16 Settembre 2024

Si va delineando una nebulosa sovranista eterogenea e percorsa da una conflittualità che va oltre la competizione elettorale esasperata dal sistema proporzionale

A un anno dalle Europee del 2024, i giochi sembrano avviati a un esito quasi scontato: l’affermazione di uno schieramento nel quale Popolari e destre, contro avversari in crisi di identità e di leadership. L’idea di un «vento» conservatore difficile da fermare è ormai passata nella percezione generale. Anche se non si capisce fino in fondo se sia evocato dagli avversari per giustificare e assolvere la propria inadeguatezza; o se davvero sia una dinamica inarrestabile.
Sotto questo aspetto, la situazione continentale potrebbe somigliare sempre più a quella italiana dopo le Politiche del 25 settembre: con opposizioni divise e inconsistenti, e una maggioranza forte e in parallelo divisa da tensioni striscianti. Si va delineando una nebulosa sovranista più eterogenea di quanto faccia intendere l’aggettivo che la definisce; e percorsa da una conflittualità che va oltre la competizione elettorale esasperata dal sistema proporzionale.
L’invasione russa dell’Ucraina sottolinea differenze di politica estera non solo a sinistra. Fotografare la distanza tra la premier Giorgia Meloni sulla Nato rispetto a Matteo Salvini e a Silvio Berlusconi, non fa solo il paio con le divergenze tra Pd e M5S. Evoca anche quelle tra la Polonia «americana» e l’Ungheria filo-Putin, che ha frantumato l’unità euroscettica del«gruppo di Visegrad»; e i contrasti a Varsavia tra i popolari di Donald Tusk e i conservatori del premier Mateusz Morawiecki.
Non è soltanto uno scontro all’ultimo voto, che poi dovrebbe risolversi in un’alleanza sull’asse di centrodestra al posto dell’attuale tra Ppe e socialisti. È anche un conflitto culturale. La Corte di giustizia dell’Ue che ha condannato la Polonia per la sua riforma della giustizia anticipa contrasti destinati a inasprirsi. E rimanda alle divergenze tra i popolari tedeschi rispetto all’alleanza con i conservatori di cui è presidente proprio Giorgia Meloni. Ancora, incrocia il rifiuto, forse difensivo, di Salvini a convergere sul Ppe. E indirettamente ripropone la cordiale idiosincrasia tra la premier italiana e la padrona della destra francese, Marine Le Pen, alleata della Lega…
È lo sfondo di una nebulosa accomunata da una forte dose di nazionalismo, e da un certo risentimento verso l’«invadenza» europea. Ma in parallelo divisa sia sull’atteggiamento verso il conflitto russo-ucraino, sia da tensioni accentuate per paradosso proprio dalla debolezza del fronte avversario. Come in Italia, anche in Europa si ha l’impressione che da qui al 2024 lo schieramento di centrodestra svolgerà in contemporanea il ruolo del governo e dell’opposizione. Con esito incerto, nonostante il netto vantaggio di partenza.

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