La Stampa
di Linda Laura Sabbadini
Non è un rito stanco ricordare che pesano ancora gravi diseguaglianze in molti campi della vita sociale. E questa volta in piazza scendono anche gli uomini. Il sondaggio per La Stampa dell’Istituto Piepoli
Per molti versi viviamo in un’epoca buia. Una lunga crisi ha portato nelle vite di molti sofferenze, privazioni, perdita di status, e con queste rabbia e spesso astio. Troppe vite sono messe a repentaglio.
Prime fra tutte quelle dei migranti di cui guardiamo in tv i volti sfiniti, i cui bam bini annegano nei nostri mari tra l’indifferenza di molti, o si perdono e scompaiono a migliaia, non osiamo neppure immaginare perché e come. Il senso di precarietà e di minaccia ci assale anche quando le urla sostituiscono il ragionamento, e l’esasperazione cancella la fiducia. Vacilliamo quando la solidarietà è sovrastata dalle parole di odio, quando si alzano muri e si abbattono ponti. Tante persone e interi strati della popolazione sono allo stremo, e i movimenti sociali portatori di innovazione, proposta, speranza, hanno sempre più difficoltà ad emergere.
Eppure non è così per le donne, un caso davvero interessante dal momento che sono assai colpite dalla crisi e dai tagli al welfare. Invece in tutto il mondo, nel giro di pochi mesi, milioni di donne sono scese nelle strade, e a loro si sono uniti gli uomini, per la prima volta nella storia del femminismo. La scintilla che ha incendiato le coscienze è stata la violenza maschile, che ha raggiunto livelli di ferocia insopportabili, ma il tema si è allargato a tutti i diritti negati. È successo in Argentina, negli Stati Uniti, in India e in Polonia, in gran parte dell’America Latina.
In questi tempi dolorosi la voce delle donne si leva forte, limpida e parla a tutti, ai giovani, alle minoranze, a tutta la società civile. Il nostro mondo annaspa in una crisi politica ed economica, di valori, di umanità, e il genio femminile brilla, è una possibile salvezza. Le donne difendono la terra, salvaguardano l’ambiente, proteggono i più piccoli, riproducono e conservano la vita, si curano dei deboli. Ma non solo: le donne parlano di politica, della grande politica, non piccole manovre e basso cabotaggio. Chiedono una riforma della rappresentanza, chiedono giustizia, equità, pace, ecologia, e nel mondo tanti sentono di poter attingere un nuovo slancio vitale dal pensiero e dagli ideali del movimento delle donne.
Tra l’altro adesso sembra confermarlo il dato del sondaggio condotto per La Stampa dall’Istituto Piepoli, secondo cui i cittadini italiani esprimono la loro convinzione che più donne alla guida del Paese garantirebbero maggiore spazio per le politiche giovanili, più attenzione per le politiche di conciliazione, per il contrasto alla povertà e alle discriminazioni, più vicinanza ai bisogni di tutti. Nel 70 per cento dei casi gli italiani affermano che voterebbero per un movimento con leader donna e una maggioranza di dirigenti donne.
Oppure quando si dicono convinti che se ci fossero più donne dirigenti il mondo degli affari e l’economia ne trarrebbero vantaggio. Non è un’opinione soltanto femminile, anzi è largamente maschile. Non è un azzardo prevedere che donne nel mondo saranno sempre più importanti e che la loro forza, saggezza, pazienza, la loro flessibilità ed intelligenza si dimostrano una risorsa immensa, pressoché inesauribile. È venuto il momento che le donne si mettano in gioco con decisione, volando alto, al servizio del bene comune. E siccome oggi è l’8 marzo, non sembri rituale ricordare che sulle donne pesano ancora gravi inadempienze dal punto di vista dei diritti, anche dal punto di vista normativo.
Un esempio fra i molti, ma di enorme significato simbolico, è quello del doppio cognome. Non costerebbe nulla legiferare su questo, ma sono passati più di 68 anni dal 1948 e non è stato fatto. Nonostante la Corte Costituzionale sia intervenuta, il doppio cognome può essere utilizzato solo con l’accordo del padre, o prevale il cognome maschile.
Quando arriveremo ad una legge che garantisca il diritto delle bambine e dei bambini all’identità personale, di cui è parte integrante il riconoscimento di un uguale rilievo di entrambe le figure genitoriali? Come sostenere le ragazze, che hanno perso di più delle altre donne dalla crisi, hanno perso non solo in qualità ma anche in quantità di lavoro, il loro tasso di occupazione è molto diminuito anche nel Nord del Paese e continuano ad essere più disoccupate, più precarie, più coinvolte in lavoro irregolare e con più bassa retribuzione, pur avendo investito in formazione e cultura più dei propri coetanei maschi? Da ultimo, siccome appunto è l’8 marzo, ricordiamoci l’importanza di essere libere: non c’è poltrona che tenga. Per la libertà e perché finisca la violenza è indetto oggi in 49 paesi del mondo uno sciopero globale delle donne dal lavoro produttivo e di cura, un modo concreto e simbolico per mostrare che senza le donne tutto va a rotoli, ma per davvero. E che tutto è infinitamente migliore se le donne ci sono, soprattutto nei posti che contano.