery Fund è anche un’occasione per ripensare a come spendere le risorse pubbliche. Serve un modello capace di finanziare nuove infrastrutture per la ricerca, trattandole come investimenti sostenibili di lungo periodo, che facciano leva su investitori istituzionali e imprese.
È prioritario costruire una nuova generazione d’infrastrutture di ricerca, all’intersezione tra tecnologie quantistiche, nuovi materiali e intelligenza artificiale. Sono aree in cui l’Italia e l’Europa possiedono un capitale umano e scientifico ai massimi livelli mondiali. Le nuove tecnologie quantistiche condurranno a molte applicazioni chiave, dalla sicurezza nelle telecomunicazioni, al supercalcolo, fino alla diagnostica medica e alla navigazione satellitare ultraprecise. Basti pensare all’esperimento a cui proprio Conte ha partecipato in occasione delle dichiarazioni sul Recovery Fund a Trieste. Primo tra i capi di governo europei, ha effettuato una videochiamata in crittografia quantistica, impossibile da intercettare, su dispositivi costruiti dal Consiglio Nazionale delle Ricerche. Primo in Europa, ma non al mondo. Già due anni fa, il presidente cinese Xi Jinping aveva svolto un’analoga prova dimostrativa, con macchine costruite da una startup che ha poi polverizzato il record storico per un’offerta pubblica iniziale (Ipo) alla Borsa di Shanghai.
Nei prossimi anni, nuove scoperte daranno impulso a innovazioni di grande impatto. I nuovi materiali ci hanno permesso di avere smartphone e auto elettriche. La sfida, ora, è su come ridurre la dipendenza dai combustibili fossili: vogliamo poter convertire efficientemente la luce del sole in energia elettrica e immagazzinarla in batterie sostenibili con alta capacità e lunga vita operativa, contenendo al minimo le emissioni.
Un’altra sfida è il cambio di paradigma che, iniziato con il 5G, porterà ai sistemi di comunicazione di sesta generazione (6G). Recentemente, un gruppo di ricercatori guidato dal Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni ha sfruttato una scaglia di grafene di una frazione di millimetro per ottenere velocità di trasmissione molto superiori a quelle attuali, con consumi energetici più bassi. Nel 6G, la velocità dei dati e i volumi delle reti di comunicazione aumenteranno di un fattore mille. L’integrazione con droni, aerei, piattaforme ad alta quota, satelliti richiederà una banda larga con un servizio sicuro, affidabile e a bassa latenza, per consentire controlli in tempo reale. Il tutto con un consumo di energia più basso. Un aspetto, questo, niente affatto secondario, dato che nel 2023 la trasmissione di dati peserà per oltre il 4% delle emissioni serra, più dei voli commerciali. Oggi, una chiamata Zoom di un’ora genera circa 300 grammi di anidride carbonica, mentre un messaggio di posta elettronica con allegati pesanti ne emette circa 50 grammi.
ll futuro della salute e della medicina integrerà la biologia con intelligenza artificiale, tecnologie quantistiche e nuovi materiali, aprendo nuove traiettorie di sviluppo e innovazione: sensori quantistici per mappare la distribuzione di farmaci nelle cellule e monitorarne il cambio di metabolismo; nuovi materiali e dispositivi flessibili e integrabili in abiti o con il corpo umano, per migliorare la vista, ridurre danni neurologici, controllare e alleviare gli effetti di Parkinson ed epilessia; algoritmi di intelligenza artificiale per la diagnosi e la prognosi di malattie complesse e per lo sviluppo di nuovi vaccini; nuove tecnologie ottiche non invasive per differenziare tessuti sani e malati, facendo istopatologia virtuale. Questo è un approccio nuovo alla medicina, che porterà a trattamenti di precisione.
In tutti questi ambiti, servono sovranitàe supremazia tecnologica. Oggi, però, Italia ed Europa sono strette tra il modello americano e quello cinese. La Cina compie investimenti statali enormi in nuove infrastrutture ad alta tecnologia. Nella Silicon Valley, i fondi privati investono miliardi di dollari in nuove imprese che impiegheranno anni prima di produrre profitti.
Il Recovery Fund può invertire questa tendenza, finanziando infrastrutture duali, pubbliche-private, nelle tecnologie quantistiche, nei nuovi materiali, nell’intelligenza artificiale, nelle energie rinnovabili, nelle tecnologie per la salute. Le imprese italiane, grandi, piccole e medie, hanno bisogno di linee pilota per lo sviluppo di nuovi materiali e dispositivi. Queste servono per coprire la distanza tra la ricerca fondamentale in laboratorio e le produzioni industriali su grande scala, per formare personale tecnico qualificato e per accompagnare la nascita e la crescita di nuove imprese. In Italia, queste infrastrutture sono poche e limitate. A pesare sono gli ingenti investimenti di capitale iniziale e gli alti costi operativi. Da soli, né lo Stato, né i privati potranno farcela: per l’entità degli investimenti in gioco, ma anche per la necessità di mobilitare competenze e capitali capaci di valutare sostenibilità e fattibilità di ciascuna operazione.
Gli strumenti finanziari per un nuovo partenariato pubblico privato non mancano. Basta ispirarsi alle soluzioni che hanno sostenuto la combinazione (blending) di garanzie e finanziamenti pubblici, prestiti della Banca Europea degli Investimenti, capitali privati e industriali per la realizzazione di un’ampia varietà di infrastrutture in altri campi, dalle reti energetiche, ai sistemi di trasporto, agli ospedali, all’edilizia sociale.
Senza nuovi centri generatori di opportunità, il nostro sistema di ricerca e industriale farà sempre più fatica a competere. È il momento d’intervenire. Con decisione, guardando al futuro.
Università di Colonia
Università di Cambridge
Politecnico Federale di Losanna
Politecnico di Milano
Gsk Vaccines, Siena

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