Bisogna capire la prima potenza mondiale. Poi si possono dare i giudizi

La guerra nucleare non è mai stata così vicina; ma solo il 2 per cento degli americani voterà pensando alla politica estera. Il 21% voterà per «la difesa della democrazia»: sono ovviamente democratici convinti che Trump rappresenti un pericolo per le istituzioni. Ma un’ampia maggioranza relativa, il 41%, voterà pensando all’economia.
Perché l’America è sì una grande democrazia; ma è anche la prima potenza economica mondiale. È una democrazia capitalista, dove si vota sui prezzi, sui salari, sull’occupazione. E sulle tasse. Non a caso, Trump promette una bella sforbiciata al fisco. E, sempre non a caso, il 50% degli intervistati sostiene che Trump governerebbe l’economia meglio della Harris; soltanto il 39% pensa il contrario, gli altri non si esprimono. E il sondaggio non è stato commissionato dalla Fox, la rete dei conservatori, bensì dalla Cnn, la rete dei progressisti.<
Questo non significa che Trump vincerà. Significa che la partita è apertissima. Soprattutto, significa che noi europei fatichiamo a capire Trump e la sua America.
Certo, il candidato repubblicano rappresenta una mutazione della destra americana. Aggressivo, arrogante, sbrigativo, semplificatore fino alla banalizzazione: pare fatto apposta per essere amato o detestato. L’establishment del partito infatti lo detesta, per le stesse ragioni per cui la base lo ama: non è un politico di professione.
Critica apertamente l’amministrazione Bush, ha irriso i candidati sconfitti da Obama nel 2008 — John McCain — e nel 2012 (Mitt Romney). Si muove come quello che è sempre stato: l’imprenditore di se stesso, il venditore del proprio marchio. Uno che dice di sé: «Ho avuto milioni di donne, tutte quelle che ho voluto e anche di più». La maggioranza delle donne voterà per Kamala; ma la maggioranza degli uomini voterà per lui. Tra i giovani vince la Harris, ancora più nettamente tra gli under 24; ma i giovani votano meno dei vecchi. Hillary Clinton ebbe tre milioni e mezzo di voti popolari in più; ma per poche decine di migliaia di voti perse tutti gli Stati in bilico. Un allineamento astrale che non si ripeté nel 2020 e potrebbe non ripetersi neppure stavolta. Eppure è importante capire perché il voto del 5 novembre sia così in bilico.
L’economia non è necessariamente «roba da repubblicani». Nel 2008, in piena crisi, Obama conquistò la più schiacciante vittoria democratica dal 1964. Ma quando l’economia va bene, la priorità, più che gli aiuti, diventano i dividendi. Trump ha un piano di tagli alle tasse e di «reindustrializzazione del Paese» che piace sia ai lavoratori sia a un certo tipo di imprese, meno digitalizzate e più tradizionali. Ma il suo piano include anche dazi, destinati a provocare ritorsioni sui prodotti americani.Il trumpismo è America first, cioè isolazionismo, protezionismo, prudenza o ritiro dagli scenari di crisi. Però la forza dell’America non è solo nelle basi militari e nelle portaerei. È nel fatto che le sue aziende tecnologiche, quelle che trainano la Borsa, hanno un mercato illimitato, da otto miliardi di consumatori. I padroni della Rete, del commercio elettronico, degli smartphone, dell’intelligenza artificiale sono riusciti a vendere i loro prodotti — materiali e immateriali, telefonini e App — anche ai poveri, oltre che agli europei e ai Paesi in crescita. La Cina li ha comprati o li ha copiati.
L’America resta la prima potenza mondiale anche perché è attrattiva. Se c’è una scoperta scientifica o un caso letterario, un vaccino o un prodotto high-tech, è da lì che viene. Puoi essere bianco o nero o giallo o meticcio, etero o gay o fluido o indefinibile; al sistema non importa, purché tu possa portare valore aggiunto. È un sistema che ha aspetti terribili, che seleziona e scarta, che considera la salute non un diritto ma un bene da comprare e da vendere, come il cibo e la casa. Ma è un sistema che funziona. Un tipo come Trump rischia di incepparlo; anche se il vero capo della destra globale, Elon Musk, lo appoggia.<
Se l’economia è leadership, egemonia, opportunità, visione, non è detto che Trump sia davvero il più adatto a gestirla. Ma l’economia non è solo questo. È anche meno tasse e più soldi in tasca, meno migranti non qualificati che abbassano salari e diritti, e più fabbriche di ritorno in patria; e su questo terreno Trump è considerato più credibile. Non a caso la Harris andrà alla frontiera con il Messico a fare la faccia feroce, dopo aver chiarito che sul comodino ha una pistola e, se qualcuno le entra in casa, spara.
È uno strano Paese, ma è l’unica America che abbiamo. Prima di giudicarla, dovremmo sforzarci di comprenderla.

A.N.D.E.
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