Cosa potrebbe fare la premier Meloni. Anche approfittando dell’attuale posizione di forza del governo
L’importanza reale dell’Italia nella Ue dei prossimi cinque anni dipenderà molto da come il governo italiano e gli europarlamentari afferenti alla sua maggioranza si muoveranno nei prossimi giorni e mesi: da domani, con il voto sulla presidenza della Commissione, al complicato processo di formazione dell’intera Commissione. È augurabile che il capo del governo Meloni si proponga obiettivi strategici alti, per un migliore funzionamento dell’Europa che c’è e di un percorso chiaro e senza ambiguità verso l’Europa che più ci manca, a cominciare dalla difesa e sicurezza comune. Nessuno può impedirle di perseguire anche finalità relative alle sue posizioni e alleanze sullo scacchiere dei partiti politici europei. Ma è a tutti i cittadini italiani che dovrà rendere conto di come avrà definito e cercato di conseguire l’«interesse nazionale» nelle prossime trattative.
Vorrei qui offrirle uno spunto di riflessione ampio e costruttivo. Si è tanto parlato di cabine di regia dell’Europa, di quali Stati membri ne facciano parte, indicati da chi, con quali compiti e responsabilità. In genere si è affermato, ed è spesso stato vero, che in qualche modo la Francia e la Germania sono due Paesi che per storia, tradizione, importanza economica e politica, hanno qualcosa di speciale, che li «condanna» a lavorare insieme.
Una cooperazione per fornire un orientamento ampio all’Europa e favorire l’avvicinamento degli altri partner del grande progetto europeo.
In un recente libro (Demagonia – Dove porta la politica delle illusioni, Solferino, maggio 2024) ho descritto le diverse fasi di tale co-leadership franco-tedesca e quelle in cui l’Italia ha trovato un proprio ruolo, richiesto ed efficace, in quel contesto.
Come lei avrà perfettamente colto, presidente Meloni, oggi siamo in una fase senza precedenti. Può darsi che la cabina di regia esista ancora, da qualche parte, ma almeno a prima vista appare vuota! La debolezza economica e identitaria della Germania, il totale stordimento politico –— in parte autoinflitto — che ha colpito la Francia, rendono l’Europa priva di guida come non mai. È una buona notizia, per l’Italia e il resto d’Europa? No, secondo me. Almeno un certo grado di coordinamento reale tra Germania e Francia è una condizione necessaria, affinché l’Europa progredisca, anche se certo non è condizione sufficiente. Non lo è sia perché una certa intesa tra Francia e Germania può esserci e forte, ma magari è fortemente sbagliata, come fu il caso durante la prima fase della crisi finanziaria dell’eurozona; sia perché nell’Europa a 27 non sono certo sufficienti due volontà.
E se l’Italia accarezzasse l’idea di installarsi lei, in quella cabina, approfittando del momento. A me non sembrerebbe un’idea buona né realistica. Quei due Paesi possono essere alquanto «in sonno», possono non trovarsi d’accordo, ma sono due Paesi strutturalmente forti. Nel medio periodo, quello è il loro posto, nell’interesse di tutti.
Ma l’Italia? Secondo me l’Italia ha una grande occasione. In politica, in economia, come nella vita comune, spesso si fanno passi avanti importanti non esibendo la forza, ma mostrando comprensione, condivisione nei confronti di chi attraversa un momento difficile, probabilmente passeggero. Formulando proposte aperte su temi di interesse comune, discutendole anche con chi in passato tendeva antipaticamente a imporre la propria visione.
Oggi l’Italia dovrebbe parlare più spesso con Francia e Germania, bilateralmente e trilateralmente, in modi informali e formali, con un’agenda di medio-lungo periodo. Faccia vedere, l’Italia, che trarrebbe soddisfazione da un ruolo più incisivo nel costruire la casa comune europea. Che in Europa non è né timida né astiosa. Che ha obiettivi più ambiziosi e meno difensivi che mendicare sconti sul patto di stabilità o di bloccare le procedure di infrazione contro le continue violazioni di principi di buon senso, ma che sono scomodi per un’incallita pervicacia elettoralistica, ad esempio nelle concessioni balneari.
Se l’Italia non coglie l’attuale posizione di forza del suo governo per spenderla bene, potrà accadere che in Europa si costituiscano due terzetti, obiettivamente deboli e anche sgradevoli per il nostro Paese. Accanto a Francia e Germania, che pur malconce restano punti di riferimento, si formeranno due trittici.
Un trittico economico-monetario (cabina di regia dell’eurozona), con Germania, Francia e Spagna. E un trittico per la difesa e la sicurezza, con Francia, Germania, Polonia.
Sono certo, presidente Meloni, che lei valuterà il peso di queste prospettive. È meglio che l’Italia si tolga ora soddisfazioni con posizionamenti eterodossi e qualche non ingiustificata ripicca? O lavori per mettere il grande capitale dell’esperienza di Stato fondatore, che Spagna e Polonia non hanno, ma sono viste politicamente più affidabili dal pur ammaccato duo franco-tedesco, accanto a Francia e Germania per dare un proprio nuovo spirito alla cooperazione europea, aperta a tutti?