Fonte: Corriere della Sera
di Franco Venturini
Trump sembra orientato all’invio di 3mila-5mila soldati americani, ma chiede uno sforzo di tutta la Nato per andare ben oltre i 13.000 uomini presenti
Il Segretario Generale Stoltenberg lo ha ripetuto a Londra: «la Nato sta esaminando la possibilità di inviare in Afghanistan alcune migliaia di soldati supplementari» per addestrare e assistere le forze locali. L’agenda già molto carica del vertice Nato del 25 prossimo a Bruxelles, dove Donald Trump incontrerà per la prima volta riuniti gli alleati degli Usa (e conoscerà il nuovo Presidente francese) si arricchisce così di un tema che potrebbe risultare assai delicato sui fronti interni degli europei.
I fatti sono pesanti come pietre: le forze afghane non sono in grado di resistere agli assalti dei Talebani e ora anche dell’Isis; i generali Usa hanno avvertito Trump che di questo passo si va alla perdita delle posizioni tenute sin qui; Trump sembra orientato all’invio di 3mila-5mila soldati americani, ma chiede uno sforzo di tutta la Nato per andare ben oltre i 13.000 uomini presenti oggi in Afghanistan; Stoltenberg se ne fa portavoce.
Se questa dinamica è chiara, rimangono parecchi problemi. Come si potrà evitare una «sindrome vietnamita», ormai ineluttabile dopo 16 anni di guerra? Con quali consensi si riuscirà a invertire il trend obamiano, che da anni era quello di ridurre man mano le forze e avviare tentativi negoziali con i Talebani? Chi fornirà le nuove forze chieste da Trump?
L’Italia ha oggi mille militari in Afghanistan, che sulla carta non vengono impiegati in combattimento dopo che negli anni scorsi abbiamo avuto 53 morti. E si aggiunga che il Movimento 5Stelle è favorevole a un ritiro delle nostre forze. Condizioni difficili per rispondere a una eventuale richiesta di Trump. Ma il governo spera di non ricevere richieste come riconoscimento di quanto già facciamo, e noi speriamo che il governo abbia ragione. Così si tornerebbe a parlare «soltanto» del 2 per cento del Pil per la difesa (oggi è l’1,1)